La maniera in cui Anna B Savage si mostra sulle copertine dei suoi lavori è sempre molto indicativa di quanto troveremo al loro interno. Su quella dell'esordio "A Common Turn" ci si presentava immersa nell'oscurità e si copriva gli occhi con le mani, segno dell'inquietudine e del dolore che infestavano canzoni di traumi e relazioni irrisolte. Era ancora nero il fondale scelto per "in|FLUX", dove però Anna ci scrutava con i suoi occhi di ghiaccio, presentandoci un mucchio di canzoni più serene e piene di sé. Questa volta, per una prova numero tre intitolata "You And I Are Earth", la faccia della musicista sbuca, letteralmente, da un cumulo di muschi e licheni.
Il ritorno alla natura, la sua riscoperta, forniscono senz'altro una lettura giusta e primaria del suo terzo album. Anzitutto perché è stato realizzato lontano dall'affollata Londra, nelle campagne irlandesi. L'ausilio dell'impegnatissimo produttore locale John "Spud" Murphy e di altri talentuosi musicisti locali come Kate Ellis, Caimin Gilmore (entrambi Crash Ensemble), Cormac MacDiarmada (Lankum) e Anna Mieke ha spianato poi alla chanteuse la strada per un approdo integrale al folk, da sempre ossatura fondamentale delle sue composizioni, ma normalmente attorniata da altri stimoli. Le scosse sintetiche fornite da William Doyle (East India Youth) prima e da Mike Lindsay (Tunng) poi alle canzoni dei primi dischi della Savage, lasciano dunque il posto a un altro tipo di scosse, adorni celtici e pastorali costruiti con archi, fiati e corde pizzicate.
Il disco folk di Anna B Savage inizia dunque con "Talk To Me": note di flauto, il rumore di un ruscello e liriche rivolte al mare e al vento, recitate con un registro che ricalca le orme di Sandy Danny.
La Savage non ha soltanto adattato la sua voce tecnicamente educata, intensa e versatile a questi scenari di folk classico, a partire da "Lighthouse" la vediamo cimentarsi con convinzione anche in un'intrigante narrazione a tema. Immaginandosi ultimogenita di una dinastia di guardiani del faro mentre il pianoforte danza sull'acqua e gli acuti degli archi garriscono come gabbiani. Il mare d'Irlanda, con la sua brezza fredda e salmastra, bagna anche "Donegal", un episodio drammatico e teatrale costruito con chitarre tese e un ritornello travolgente.
Se relazioni tossiche e prevaricanti erano il centro del primo disco di Anna B Savage e continuavano a gettare qualche ombra anche sul secondo, "You And I Are Earth" segna una rinascita anche sentimentale. Un amore nuovo, rinfrescante e luminoso, l'unione suggellata dall'abbraccio congiunto alla madre terra del titolo, pervade numerose liriche, ma soprattutto la rigogliosa "Mo Cheol Thú". Una love ballad intima per chitarra zoppicante, che si apre e illumina progressivamente fino a un finale dove fiati e archi volteggiano nell'etere intorno alla voce da sirena. L'idillio con il misterioso irlandese continua anche nella delicata "I Reach For You In My Sleep", altra sortita che parte in punta di piedi per poi ammantare tutto col ritornello.
Festa esoterica di bassi gracchianti e figure folk cangianti, "Agnes" è un'altra prova di inventiva e gusto che solletica la fantasia come le farfalle e gli spiriti del folklore irlandese più oscuro e intrigante.
Si utilizza spesso l'espressione "disco della maturità". Viene da farlo, e a ragione, anche per questo terzo lavoro della cantautrice londinese. Qui Anna non soltanto si confronta con le forme classiche del folk e vince la sfida grazie al talento immenso e alla fiducia in una squadra tutta nuova, ma corre anche il rischio di togliere (perlomeno per lunghi tratti) la sua persona dal centro delle liriche e travestirsi da cantastorie antica e sciamanica. Inutile metterlo in dubbio: anche la seconda impresa la vede vittoriosa.
01/01/2024