Fire + Ice

Fire + Ice

Neofolk tra fuoco e ghiaccio

Fire + Ice è una delle sigle di culto della scena neofolk. Dietro di essa si cela Ian Read, esperto di mitologia norrena, rune e paganesimo germanico. Dalla fine degli anni Ottanta l’artista inglese collabora con Current 93, Sol Invictus e Death in June. Con la sua creatura di fuoco e ghiaccio, dagli anni Novanta sino al nuovo millennio, Read ha scritto pagine memorabili

di Marco De Baptistis e Cesare Buttaboni

Nella mitologia nordica la creazione del mondo ha origine con l’incontro tra il freddo intenso di Niflheim, regno del ghiaccio primordiale, e il calore di Muspelheim, dimora del fuoco più ardente. Nel vuoto iniziale (Ginnungagap) i due elementi atmosferici trovano il loro bilanciamento generando l’essere primordiale Ymir e la mucca Auðhumla. Dai due discendono Dei, uomini, giganti e tutti gli esseri che abitano il ricco pantheon norreno.
Ian Read ha bene in mente questo mito quando decide d’intraprendere la propria carriera solista sotto la sigla “Fire + Ice”. Del resto, sin da adolescente il Nostro è affascinato dallo studio delle antiche tradizioni nordeuropee. Per lui fuoco e ghiaccio sono due estremi tra i quali muoversi alla ricerca del necessario equilibrio, sempre gravitando attorno alle proprie radici e alla propria identità spirituale.
Read non è solo un pilastro del genere neofolk, ma soprattutto un vero Galdr che segue la via di Odino, colui che con un occhio cieco vede tutto. Siamo di fronte a un personaggio dalla forte personalità che ha scelto un percorso esistenziale che si potrebbe definire anche “evoliano”: il suo atteggiamento è quello di chi, suo malgrado, si trova a vivere nel mondo antitradizionale così come viene descritto in “Cavalcare la tigre” del filosofo italiano. In un’intervista ha dichiarato di avere iniziato molto presto a differenziarsi dal gregge rappresentato dai suoi coetanei interessati solo alla vita mondana. Read ha capito di non aver “nulla a che fare col mondo borghese” e si è rivolto a una ricerca interiore che lo porterà a diventare uno studioso di mitologia nordica, di rune e di magia. Sin dall’inizio la sua attività artistica è consistita in veri e propri rituali. E la sua musica è sempre stata inseparabile da un’incessante ricerca spirituale. 

Attraverso Freya Aswynn, studiosa d'origine olandese anch’essa iniziata al culto delle rune, Ian Read conosce a Londra, verso la metà degli anni Ottanta, Douglas Pearce e David Tibet. In seguito, avrà modo d’incontrare anche Tony Wakeford, entrando così nel giro dell’allora nascente neofolk inglese. Read prende parte a uno dei dischi più affascinanti dei Death In June, ovvero “Brown Book” (1987), dove dona lustro alla title track interpretando l’Horst Wessel Lied, l’inno ufficiale delle SA.
La carriera musicale vera e propria di Read inizia quindi con i Current 93, dove canta in un disco seminale per il genere come “Swastikas For Noddy” (1988) e dando il suo contributo in “Earth Covers Earth” (pubblicato nello stesso anno) dove compare anche nella foto di gruppo della copertina, tra gli altri assieme a un giovane John Balance (Coil) con cui Read condivideva una sincera passione per la chaos magic che lo portò anche a diventare leader del ramo inglese degli Illuminati di Thanateros (IOT), nei primi anni Novanta.
Read entra quindi nei nascenti Sol Invictus come membro effettivo della prima incarnazione del gruppo, cantando in “Against The Modern World” (1988), un lavoro fondamentale dal punto di vista storico per il genere. Troviamo la sua voce anche nel disco live “In The Jaws Of The Serpent”. Read partecipa anche al tour giapponese con Sol Invictus, Death In June e Current 93. Quindi recita nel mini-Lp dei Current “Looney Runes” (1990) tratto da quel tour, per la precisione nel brano “Invocation”. Le sue ultime apparizioni con il Sole Invitto saranno negli album “Lex Talionis” e “Trees In Winter”, ma il suo apporto, anche nella scrittura dei testi, resterà determinante, segnando il progetto attraverso un’aristocratica aurea, pregna di arcaico fascino britannico.

ian_read_fire_1_01A quel punto, Read si reca in Germania per studiare i segreti della mitologia nordica e, al suo ritorno, decide che è arrivato il momento di dar vita ai Fire + Ice. Nel 1992 esce così l’esordio discografico del gruppo, Gilded By The Sun, che rimane uno dei capitoli più significativi della sua intera discografia. Le sue sonorità, che lasciano trasparire la volontà di avvicinarsi a un folk tradizionale legato alle tradizioni della cultura germanica, influenzeranno gruppi successivi come Unto Ashes, Sonne Hagal e Orplid. Quello di Read è un approccio alla materia folk poetico e misticheggiante.
Dopo la breve intro di “The Horsemen’s Word” è la volta di “Long Lankin”, una ballata folk intimista che si candida subito come un piccolo classico del genere. Impossibile non emozionarsi di fronte a tanta purezza e idealismo. Dopo “Corpus Christi”, un’altra tenue composizione acustica penalizzata forse da un’interpretazione vocale non eccelsa, è la volta della rituale “Ljosalfar”, un termine che, nella mitologia norrena, si riferisce agli “elfi della luce” che abitavano il regno di Álfheimr, uno dei nove mondi della cosmogonia norrena. La musica è maestosa, anche grazie all’uso dell’organo, e pare quasi l’accompagnamento a un antico rituale vichingo.
In “Fire Above” si cambia totalmente stile: dominano la drum machine e una chitarra elettrica rockeggiante che ricorda un po’ il sound dei Cult. La bucolica “Sir John Barleycorn” ci riporta nei territori del folk revival, mentre “Blood On The Snow” è un altro dei pezzi forti del disco: un bel basso post-punk  è seguito da tastiere sontuose e regali in grande evidenza e da voci femminili in sottofondo. Dopo gli intarsi acustici della title track, la conclusiva “Long Lankin Trashing” è nel solco di un sound post-industrial vicino ad alcune sperimentazioni marziali dei Death In June e dei Sol Invictus.
Nel complesso, ci troviamo di fronte a un lavoro stilisticamente vario che, da questo punto di vista, può ricordare “Nada!” dei Death in June. Un'opera fondamentale per capire gli sviluppi del neofolk nella sua deriva più etenista.

Il successivo Hollow Ways si avvale della collaborazione di Michael Cashmore e Joolie Wood, membri dei Current 93. In particolare il primo, con la sua chitarra acustica, ha contribuito in maniera decisiva alle fortune di Tibet: il suo stile senza tempo e malinconico caratterizzerà infatti lavori fondamentali dei Current 93, come il bellissimo live “As The World Disappears”, “Thunder Perfect Mind”, “Of Ruine Or Some Blazing Starre” e “All The Pretty Little Horses”, tutti caposaldi imprescindibili per chi segue il genere. Il suo apporto è ben riconoscibile fin dall’iniziale e commovente “Lord Of Secrets”, dove la voce di Read riesce a essere davvero emozionante, accompagnata dai ceselli raffinati della chitarra di Cashmore e dal flauto. La successiva “Militia Templi” è, a suo modo, un piccolo classico del genere: un brano molto intenso, dall’atmosfera arcana ed esoterica, che fa venire i brividi e ricorda un disco epocale come il citato “Thunder Perfect Mind”. In “Seeker” troviamo la sacerdotessa Freya Aswinn al canto. In “The Old Grey Widowmaker”, invece, respiriamo ancora una suggestiva aria di tempi remoti e castelli incantati in una traccia molto vicina stilisticamente al folk tradizionale. Anche “Huldra’s Maze” è nello stesso solco: sinuose linee di synth donano un’atmosfera unica che ricorda i Sand, gruppo di folk tedesco riscoperto da David Tibet.
Nella seconda parte viene dato spazio ancora di più a sonorità tipicamente folk tradizionali, in brani come “The Rising Of The Moon”, “Holy Vehm” ed “Ershebeth” cantata in tedesco. Rispetto alle prime tracce si perde forse un po’ di tensione, ma la qualità resta alta e i riferimenti non possono non andare a gruppi del folk revival come C.O.B., Forest e Incredible String Band.

Midwinter Fires del 1995 vede, nella formazione, la presenza di Ian Pirrie alla chitarra acustica al posto di Michael Cashmore, di Matthew Butler alle tastiere e alle percussioni e ancora di Joolie Wood al canto e violino. Pirrie non ha il tocco di Cashmore ma, in ogni caso, è anch’egli un valido sodale. L’album può apparire come un lavoro interlocutorio, ma anche qui nei testi emergono una gran cura e una conoscenza approfondita del folklore britannico.
Dopo l’iniziale “Fael Inis”, un pregevole brano di folk medievale, la successiva “The Cause” è un’irruenta e ruvida ballata che ricorda i primi Sol Invictus. Anche “Reaper Man” - pur essendo un pacato folk pastorale - ricorda molto da vicino lo stile del Sole Invitto per l’interpretazione vocale e l’atmosfera generale ed è forse uno dei momenti più ispirati dell'intera raccolta. “High Gallows Tree” è un’altra ballata dove Read non è proprio impeccabile alla voce. Dopo l’intermezzo lugubre di “Olofaet”, è la volta della commovente “Wisdom, Strengo, Ellen, Bliss”, minimale e pregna di atmosfera.
Pregevoli gli strumentali della title track e di “Aceldama”, mentre “Fokstua Hall” è un altro brano di folk revival che si avvale di un genuino feeling. “Nine Doors” chiude un disco forse non sempre ispirato, ma non inferiore a certe prove coeve dei Sol Invictus che hanno beneficiato di maggior fama e visibilità.

fire_ice_runa_01Nel 1996 esce il capolavoro di Fire + Ice, ovvero Rûna. Si tratta di un lavoro particolare rispetto alla produzione precedente. Grande importanza viene data, nell’economia del suono, alle tastiere e alle percussioni, mentre le chitarre acustiche hanno una funzione quasi accessoria. Concettualmente siamo di fronte al  disco più importante di Read: una sorta di viaggio alla scoperta dei segreti delle rune. L’album è una prova di maturità che sancisce anche l’iniziazione del leader alla Rune-Gild, associazione culturale fondata da Edred Thorsson (pseudonimo di Stephen Edred Flowers) dedicata allo studio esoterico ed exoterico delle rune, così come dell'antica cultura germanica e dei suoi più sacri aspetti e misteri. Sia Read che Freya Aswynn sono stati due promettenti allievi di Stephen Flowers. Rispetto a un uso disinvolto e superficiale delle rune, come purtroppo avviene a volte nelle campo della musica neofolk e metal, un capolavoro come Rûna mostra un altro livello di profondità e rigore iniziatico. La concezione neopagana di Read, Aswynn e dello stesso Flowers è per certi versi molto vicina a quella dell'Asatru Folk Assembly, associazione dedicata all’etenismo germanico - nella sua declinazione “folkish”, ovvero non universalista - fondata negli Usa da Stephen A. McNallen negli anni Settanta.
Read si circonda dei soli Matthew Butler e Ian Pirrie – oltre che di Katerina e Ingrid Wultsch alla voci - ed esplora il suo più intimo . La title track introduce in maniera soffusa e atmosferica l’album. La successiva “Hamr” si caratterizza per cupe sonorità marziali e quasi industrial. In “Weirdstaves” le ambientazioni tornano a essere pacate ed eteree, con la voce di Read accompagnata dai ceselli della chitarra acustica e dalle tastiere. “The Galdor” inizia invece con un incedere potente, marziale e apocalittico dei tamburi, seguito da suoni ariosi e cupi delle tastiere, mentre il recitato in tedesco dona un gusto teutonico e austero all’insieme. “Egil” è un altro brano ispirato e pieno di una lugubre atmosfera che ci fa pensare ad antichi rituali pagani dimenticati. “Holy Mead” è inno alla purezza e alla magia di grandi tempi passati. La conclusiva "Seiðkona" chiude il disco con il recitato - in tedesco - dell’ospite Katerina Wultsch.
Ciò che colpisce in Rûna, rispetto alle prove precedenti, sono la maggiore intensità e una coesione stilistica che a volte, nei lavori precedenti, veniva meno. Anche la produzione migliora e il cantato risulta più ammaliante ed efficace. L’album è stato ristampato in vinile nel 2012 da Autre Que, per la gioia degli appassionati.

Nel 2000 Ian Read rimescola ancora le carte e torna al passato avvalendosi di nuovo di musicisti del calibro del fidato Michael Cashmore, oltre che di gente del giro come Douglas P. dei Death In June, Michale Moynihan dei Blood Axis e Richard “Ostara” Leviathan (protagonista nel sottovalutato "Kapo!" dei Death In June e nei grandi Scorpion Wind). Il nuovo disco – Birdking – rappresenta un po’ il ritorno alle soluzioni stilistiche folk già esplorate in parte in Gilded By The Sun e soprattutto in Hollow Ways. L’iniziale “Dragons In The Sunset” è un prezioso gioello folk che forse, più che ai Current 93, fa pensare ai C.O.B.. La title track – caratterizzata dalla chitarra acustica di Cashmore che inevitabilmente riporta alla mente i Current, ma anche i Nature And Organisation, e dalle sonorità dell’harmonium - è commovente nella sua semplicità, che ci trasporta in una dimensione atemporale.
“The Werewolf Of London Town” – titolo molto gotico - è sempre nel solco del mood incantato di questo lavoro. “Drighten’s Hall” si avvale di una bella voce femminile in quella che è una classica ballata folk. Un’altra voce femminile, quella di Alice Karlsdottir, introduce “Layd Of The Vanir”, indubbiamente uno dei pezzi forti dell'album e di tutta la discografia di Fire + Ice. Nella brumosa “Take My Hand”, ecco protagonista la tipica chitarrina alla Death In June che ha fatto scuola, qui suonata dallo stesso Douglas P., protagonista anche al pianoforte.
“Greyhead” ci porta nuovamente in territori esplorati negli anni 70 dai citati C.O.B. e dai Forest con un bel violino in evidenza. “My Brother” è un inno all’organo, con la voce di Read grande protagonista. “Where They Have Gone?” chiude in maniera classicamente folk il disco: un’altra gemma indispensabile della discografia del fuoco e ghiaccio.

Sempre nel 2000, uno split 7” con i Death In June, vede Fire + Ice proporre un brano inedito “The Unquiet Grave” sul lato B, mentre sul lato a campeggia una classica “We Said Destroy”, ad opera della Morte in Giugno. Nel brano di Fire + Ice troviamo la viola e la voce di Ysanne Spevack, che qui duetta magicamente con Read.
Il leader indiscusso dei Fire + Ice, a questo punto, fonda una band folk tutta tradizionale chiamata Figg's Academy, ma purtroppo avranno modo di suonare solo in un paio di concerti, tra cui uno 2008 al Wave-Gotik-Treffen di Lipsia.

fire.ice3A questo punto, Ian Read si prende una pausa. Bisogna aspettare il 2012 per vedere la pubblicazione di un nuovo disco dei Fire + Ice: Fractured Man. Per l’occasione il nostro si avvale di un nutrito stuolo di collaboratori, come Michael Moynihan e Annabel Lee dei Blood Axis (il gruppo forse più affine, dal punto di  vista filosofico, alla “visione” della realtà di Read), di Michael Laird degli Unto Ashes, dei Sonne Hagal e dell’immancabile Douglas P.. La title track – composta da Michael Laird – ci introduce in questo viaggio mistico e pagano. La voce – in quest’occasione ispirata e coinvolgente di Read – è accompagnata dalle bellissime sonorità senza tempo dell’harmonium di Laird.
Dopo la breve “Caratucus” – tutto si può dire di Douglas P. tranne che il suono della sua chitarra non sia riconoscibile – è la volta dell’accorata “Treasure House”. Non si può negare la semplicità e la purezza di questa musica, priva degli orpelli marziali e industrial che, delle volte, riescono solo nell’intento di appesantire le trame musicali. “Nimm” è un brano che si avvale dei suoni incantati di un carillon e degli arpeggi di una bella chitarra acustica – Sonne Hagal - su cui la voce di Read sussurra. Dopo la non memorabile “Have You Seen?” troviamo l’epica ballata folk “Mr. Wednesday”, brano dedicato a Wotan, in puro stile Fire + Ice. In “Verloschen” sono ancora protagonisti i Sonne Hagal con le loro trame acustiche e con l’oboe. “Ælfsiden” – caratterizzata dalle sonorità del violino - è di una malinconia infinita e fa pensare a tristi paesaggi inglesi immersi nella nebbia. “Fracture Again” chiude il cerchio con ancora la chitarra di Douglas P. protagonista.

All’album segue una lunga serie di concerti in giro per il mondo. Michael Moynihan alle percussioni, Annabel Lee al violino e Robert Ferbrache alla chitarra, accompagneranno Read per molte date. Per l’occasione i tre Blood Axis si esibiranno anche di spalla al leader con il loro progetto folk, Knotwork, una band di musica tradizionale irlandese che in studio vede anche la partecipazione del chitarrista canadese Dono Schabner. Il “Fractured Europe Tour” fa tappa anche in Italia, a Genova, nella Chiesa Anglicana (Anglican Church of the Holy Ghost) di Piazza Marsala, il 27 luglio 2014.

Ad oggi – non contando il live in Portogallo Deo Endovellico Sacrum pubblicato del 2014 dalla label american Pesanta – questo è l’ultimo full length dei Fire + Ice. Jubal And Tubal Cain/The Two Magicians è uno split in 7" uscito nel 2016 per Autre Que, contenente una canzone di Fire + Ice e una dei Knotwork.
Nel 2019 esce, sempre per Autre Que, un Ep in formato vinile 10”, Wanderer, che propone diversi classici targati Fire + Ice con Robert Ferbrache, Michael e Annabel Moynihan dei Blood Axis a dar man forte a Read. L'ultima incarnazione dei Fire + Ice trova il progetto in splendida forma e capace sempre di affascinare con il suo folk magico e sognante.

Ian Read è un artista integro. Più che un cantore della decadenza morale e materiale dei nostri tempi, è colui che ha rappresentato al meglio l’epica e l’etica del neofolk nella sua anima più mistica e neopagana. La sua è una salvifica riscoperta del vero spirito mitologico indoeuropeo, la ricerca di un pathos capace di ricomporre le fratture più dolorose del Vecchio continente.

(La presente monografia è dedicata alla memoria di Ingrid Wultsch, collaboratrice, moglie e compagna di vita di Ian Read, recentemente scomparsa)

Fire + Ice

Discografia

Gilded By The Sun (New European Recordings, 1992)

Blood On The Snow (Ep, Fremdheit, 1993)
Midwinter Fires(Fremdheit, 1994)

Hollow Ways(Fremdheit, 1994)
Rûna(Fremdheit, 1996)

Reyn Again(Ep, Fremdheit, 1996)
Birdking(Fremdheit, 2000)

Fractured Man(Fremdheit, 2012)

Deo Endovellico Sacrum (Live, Pesanta, 2014)
Wanderer (10" Autre Que 2018)

DEATH IN JUNE - FIRE + ICE
We Said Destroy(Split 7", Fremdheit, 2000)
FIRE + ICE - KNOTWORK
Jubal And Tubal Cain/The Two Magicians (Split 7" Autre Que, 2016)
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