A pochissimi giorni dalla pubblicazione del suo secondo disco, abbiamo scambiato qualche chiacchiera con la giovane cantautrice londinese Anna B Savage. Con lei abbiamo parlato di quanto gli umori della sua musica siano cambiati, delle sue recenti e poliedriche collaborazioni, di cosa dobbiamo aspettarci dalla sua prossima data live di Bologna e di tanto altro.
Ciao Anna, come te la passi? Tutto bene?
Tutto bene, grazie per chiedermelo!
Allora, com’è andata con la pubblicazione di “in|FLUX”? La seconda volta è davvero più dura come si sente spesso dire?
Credo che quando le persone parlano della difficoltà nello scrivere il secondo album, in linea di massima abbiano ragione. Per me invece il mio debutto fu il mio personale Everest, mentre ho voluto che questo nuovo disco fosse più semplice e divertente e ho fatto in modo che andasse così. Ma se parliamo meramente e tecnicamente di pubblicazione, è stata ugualmente difficile. E’ anche vero che sono passati pochissimi giorni e sono dunque eccitatissima di scoprire cosa succederà.
La prima cosa che ho realizzato ascoltando questo tuo sophomore è stata quanto fosse differente da “A Common Turn”. Sono diversi in molteplici elementi, a partire dalle copertine. Nella vecchia cover ti copri gli occhi, come se ti stessi nascondendo, mentre in questa nuova ci guardi, sembri serena, sembra quasi che tu abbia voglia di giocare…
Beh, grazie mille. Si, penso che questo nuovo disco sia molto sicuro di sé in tantissimi modi. Persino nella copertina!
Anche se “in|FLUX”? inizia con una canzone intitolata “Ghost”, suona molto meno “infestato” del suo predecessore. È soltanto una mia impressione, o è effettivamente un lavoro meno tormentato?
Hai assolutamente ragione. Un sacco, ma proprio un sacco, di terapia è stata davvero d’aiuto per la mia sicurezza in me, e ora sono davvero felice che questa sicurezza faccia parte della mia vita di tutti i giorni, al contrario di quanto accadeva mentre scrivevo “ACT”.
Per questo nuovo disco hai cambiato produttore, passando da William Doyle a Mike Lindsay dei Tunng, due personalità molto differenti, ma con in comune un grande uso dell'elettronica. Come è stato lavorare con Mike?
Sono stata davvero fortunata a lavorare con due produttori del genere. È stata davvero una grande gioia collaborare con Mike. Ha una personalità molto positiva ed è un grande lavoratore, entrambe le cose ne fanno un partner eccezionale. Ci siamo divertiti tantissimo e mi sento molto fortunata per tutto ciò.
Questa volta hai anche decisamente arricchito le tue soluzioni in termini di arrangiamenti, in “in|FLUX” la chitarra e l’elettronica sono sempre al centro dell’impianto sonoro, ma possiamo ascoltare anche il pianoforte, il clarinetto, il sassofono… Come hai deciso di espandere così tanto il tuo sound?
Ecco, per iniziare va detto che questa volta non ho scritto le canzoni interamente con la chitarra, e questa è già un’importante distinzione per me. Avevo deciso di immettere nella produzione nuovi elementi prima che le canzoni fossero ultimate, così ho lasciato un po’ di spazio per gli altri strumenti. Avevo anche voglia di suonare di più e di mettermi alla prova, così ho spolverato il mio vecchio clarinetto e il mio vecchio sassofono, che non suonavo da 15 anni, e ho deciso di buttarli nella mischia.
Ultimamente e meritatamente sei stata molto richiesta per collaborazioni e duetti. Soltanto nelle ultime settimane abbiamo potuto ascoltare un tuo featuring con un giovane cantautore come Hamish Hawk e poi quello con gli Orbital, il leggendario duo techno. Tu davvero non conosci confini… com’è stato lavorare con loro?
Mi è sempre piaciuto tantissimo collaborare. Quando ero più giovane ho sempre pensato che avrei fatto parte di una band e in realtà mi ha reso triste constatare che invece avrei dovuto fare tutto da sola. E quindi il fatto che altre persone mi chiedano di collaborare con loro è per me una delle gioie più grandi. Io e Hamish siamo diventati amici dopo aver suonato insieme a un festival a Edimburgo, e la collaborazione è venuta fuori molto spontaneamente, senza troppa programmazione. Gli Orbital, invece, mi hanno contattato mediante etichetta e management. Ero terrorizzata in realtà, loro sono davvero un nome grosso. Paul (Hartnoll, ndr) è stato incredibilmente paziente con me e ha praticamente dovuto farmi da coach per gestire il nervosismo. Gli sono davvero grata per le sue enormi pazienza e gentilezza. Comunque sì, per fartela breve, adoro collaborare. Peraltro avevo deciso che la parola d’ordine del mio 2022 dovesse essere “creatività”, ci tenevo davvero a espandere le mie possibilità e quindi è stato fantastico che queste persone si mettessero in contatto con me.
Se potessi davvero scegliere chiunque, con chi ti piacerebbe scrivere e realizzare un brano insieme?
Moses Sumney.
Se non vado errato tu vivi a Dublino, una città che è al centro di un grande hype grazie a band come Fontaines D.C. e Murder Capital. Com’è vivere lì? L’aria è davvero elettrica come ci viene da immaginare?
Eh no, sfortunatamente sono ritornata a Londra. Dopo Dublino mi sono spostata sulla costa occidentale dell’Irlanda, della quale mi sono innamorata, ma era davvero difficile trovare un posto dove vivere da quelle parti. Così, dopo un periodo passato a Belfast, sono tornata a Londra. È stato fantastico vivere a Dublino, anche durante il lockdown, che poi è proprio quando mi sono trovata lì. In effetti, sarebbe bello tornare a viverci ora che tutto sembra tornato alla normalità. Per adesso però posso dire di conoscere molto bene i parchi della città.
C’è qualcosa di interessante che stai ascoltando in questo periodo che ti piacerebbe raccomandare ai nostri lettori?
Certo, il nuovo disco di Madison Cunningham è l’unica cosa che sto ascoltando ultimamente, podcast a parte.
Quando hai pubblicato “A Common Turn” eravamo nel mezzo della pandemia e sei stata costretta a cancellare diverse date europee, incluse quelle italiane. Ad ogni modo, il prossimo maggio suonerai finalmente a Bologna. Fatta eccezione per un set acustico in solitaria all’Ypsigrock Festival, non hai mai suonato dalle nostre parti, non con una band. Cosa ti aspetti dal nostro pubblico?
Woohoo! Vero, non ho mai suonato in Italia con la mia band al completo! Io mi aspetto solo che il pubblico si accenda, il resto dipende da noi. Spero di convincere davvero tutti a divertirsi e, perché no, anche a ballare un po’!
Anna, con questo è quanto... Grazie davvero per il tuo tempo!
Tantissime grazie anche a voi!
(26/02/2023)
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La ribellione della musa
Fresco di pubblicazione per City Slang “A Common Turn”, primo Lp della giovane cantautrice londinese Anna B Savage, è uno dei dischi più chiacchierati e giustamente incensati del momento, da critica e pubblico. Il disco affronta con profondità tematiche intime, oscure, dolorose, senza paura di mostrare ferite e debolezze, finendo con lo svelare la forza viscerale e inarrestabile della sua autrice.Grazie alla produzione di William Doyle (aka East India Youth), il folk scarno e oscuro e la voce profonda e duttile di Anna hanno trovato in “A Common Turn” nuove e imprevedibili soluzioni, che spaziano da tempestose chitarre elettriche a vibranti inserti elettronici. Abbiamo colto l’occasione per scambiare qualche chiacchiera con Anna, che abbiamo scoperto essere, oltre che talentuosa, generosa e loquace. Partendo ovviamente dal disco siamo poi finiti a parlare di lockdown, libri, bird watching, vibratori, Leonard Cohen e pizzate. Insomma: chi più ne ha più ne metta. Buona lettura.
(20/02/2021) |
A Common Turn(City Slang, 2021) | ||
in|FLUX(City Slang, 2023) |