Giovanni Caccamo

Cantare le sensazioni

intervista di Gabriele Senatore

Giovanni Caccamo è un cantautore peculiare. Un artista bifronte: da un lato autore di testi timido e riflessivo, dall’altro cantante dell’universo sanremese con alle spalle un premio per la categoria Nuove Proposte e varie partecipazioni a show televisivi e radiofonici. Non è l’ennesimo figlio d’arte o un manichino di un talent, bensì un classico esempio di self-made man che ha raggiunto il traguardo della notorietà con i suoi soli sforzi. Questa intervista nasce da un’occasione diversa dal solito concerto: Caccamo si è unito all’artista figurativo Giovanni Robustelli (anch’egli ragusano) per una tournée in giro per l’Italia, durante la quale si esibiscono in una performance di certo non canonica. Il giovane cantautore suona al pianoforte brani propri e reinterpretazioni di classici della musica italiana, mentre, sullo stesso palco, Robustelli esegue un live painting accompagnato dalle note del suo collega. Le location non sono scelte a caso dal momento che alle spalle del progetto troviamo Unesco, permettendo al duo di esibirsi in autentiche opere d’arte, quali castelli, piazze medievali e antichi palazzi. Il risultato di queste performance è un’esperienza sinestesica, che permette uno scambio di sensazioni visive e acustiche capace di tirare fuori lo spirito eclettico del cantautore.

Da dove nasce l'idea di fondere due generi dell'arte, musica e pittura?
Caccamo
: L'idea è nata quando ho conosciuto Giovanni diversi anni fa ed è sorta innanzitutto una stima artistica molto forte e poi anche un'amicizia speciale. Per cui molto spesso ci siamo incontrati nel suo laboratorio a Vittoria, lui dipingeva e io suonavo. Abbiamo cercato di interagire, creare una connessione tra le nostre arti e si è sempre creata un'alchimia talmente forte che abbiamo deciso di trasformare questi nostri incontri in qualcosa da poter eseguire dal vivo e quindi condividere questa nostra intesa anche con il pubblico.

Io so che siete entrambi ragusani, per cui condividete lo stesso territorio. Come ha influenzato il territorio la vostra arte? Anche perché venite da una zona dell'Italia che, così come qui in Campania, esprime arte da ogni edificio antico.
Robustelli
: Sì, infatti devo dire che in questo dialogo tra due passioni, la pittura e la musica, ci siamo accorti che in realtà tutta una serie di tempi... ci si concentrava sul linguaggio in maniera particolare che esulava completamente da quelli che sono i tempi della vita che viviamo tutti, quella artificiale, di internet insomma, dei media in generale. Per cui abbiamo pensato fosse utile portare il pubblico all'interno di questo dialogo, che, ripeto, è molto simile a quello che c'è nei nostri territori, non solo in quello siciliano, ma anche ragusano ad esempio, ma in generale nel Meridione, l'architettura, gli spazi e la natura che s'interseca bene con questi scenari, ti portano a vivere un tempo e uno spazio che sicuramente si scontra troppo in realtà con la superficialità, la velocità con cui ci si confronta oggi come oggi.

In un'intervista con un altro autore, vostro compaesano tra l’altro, Nicolò Carnesi, discorrevamo proprio delle nuove declinazioni del comunicare, così immediato da generare fraintendimenti. Ciò che mi trasmette la vostra opera di musica e live painting è un messaggio interpretabile sì, ma non fraintendibile. Una comunicazione naturale e senza artifici.
Robustelli: Non ci sono artifici e non ci sono filtri, ma soprattutto non c’è nulla di preparato. Questa è la cosa più importante, perché Giovanni suona e canta canzoni che lì per lì sceglie in base ai contesti, in base ai luoghi, alle sensazioni, e di conseguenza anche io mi lego alla sua musica e al contesto in cui è calato il palco per realizzare il mio dipinto. Davvero c’è uno scambio di ispirazioni.
Caccamo: Totalmente estemporaneo, non c’è alcun accordo a priori. Viene tutto naturalmente.

Infatti, volevo chiedervi, questa chimica che si è creata come funziona? C’è uno dei due che guida l’altro o è un rapporto paritario?
Caccamo
: L’unica guida è il luogo. L’ambientazione scelta è il padrone di casa, in quanto è qui da molto più tempo rispetto a noi.
Robustelli: Io personalmente aspetto le prime note per iniziare a posare il pennello.
Caccamo: Io mi lascio condurre dalle sensazioni del luogo per scegliere da un bacino di canzoni, una quindicina di brani da suonare e reinterpretare sul palco.

C’è qualche autore in particolare che in questa location già ti sorge in mente?
Caccamo
: Il primo che penso è senz’altro Lucio Dalla, con questo mare onnipresente che ci riporta ai suoi testi e ai suoi suoni, ma anche la voce di Giuni Russo.

Mentre per quanto concerne il lato pittorico, l’obiettivo è un’opera figurativa che riproduca il luogo scelto oppure si può arrivare anche all’arte astratta?
Robustelli
: Normalmente si parte da forme e linee che sembrano astraenti, in realtà, seguendo la musica, diventano una composizione figurativa. Le iconografie di riferimento sono chiaramente ispirate dall’architettura e dai colori del luogo ma anche dalle storie che tutto questo porta con sé e che durante le visite e i sopralluoghi entrano nel mio bagaglio culturale, che poi viene liberato in maniera improvvisata sulla tela.

Mi colpisce questa intesa tra linguaggi diversi dell’arte, sembrate capaci di scambiarvi vicendevolmente gli strumenti per raggiungere lo stesso obiettivo espressivo. Passando alla tua carriera, Giovanni, in molti sono convinti che tu abbia cominciato con Franco Battiato che scopre il tuo talento nel 2012, ma ciò non è del tutto vero.
Caccamo
: Sì, infatti la passione per la musica nasce sin da piccolissimo (partecipando persino allo Zecchino D’Oro), ma diventa una vocazione vera e propria dopo il liceo, quando parto per Milano e inizio a bazzicare il mondo della musica e capire che in particolare la voce potesse essere il canale di comunicazione per le mie emozioni e la mia vita. Il canto divenne per me una sorta di dialogo con mio padre, purtroppo scomparso quando avevo undici anni, e la musica mi ha sempre aiutato a instaurare questo dialogo invisibile. A vent’anni inizio a scrivere e non ho più dubbi sul fatto che la scrittura di fatto sia il centro della mia vita e da lì è diventato un percorso quasi ascetico, più che una semplice passione. Dai 18 ai 24 anni circa, per sei anni ho bussato a tantissime porte e sperato di farmi conoscere e ricevere ascolto da numerose realtà, ma Battiato è stato il primo stalking riuscito (ride), ma anche il primo ad avermi preso sul serio.

Spulciando la tua discografia ho individuato qualche tua divagazione rispetto al songwriting più canonico. Nel tuo album “Qui Per Te” del 2015 c’è, per esempio, un eccellente brano synth-pop dal titolo “Oltre L’Estasi”. Fermo restando che il cantautorato continua a essere il centro del tuo lavoro, quali sono stati altri generi che ti hanno attirato o che vorresti approfondire in futuro?
Per i testi mi lascio tendenzialmente guidare dai maestri italiani: Ivano Fossati, Battiato, De André. Per le musiche e per i suoni specifici attingo a ispirazioni di più largo respiro ed esploro molto. Mi attirano molto le atmosfere create da Imogean Heap in “Ellipse”, le sonorità di Benjamin Clementine, Antony & The Johnson, ma anche Stromae, volendo avere ritmi più incalzanti, ma anche Sigur Ros e Philip Selway. Sono affascinato dai cantautori che hanno fatto anche dei suoni il loro centro.

Venendo, invece, alla tua carriera parallela alla musica nel mondo dello spettacolo, come vivi la presenza sotto i riflettori? Il cantautore è talvolta un artista schivo e introverso, tu riesci a convivere facilmente con l’universo televisivo e mediatico?
L’importante, secondo me, è tenere presente il mondo televisivo come un’opportunità per raccontare storie, per creare dei ponti visibili o invisibili. Siccome scrivo storie, di fatto ogni opportunità che possa essere coerente con il mio modo di essere e aiutarmi ad andare avanti, crescere e maturare come artista, come la conduzione di un programma a tema musicale, non la schivo, anzi, l'accolgo con piacere. Ben venga se tramite queste attività parallele alla musica riesco a conoscere e conoscermi meglio e proseguire in quello che amo.

Cosa pensi della diffidenza verso il mainstream di una certa fetta di cantautorato italiano?
Io penso che l’unica discriminazione vada fatta verso la non autenticità dei contenuti, verso una produzione puramente contingente. Per carità, io faccio anche l’autore e ho scritto per tantissimi artisti e posso dire con certezza che il cantautore ha ancora una buona percentuale di artigianato nel suo lavoro. Questa dose di “maestria” ti fa comprendere che un testo, come una canzone, deve nascere da una vera esigenza di quella composizione di esser-ci. Quando mi siedo al pianoforte, devo essere convinto della profondità e della necessità della mia creazione, ogni pubblicazione di un brano dev’essere sensata, questa è l’unica discriminazione che mi guida.

Ti ritieni un cantautore che narra se stesso o che narra storie?
Io preferisco raccontare storie. Alla fine il mondo è molto più ampio di un semplice individuo. Noi viviamo sensazioni che possono essere forti e intense, ma dovremmo essere consapevoli che quelle stesse sensazioni le provano anche tutti gli altri. Riflettersi nella vita o nell’esperienza di qualcun altro ritengo sia sempre più interessante rispetto alla sola componente autobiografica, o comunque partire da un’emozione soggettiva e aprire la prospettiva. Non sono mai autocelebrativo, se parlo di me, lo faccio sempre in connessione con il resto del mondo di modo che chi mi ascolta possa rispecchiarsi.

Hai dei riferimenti letterari o poetici che ti hanno aiutato particolarmente nella scrittura dei testi?
Influenze dirette propriamente non direi, però un libro di certo ha cambiato il mio modo di percepire le esperienze, ovvero “Un Altro Giro Di Giostra” di Tiziano Terzani. Mi ha donato delle chiavi di lettura della realtà che mi erano ignote in precedenza. Mi ha permesso di raggiungere una scrittura più consapevole e diretta.

Domanda rivolta a entrambi stavolta: un disco italiano e un disco straniero a cui non rinuncereste mai?
Robustelli
: Cerco di riferirmi ad album più recenti poiché volendo generalizzare sarebbe impossibile. C’è un disco che negli ultimi due anni non riesco a togliermi dalla testa, ovvero “Die” di Iosonouncane.

Certamente ha un approccio molto visuale alla scrittura di testi, sembra che stia delineando immagini quando compone un testo. Uno straniero, invece?
Robustelli:
Direi i Beach House, ma “The English Riviera” dei Metronomy, che mi ritrovo ad ascoltare veramente spesso. Hanno un sapore anche molto italico, a dirla tutta.
Caccamo: Per me, un disco straniero dico “For Emma, Forever Ago” di Bon Iver. Di italiano, mi viene subito in mente “Gommalacca” di Franco Battiato.

Un’ultima domanda. Dal momento che stasera suonerete in un castello aragonese, eretto sulle rovine di un tempio greco, vi sentite più due bardi del XV secolo o due aedi ellenici?
Caccamo
: Certamente ellenici. Dalla Sicilia ci portiamo un bagaglio di grecità e di immediatezza che è ineludibile. Tifiamo per i greci, assolutamente!



Discografia

Qui Per Te(Sugar, 2015)
Non Siamo Soli(Sugar, 2016)
Pietra miliare
Consigliato da OR

Streaming

 

Distante Dal Tempo
(videoclip da Qui Per Te, 2015)

Giovanni Caccamo su Ondarock

Vai alla scheda artista

Giovanni Caccamo sul web

Sito ufficiale
Facebook