Rock e impegno sociale: un connubio che funziona da sempre. Dalla rivoluzione anticapitalista dei Rage Against The Machine alle lotte per i diritti civili degli U2; tanti hanno fatto di questo aspetto un marchio di fabbrica, ottenendo risultati più o meno efficaci. Non mancano però zone d’ombra: in alcuni casi la protesta è una scorciatoia per accrescere la propria popolarità, in altri c’è chi “predica bene e razzola male” (un esempio su tutti: il rapporto controverso tra il fisco irlandese e Bono Vox e compagni). In poche parole, non sempre prendere una posizione e combattere per un’idea corrisponde a integrità e coerenza. Questo discorso non vale per le Bikini Kill, paladine del femminismo militante punk e del movimento Riot grrrl, mai scese a compromessi e sempre in prima linea per difendere i diritti delle donne. Nonostante una carriera molto breve e relegata alla scena underground – perlopiù per loro stessa volontà, considerato l’ostinato rifiuto di rilasciare interviste ai media mainstream – il loro impatto sul movimento e i suoi contenuti è stato determinante, di grande ispirazione, tra l’altro, anche per il collettivo russo delle Pussy Riot, che negli ultimi anni si è trovato spesso al centro dell’attualità mondiale.
Kathleen Hanna (voce) e Tobi Vail (batteria) fondano le Bikini Kill nel 1990. Frequentano l’Evergreen State College, università pubblica di Olympia, capitale dello Stato di Washington. Le due ragazze hanno già avuto piccole esperienze musicali: Hanna canta negli Amy Carter e va in tour con i Viva Knievel, Vail suona con i The Go Team. Molte delle loro attività ruotano attorno alla piccola galleria d’arte “Reko Muse”, che organizza concerti e esposizioni. Qui sono in mostra anche diverse opere di Kathleen Hanna, che studia fotografia al college. Per pagare la retta universitaria e mettere da parte soldi per i suoi progetti musicali, per un certo periodo Hanna lavora come stripper. Nello stesso periodo, fa volontariato presso un centro antiviolenza per donne maltrattate. Toby Vail collabora con la radio dell’Evergreen State College, KAOS FM, che nel 1987 trasmette un’esibizione dal vivo dei Nirvana, in una delle loro primissime apparizioni pubbliche. Il gruppo è completato dalla bassista Kathi Wilcox, studentessa di cinematografia, e dal chitarrista Billy Karren, ex-membro dei The Go Team. Unico uomo in formazione, Karren è quasi sempre in secondo piano: non partecipa alle interviste e spesso non si vede neanche nelle foto della band.
Kathleen Hanna, Tobi Vail e Kathi Wilcox partecipano a molte iniziative organizzate dai movimenti femministi di Olympia, collaborando con diverse piccole riviste amatoriali. Caso più unico che raro, il gruppo nasce inizialmente proprio come fanzine, anche questa chiamata “Bikini Kill”. L’idea di traferire il loro impegno e i contenuti dei loro articoli in musica è legata soprattutto alla volontà di diffondere in modo più efficace il loro messaggio. Anche per questo motivo, durante i loro concerti distribuiscono volantini che presentano i principi del movimento Riot grrrl. Il termine, che indica sia un genere musicale che una corrente del femminismo della terza ondata, viene dal titolo di un’altra pubblicazione autoprodotta alla quale collaborano Hanna e Vail, che a sua volta riprende l’espressione Revolution Grrrl Style Now, usata spesso sulla fanzine “Jigsaw”. Il Riot grrrl nasce come fenomeno interno alla comunità punk, come segno di protesta nei confronti di una scena dominata da uomini, che molte volte non prendono sul serio le donne che provano ad avvicinarsi alla musica. Alla fine degli anni 80, negli Stati Uniti il femminismo è ancora forte e vivo, ma è spesso limitato ai dibattiti accademici. Uno degli obiettivi principali del Riot grrrl è invece la necessità di creare una grande rete di donne, attraverso conferenze, incontri e stampa alternativa, in grado di risvegliare le coscienze e avvicinare alla lotta per i diritti femminili anche le ragazze più giovani. Molto dell’impegno è rivolto a temi delicati come violenze, molestie, sessualità e discriminazioni per il peso o l’aspetto fisico. La chiave di tutto è il confronto: ogni singola donna deve poter parlare dei propri problemi, discutendo anche di argomenti scomodi come lo stupro, che all’inizio degli anni 90 è considerato spesso solo un problema strettamente personale, non adatto a essere trattato in pubblico. Le Bikini Kill vogliono organizzare una scena punk femminile davvero alternativa risvegliando, con la carica della loro musica e dei testi, la forza rivoluzionaria delle ragazze del loro pubblico. Nei concerti, le Bikini Kill incoraggiano le donne tra il pubblico a occupare i posti di fronte al palco e spingono gli uomini a lasciare loro spazio, sia per interagire e discutere con le presenti, sia come gesto di protesta nei confronti della violenza maschile durante i live, che tra pogo e moshing non si fanno tanti scrupoli a disturbare e far male anche a ragazze.
Questa posizione può sembrare sessista; in realtà, Riot grrrl e Bikini Kill non lo sono affatto. A testimoniarlo ci sono anche i numerosissimi artisti uomini che sono sostenitori del movimento e fan della band. Tra questi, i più famosi sono senza dubbio i Nirvana.
Il legame tra Bikini Kill e Nirvana è forte: nel 1990 Tobi Vail ha una breve relazione con Kurt Cobain, e Dave Grohl frequenta Kathleen Hanna. Proprio lei scrive, sul muro della camera da letto di Cobain, la frase scherzosa “Kurt Smells Like Teen Spirit”. Il Teen Spirit è la marca di deodorante usata all’epoca da Tobi Vail, ma questo il cantante e chitarrista della band di Seattle non lo sa. Non comprendendo il riferimento reale, dà alla scritta un significato profondo, tanto da decidere di chiamare così una sua nuova canzone. Senza volerlo, Hanna ha dato il titolo a una delle canzoni più famose della storia del rock.
La prima registrazione delle Bikini Kill è un demo tape di otto brani, “Revolution Girl Style Now!”, realizzato nel 1991. Nell’agosto dello stesso anno la band, insieme ad altri grandi nomi come L7, Melvins e Fugazi, partecipa a uno degli eventi più importanti legati al movimento Riot grrrl, l’International Pop Ground Convention, che si svolge a Olympia. Dopo aver firmato con l’etichetta indipendente Kill Rock Stars, la band pubblica nel 1992 il primo Ep Bikini Kill, prodotto da Ian MacKaye (Fugazi, Minor Threat) e composto, in buona parte, da brani inclusi nella cassetta registrata l’anno precedente.
Nel marzo 1993 è il turno di uno split album, chiamato “Yeah Yeah Yeah Yeah”, con la band femminista inglese Huggy Bear. Nel 1994, le canzoni presenti in questi primi due lavori vengono incluse nella raccolta The CD Version Of The First Two Records. Il disco coglie in pieno tutti gli elementi che caratterizzano lo stile delle Bikini Kill: punk ruvido, grezzo, legato alle origini ed essenziale, con un’attitudine lo-fi. Kathleen Hanna ha una voce stridula ma allo stesso tempo aggressiva; a tratti può ricordare una versione femminile di John Lydon. La raccolta presenta anche il lato melodico della band, ancora molto acerbo, in brani come “Carnival” e “Feels Blind”. I testi di Hanna sono impregnati di femminismo e delle idee del movimento Riot grrrl: “Double Dare Ya” è un invito alle ragazze punk a unirsi per fare la rivoluzione; “Suck My Left One” e “White Boy” trattano temi difficili come incesto, molestie e stupro. “Thurston Hearts The Who” – dedicata a Thurston Moore, voce e chitarra dei Sonic Youth - è il brano più lungo di tutta la carriera della band (poco meno di quattro minuti) e strano: una sorta di spoken word su una base noise, che sembra registrata dal vivo. “Rebel Girl” è la traccia di punta del disco, il grande classico delle Bikini Kill e un inno del Riot grrrl. La “ragazza ribelle” del titolo è forte, estroversa e in grado di attirare l’attenzione di tutti; il modello ideale della donna emancipata e in grado di reagire alle difficoltà, raccontato però con una forte dose di sarcasmo. “Rebel Girl” ricorda molto “Cherry Bomb” delle Runaways, storica band hard rock al femminile degli anni 70 e uno dei punti di riferimento per Kathleen Hanna e soci. “Outta Me”, canzone power-pop con un giro di accordi di chitarra pulita, chiude la raccolta.
Il primo disco vero e proprio delle Bikini Kill è però Pussy Whipped del 1993. Prodotto da Stuart Hallerman, presenta un gruppo più maturo e con una maggior confidenza con i propri strumenti, oltre a una qualità di registrazione sicuramente superiore ai due Ep inclusi nella raccolta del 1994. Lo stile è ancora lo stesso: punk semplice e diretto, ruvido e senza fronzoli, questa volta anche con richiami all’hardcore americano anni 80 di band come Black Flag e Germs. Più della musica, sono ancora i testi di Kathleen Hanna a essere al centro del lavoro: si va dal femminismo schizofrenico di “Alien She” alla furiosa dichiarazione di emancipazione femminile in “Magnet”, passando per la dissacrante critica alla donna ridotta a oggetto sessuale in “Sugar”. “Speed Heart” inizia come una sorta di blues dalle tinte “seattleiane” per poi sfociare nella solita sfuriata punk, con la cantante che urla a pieni polmoni.
Il disco si chiude con “For Tammy Rae”, canzone d’amore – quasi una ballata, più grunge che punk - dedicata a un’amica di Kathleen Hanna, la fotografa Tammy Rae Carland. L’album include anche una nuova versione di “Rebel Girl”, che qui suona più corposa e definita, ma priva della carica grezza e dell’indolenza della prima registrazione.
Per promuovere Pussy Whipped, le Bikini Kill cominciano un lungo ed estenuante tour, che le porta a suonare anche nel Regno Unito con le Huggy Bear. Questa esperienza è documentata nel film “It Changed My Life: Bikini Kill In The Uk”, che contiene molti spezzoni delle esibizioni infuocate del gruppo americano. Nello stesso periodo, Hanna e compagni cominciano a lavorare in studio con la leggendaria Joan Jett, chitarrista delle Runaways e famosa per la sua versione di “I Love Rock‘n’Roll” degli Arrows. Jett produce tre brani per loro: il singolo “New Radio”, “Demirep” e la terza versione di “Rebel Girl”. Le tracce sono presenti anche nella raccolta The Singles, pubblicata nel 1998. Nel 1994 Kathleen Hanna ricambia il favore, collaborando alla stesura di ben cinque brani inclusi nel disco di Joan Jett “Pure and Simple”. Lo stesso anno, le ragazze del Riot grrrl e le Bikini Kill cominciano a richiamare l’attenzione della stampa, con articoli dedicati a loro su Seventeen e Newsweek, che erroneamente indicano la band come leader del nuovo fenomeno del femminismo punk. I giornali si fermano solo alle apparenze, senza prendere in considerazione i contenuti delle canzoni e i messaggi del movimento, tra i quali vi sono la durissima condanna delle violenze sulle donne e il desiderio di creare una grande comunità unita e attiva. I media, invece, appaiono interessati essenzialmente al lato più scandalistico del punk e al modo di presentarsi delle band sul palco.
Dopo la diffusione di notizie false sul suo conto – in un articolo viene detto il padre avrebbe abusato sessualmente di lei da bambina – Kathleen Hanna decide di non rilasciare più interviste o dichiarazioni alla stampa, se non alle fanzine punk o del circuito femminista. Nel 1995, però, la frontwoman delle Bikini Kill è coinvolta in un brutto episodio che attira nuovamente l’interesse dei grandi media statunitensi. La cantante è ospite di un concerto degli amici Sonic Youth, in una tappa del Lollapalooza, e assiste alla loro esibizione di fianco al palco. A quest’edizione del festival itinerante partecipano anche le Hole di Courtney Love. Nel backstage, la vedova Cobain e Kathleen Hanna si incontrano per la prima volta nella loro vita, ma sono subito scintille: la prima accusa la seconda di essere stata il peggior nemico del marito e la causa della sua rovina, aggredendola senza alcun motivo e in modo molto violento, lanciandole addosso una sigaretta accesa e colpendola con un pugno sul viso. L’episodio viene condannato da tutti, ricevendo grande spazio su giornali e televisioni. Viene realizzato anche un servizio su Mtv News di Kurt Loder. Courtney Love, al contrario di quanto si possa pensare, è sempre stata critica nei confronti del Riot grrrl, accusandolo di essere un movimento troppo rigido e serio, privo di senso dell’umorismo.
Nel 1996 viene pubblicato l’ultimo lavoro delle Bikini Kill, Reject All American, distribuito dalla Kill Rock Stars e prodotto da John Goodmanson. Siamo ancora in territorio punk, ma cominciano ad avvertirsi influenze e stili diversi. Si parte con il garage del brano d’apertura “Statement Of Vindication”, passando per il post-punk di “No Backrub” – che in alcuni passaggi ricorda i Gang Of Four – e il pop di “False Start”, dove compare anche uno xilofono nella strofa, e che suona come un omaggio ai Lush. Sono presenti anche un paio di brani più lenti: “R.I.P”, una ballata power-pop dedicata a un amico morto di Aids, e “For Only”, un pezzo quasi surf, accompagnato da un solo di tromba.
Non mancano i testi impegnati e le frecciatine, come in “Tony Randall”, dura critica ai media, colpevoli di aver interpretato nel modo peggiore la band e il femminismo del movimento Riot grrrl. La canzone di chiusura dell’album, intitolata appunto “Finale”, suona come un vero e proprio addio delle Bikini Kill alla scena e al suo pubblico, con Kathleen Hanna che ripete “Time to go” fino all’inizio dell’assolo di chitarra che chiude il pezzo. “Finale” è l’episodio più simile, tra quelli inclusi in questo ultimo lavoro, ai pezzi dei primi due Ep, raccolti nel 1994 in The CD Version Of The First Two Records.
Reject All American non riesce a richiamare l’attenzione di pubblico e critica: probabilmente viene pubblicato fuori tempo massimo, in un periodo in cui l’interesse per la band e per il Riot grrrl è diminuito fortemente. Nonostante questo, è un buon disco; ci sono segni importanti di maturità, un’inedita volontà nello sperimentare e un sound più pop e “ramonesiano”. Kathleen Hanna mostra di essere un’ottima interprete: ha sempre la stessa carica ed energia, ma questa volta punta più sulle melodie che sulle sue urla stridule. Per promuovere il disco, la band organizza un ultimo grande tour, il primo a livello mondiale. Arrivano anche in Italia, con ben sei concerti a Torino, Padova, Bologna, Firenze, Milano e Roma. Il tutto sempre all’insegna delle difficoltà economiche: nonostante il discreto successo raggiunto, le Bikini Kill restano fino alla fine un fenomeno puramente underground. La carriera live della band di Olympia si chiude nel maggio 1997, con ben tre concerti consecutivi a Tokyo. Dopo il rientro negli Stati Uniti, Kathleen Hanna e soci annunciano, senza troppo clamore, lo scioglimento.
Dopo la fine delle Bikini Kill, Karren, Vail e Wilcox continuano a suonare insieme con i Frumpies, band punk attiva dal 1992 al 2000. Con loro c’è la batterista delle Bratmobile Molly Neuman. I Frumpies producono tre Ep e un album, “Frumpie One-Piece”, pubblicato nel 1998. Nel 1997 Kathleen Hanna inizia una relazione con Adam “Ad-Rock” Horovitz dei Beastie Boys (si sposeranno nove anni dopo) e si trasferisce a New York. Qui comincia a lavorare al debutto del suo progetto solista, chiamato Julie Ruin. Il disco omonimo viene pubblicato nel 1998 dalla Kill Rock Stars: scritto e registrato in totale autonomia, si allontana decisamente dal punk del gruppo d’origine, essendo composto da brani lo-fi dalla forte componente elettronica.
L’attitudine e i contenuti dei testi, ancora incentrati sul ruolo della donna nella società, sono sempre gli stessi; la musica, al contrario, è molto diversa ma ancora ruvida. I riferimenti non sono più Ramones e Germs, ma Beck, Prince e i Beastie Boys del compagno Ad-Rock.
Da questo progetto nascono, sempre nel 1998, i Le Tigre. Il gruppo si forma dall’incontro tra Hanna e le musiciste che avrebbero dovuto suonare con lei dal vivo i brani tratti da Julie Ruin Johanna Fateman e Sadie Benning. Il genere proposto non è molto differente: rock elettronico, con elementi dance e post-punk, e un sound spesso “radio-friendly”, non più a bassa fedeltà e più vicino alle tendenze dei primi anni del 2000 (Peaches, Soulwax). Il trio produce tre album: Le Tigre (1999), Feminist Sweepstakes (2001) e This Island (2004). Quest’ultimo è il primo realizzato da Kathleen Hanna con una major, la Universal.
Sempre nel 2004, l’ex-cantante delle Bikini Kill appare su “Letterbomb”, brano incluso nel grande successo dei Green Day “American Idiot”.
Nel 2005 Kathleen Hanna è costretta a interrompere le attività dei Le Tigre, a causa di una misteriosa malattia, che le viene diagnosticata correttamente solo nel 2010. Soffre di borreliosi, disturbo raro che porta fortissimi dolori muscolari e articolari, e che compromette seriamente la sua carriera. Nel 2009, i Le Tigre tornano brevemente in attività per produrre il brano “My Girls” di Christina Aguilera, in collaborazione con Peaches. L’anno successivo, Hanna annuncia il ritorno sulle scene con un nuovo gruppo, The Julie Ruin, che riprende il nome dal suo primo progetto solista di fine anni 90. Al basso c’è Kathi Wilcox, anche lei ex-membro delle Bikini Kills.
Il primo disco, Run Fast, viene pubblicato nel 2013, e rappresenta una summa di tutti i progetti precedenti di Kathleen Hanna: c’è ancora l’elettronica dei tre album con Le Tigre, viene recuperata la vena lo-fi di Julie Ruin ma ci sono anche episodi più rock, a tratti anche punk. L’album viene promosso con un nuovo tour, interrotto nel 2014 per il peggioramento delle condizioni di salute di Kathleen. Le date perse vengono recuperate con nuovi concerti nella primavera e estate del 2015.
Nonostante la natura underground e un successo sempre limitato - probabilmente anche sacrificato, a causa della coerenza granitica e del rifiuto di ogni forma di compromesso – oggi Kathleen Hanna e le Bikini Kill hanno ottenuto un meritato riconoscimento. Nel 2012 viene lanciata la nuova etichetta Bikini Kill Records, che ripubblica tutto il catalogo della band, riaccendendo l’interesse nei confronti del quartetto di Olympia, che viene scoperto anche da un pubblico più giovane.
Hanna è ancora una femminista attiva e militante, e spesso partecipa a convegni e incontri nei più importanti college statunitensi. La sua carriera musicale e politica viene celebrata nel bellissimo documentario a lei dedicato, “The Punk Singer” (2013) di Sini Anderson.