All'esordio nel 2016 con un omonimo disco già ricco di fascino e per il quale furono scomodati artisti del calibro di Diamanda Galás, Carla Bozulich, Lydia Lunch e Tom Waits, Bebawinigi, al secolo Virginia Quaranta, è recentemente tornata a far parlare di sé grazie alle "canzoni ossessive" di "Stupor", disco che spazia, senza risparmiarsi, tra generi e stili diversi, in un continuo gioco di pieni e vuoti, di fiammate rumorose, dilatazioni cariche di mistero ancestrale e sentite concessioni all’estasi infantile.
Di seguito, la nostra intervista con l'artista di origini tarantine.
Allora, Virginia… fatta eccezione per l’Ep “Mao” del 2021, hai impiegato ben sei anni per dare un seguito al tuo primo, omonimo disco. Cosa hai fatto nel frattempo?
Tante cose! Ho scritto, diretto e recitato per vari spettacoli teatrali. Il mio orgoglio è “Storia Vera”, riadattamento teatrale del testo omonimo di Luciano di Samosata, che è il primo racconto di fantascienza della storia dell’umanità! Poi ho recitato per lavori cinematografici e di video-arte. Per il teatro e per il cinema ho composto diverse colonne sonore. Ma soprattutto ho girato l'Europa con i miei live ed è da questi che è nata la maggior parte di "Stupor", che in realtà sarebbe dovuto uscire circa due anni fa. Agli inizi del 2020 le registrazioni erano finite. Poi ci sono stati dei rallentamenti a causa della pandemia. Inoltre, la fase di editing e mix ha avuto una gestazione travagliata ma molto entusiasmante, perché fatta di una ricerca sonora di cui sono molto fiera. E ora, finalmente, inizio a godermi i frutti di questa bella avventura, pronta per partire in tour!
Perché hai deciso di utilizzare, in buona parte dei brani di “Stupor”, il grammelot?
Cantare in grammelot è una cosa che faccio da sempre ed è frutto di una ricerca linguistica che ha radici antiche. Innanzitutto, sono figlia di un etimologo. Questo vuol dire che fin da piccola mi è stata inculcata una grande passione, cura e precisione nei confronti dell’utilizzo del linguaggio verbale. Dopodiché, il grammelot è nato dal mio percorso universitario linguistico-letterario e soprattutto dalla mia attività di attrice teatrale. Quando ero ragazzina e ascoltavo un sacco di musica estera, leggendo la traduzione dei testi dei miei brani preferiti rimanevo delusa perché mi ero immaginata qualcosa di completamente diverso. Lì ho capito che avrei voluto dare una mia interpretazione tutta personale al pezzo, senza seguire un testo preciso. E così ho deciso che avrei composto buona parte delle mie canzoni in una lingua inventata.
“Stupor” attinge a tanti generi e stili diversi. Si è trattato di una decisione consapevole oppure tutto è stato lasciato all’estro del momento? Te lo chiedo anche perché “Mao” andava in tutt’altra direzione, con le sue composizioni per sola voce e chitarra…
“Mao” in realtà è un Ep concepito come una sorta di chicca solo voce e chitarra… è un disco a latere rispetto agli Lp. È infatti stato composto e registrato in casa durante il primo lockdown ed è uscito a ottobre 2021 come piccolo antipasto prima dell’arrivo di “Stupor”. Volevo far uscire qualcosa che rappresentasse quella parte piccola, intima e infantile che è un aspetto molto importante di Bebawinigi. "Stupor" attinge a tanti generi e stili diversi proprio perché mi piacciono tanti generi e stili diversi.
Ci spieghi il significato del titolo, “Stupor”?
Il titolo “Stupor” si basa sull’ambivalenza del significato latino e inglese. Ma non è tanto il più conosciuto significato antico a rappresentarlo, quanto quello anglosassone, che indica lo stato in cui non si riesce a pensare e agire normalmente, perché si è troppo ubriachi o strafatti o malati. È un termine che spesso utilizziamo tra amici e tutto è nato da uno scherzo tra di noi: ci si chiedeva come definire la musica che faccio, perché non ha un nome o un genere definito. E così ho detto “beh, potrebbe chiamarsi Stupor Wave”!Per quanto mi riguarda, “Stupor” è un disco più maturo rispetto al tuo esordio. Che ne pensi?
Per forza di cose, essendo posteriore e avendo anche una distanza di diversi anni, è un disco più maturo rispetto a “Bebawinigi”… è più complesso, più sfaccettato e anche molto più lungo.
Perché hai deciso di mettere in copertina l’immagine di un seno femminile?
Ci sono diverse ragioni molto lunghe da spiegare e che in realtà non voglio neanche troppo spiegare. La mia tetta è un po’ come il grammelot, va intuita e non spiegata. Per esempio, sembra un occhio in preda allo stupor… In realtà è il dettaglio di un bellissimo artwork di foto che mi ha fatto Stefano Ciammitti che si trova nel vinile.
Che tipo di formazione hai avuto e come ti sei avvicinata alla musica?
Mia madre dice che sono nata “cantando”. Canto da quando ho memoria e lavoro sulla voce da sempre. La mia famiglia è sempre stata piena di musica e di amore per tutte le arti. È grazie ad essa se fin da piccola ho ascoltato e conosciuto generi e artisti incredibili. Mio padre ha insegnato a suonare la chitarra a mia sorella maggiore, lei a me e io ai miei nipoti. Anche adesso, quando ci riuniamo, trascorriamo intere serate a cantare a più voci e strumenti. Da bambina mi sono annoiata moltissimo, perché ero piuttosto sola, essendo “l’ultima arrivata” con una grossa differenza d’età con le mie sorelle. Così, ho passato il tempo a fantasticare, inventare storie e a esercitarmi nella musica, nel disegno e nella recitazione. D’altro canto, essendo la più piccola di tutti… sorelle, cugini e amici più grandi la sera mi portavano con loro dappertutto, ero la loro mascotte, e così ho frequentato fin da bambina i locali più fichi e visto concerti bellissimi. Di conseguenza, a 11 anni già componevo e a 13 avevo la mia band.
Quali sono i dischi che ti hanno maggiormente influenzato e perché?
Ahia, domanda difficile! Sono talmente tanti che ci vorrebbe un’intervista a parte.
Facciamo così: hai una pistola puntata alla tempia e devi assolutamente fare i nomi di cinque dischi!
Mmmm... Ne dico 5 a caso tra le centinaia che ho in testa
1. Jethro Tull – Thick As A Brick
2. Metallica - Ride The Lightning
3. Nirvana – In Utero
4. Brian Eno - Taking Tiger Mountain (By Strategy)
5. Sonic Youth - Experimental Jet Set, Trash & No Star
C’è qualche artista dei nostri giorni a cui ti senti particolarmente legata o che, comunque, senti particolarmente affine?
Direi che sento molto vicina Mica Levi, sento che è uno “spirito affine” e ha una sensibilità artistica molto simile alla mia.Correggimi se sbaglio, ma nella tua musica, anche tra le pieghe dei momenti più austeri e misteriosi, ho come l’impressione che s’annidi un non so che di “bambinesco”, qualcosa che, insomma, ha a che fare con una percezione pura e stupefatta del mondo che ci circonda e anche di quello che ci portiamo dentro…
Non sbagli. E’ l’altra faccia di Bebawinigi, l’infantile e il comico che si burla della parte più severa e tenebrosa.
In che modo l’esperienza del lockdown causata dalla pandemia di Covid-19 ha influito, se ha influito, sulla tua percezione del mondo e della tua musica?
Mi è saltato il tour europeo che avevo a marzo 2020 e mi sono saltati diversi lavori e spettacoli. Ma… devo dire che ho sfruttato la situazione per creare tantissimo e per lavorare all’editing del disco. Quindi, ho un bel ricordo di quel periodo: iperattivo e iperprolifico. Tuttavia, devo dire che da allora riprendere l’attività live è stato ed è tuttora faticoso…
Tra le altre cose, hai anche studiato per diventare un’attrice teatrale. In che modo l’esperienza del teatro si riverbera sulla tua musica?
C’è una grande componente teatrale nei miei live. E avvalersi dell’esperienza di attrice sul palco è prezioso. Ho sempre inteso l'arte come l'unione di tante forme di espressione fuse tra di loro, ecco perché mi sono formata non solo come musicista ma anche come attrice, regista, illustratrice... Ogni brano ha un suo mondo, che ha un carattere tutto cinematografico o teatrale. Parlando di quest’ultimo caso, ci sono per esempio brani come “Zichi”, che sono nati per essere una performance. “Zichi” è un gioco col pubblico: innanzitutto creo una prima suite di sbadigli fatta per contagiare tutti gli astanti, che puntualmente iniziano a sbadigliare. Dopodiché, nell’ultima parte, scendo nel pubblico a cantare e faccio il solletico alla gente… In effetti, è il brano della molestia! Ahahahah!
Sei stata spesso avvicinata, tra le altre, a Diamanda Galás e credo che questo non possa che farti piacere. Ma, in concreto, cosa ti ha insegnato, ammesso lo abbia fatto, la grande sperimentatrice americana?
C’è una sorta di affinità stregonesca con lei che ho sentito fin da piccola. E una forte percezione di ciò che è pauroso, inquietante, pericoloso. Le streghe esorcizzano questa percezione diventando la paura stessa. Lei sicuramente è tra gli artisti che mi hanno insegnato a tirar fuori nell’arte questa mia essenza, terribile ma necessaria.
Come nascono solitamente i tuoi brani? C’è qualcosa che stuzzica in modo particolare la tua ispirazione?
Mi ispira tutto ciò che mi circonda o che sento dentro. Di solito, quando nasce un nuovo brano, questo mi martella il cervello per ore e giorni interi, come un’ossessione. E così non posso far altro che dargli vita. Talvolta nasce da situazioni particolari: una volta dovetti fare dei gargarismi con un collutorio per diversi giorni e quando lo facevo, cantavo una melodia precisa. Quella melodia è poi diventata un brano.Ho letto che la tua musica non ha avuto, almeno fino ad oggi, particolari riscontri in Italia e devo ammettere che la cosa non mi sorprende. Invece, all’estero, come ad esempio in Germania, le cose vanno meglio. Ti sei rassegnata al fatto di non essere profetessa in patria o continui a battagliare?
Mai rassegnarsi!
Sei originaria di Taranto, una città tristemente salita alla ribalta nazionale a causa della drammatica questione ambientale legata alla presenza delle acciaierie Ilva. Torni spesso in quella zona?
Certo! La maggior parte della mia famiglia vive lì e io ci torno sempre. Taranto è una città meravigliosa sia da un punto di vista geografico/naturalistico, sia da un punto di vista storico/artistico. Peccato che venga trattata come il cesso d’Italia. A nulla sono valse tutte le nostre proteste e le nostre lotte. Ancora veniamo ignorati e calpestati.
Cosa dobbiamo aspettarci dal tuo prossimo disco?
Eeeeeeh, vuoi che vi tolga la sorpresa? Ti dico solo che ci sto già lavorando e mi sta portando verso dei lidi inesplorati e molto affascinanti!
Bebawinigi (StratoDischi NotLabel, 2016) | |
Mao (autoprodotto, 2021) | |
Stupor(Subsound, 2022) |