Julitha Ryan

Julitha Ryan

Un travolgente cabaret

intervista di Giuliano Delli Paoli
Raggiungiamo Julitha Ryan durante la sua tournée italiana e in occasione della recente uscita del suo album: "The Winter Journey". Musicista, cantante e performer di Melbourne, la Ryan ha un lungo curriculum alle proprie spalle, ricco di collaborazioni e illustri progetti in condivisione; è stata una componente-chiave del trio strumentale Silver Ray, con cui ha pubblicato quattro dischi osannati dalla critica e dal pubblico australiano, e ha seguito Nick Cave and the Bad Seeds durante un tour nel Regno Unito; ha inoltre suonato nei dischi di Mick Harvey, Hugo Race (sia nel progetto Fatalists, sia nei True Spirit), Andrew McCubbin, e di recente ha registrato il violoncello per la colonna sonora del film dell'artista australiano George Gittoes "Snow Monkey". Dopo aver pubblicato il suo primo disco solista nel 2012, intitolato "Lucky Girl", per il suo secondo lavoro questa suadente ed energica sacerdotessa aussie ha deciso mettere a nudo ancora una volta se stessa, tra oscuri presagi, durissime prese di coscienza e un'inarrestabile tensione emotiva, generata da vibranti chitarre elettriche, pedal steel polverosi, sintetizzatori vagamente sognanti, archi, ottoni, cori interamente maschili, il tutto impreziosito da una produzione integralmente italiana.

"Nothing between me and death/ There's only the cold empty air": sono queste le parole che più di tutte colpiscono ascoltando l'introduttiva "Bonfire". È il tuo modo di presentarti agli ascoltatori per mettere le cose in chiaro, oppure è solo un modo per dire "non ho paura della morte, dunque affronto la vita senza alcun timore"?
Niente tra me e la morte sta stabilendo la verità nuda e cruda della mia vita. Senza figli, senza genitori, mi sento sospesa a mezz'aria, ed è una sensazione strana, ed è...

L'album è stato registrato a Milano e vi suonano tanti italiani. Raccontaci un po' di questo tuo speciale legame con l'Italia.
Una serie di eventi improbabili mi ha portato a collaborare con musicisti italiani. Scrissi al chitarrista e compositore Henry Hugo (che è argentino di nascita, ma cittadino del mondo) nel 2013 - lo "incontrai" tramite MySpace - per dirgli che mi sarebbe piaciuto provare a suonare in Europa nel 2014. Lui aveva già suonato con Pier Adduce ed Enrico Berton e mi ha suggerito di mettere in piedi una band per un piccolo tour. C'è una foto del giorno in cui ci siamo incontrati a Milano. Da ragazza ho studiato canto classico al Conservatorio di Melbourne, e naturalmente italiano. L'Italia è stata spesso un sogno di colore e luce nella mia mente, ma non avrei mai immaginato di suonare qui. Beh, la prima volta mi è piaciuto così tanto che sono tornata ancora, e ancora! Nel 2015 decisi poi di fare un disco grazie a questa collaborazione internazionale. Così, Pier mi presentò al produttore Giovanni Calella. Giovanni ha un orecchio perfetto, e ha mostrato subito una notevole fantasia e sensibilità, nonché esperienza con il tipo di elettronica che ho voluto inserire nelle mie canzoni. Mi sono resa conto soltanto ora che l'Australia non è molto passionale, mentre io lo sono. L'Italia ha risposto al desiderio e alla passione presenti dentro di me! È stato il mio destino. Sono contenta di aver risposto alla chiamata.

Cosa ti hanno lasciato i Silver Ray? Hai qualche rimpianto?
Con i Silver Ray ho vissuto dieci anni di musica fantastica, dal 1998 al 2008. Gran parte delle composizioni erano del chitarrista Cam Butler, tutte strumentali e monumentali (chitarra, tastiere e batteria). Abbiamo fatto quattro registrazioni, girato in Australia e nel Regno Unito. Cam ha prodotto sette/otto album da solista e ha anche collaborato con Marta Collica per il suo nuovo album. Il batterista Brett Poliness ha appena girato l'Europa due volte in Hugo Race & True Spirit e ha lavorato per la loro musica. Abbiamo tutti reciprocamente deciso che era giunto il momento di lavorare singolarmente sui nostri sogni. Ho amato ogni secondo vissuto e suonato assieme ai Silver Ray!

Cosa intendi per "Milano grooves"?
"Milano grooves" è il termine che ho usato per descrivere il lavoro che Giovanni ha fatto con il basso e la lucentezza elettronica che ha portato la mia musica, nonché una descrizione del sentimento che ho provato mentre suonavo con Pier, Enrico e Henry. Il groove è fondamentale per me e può essere creato solo con l'amore e con le persone giuste.

L'album è inteso come una suite di otto brani ispirati "by impotence and sadness in the post-romance of our dystopian present". Potresti parlarcene un po' più a fondo?
Viviamo in un mondo post-romantico: selfie e immagini di nudo ora costituiscono il "romanticismo". Ed è difficile non sentirsi impotenti di fronte al tipo di odio, aggressione e avidità dilaganti ovunque sulla faccia della Terra. Come singola entità umana senza il prisma dei bambini e l'eredità di vedere il mondo attraverso di loro, sono spesso sopraffatta dal dolore. Per me il triste futuro è già qui.

Versi come "I'm losing years like a jail", oppure "the times they are a changing as the candle fades away" mostrano un inguaribile pessimismo o è soltanto una presa di coscienza con cui fare i conti per affrontare con nuova energia e ritrovato ottimismo questo mondo? Insomma: c'è luce in fondo al tunnel?
Potrebbe essere visto come pessimismo, ma per me è la realtà. Come ha detto Yeats, "gettare uno sguardo freddo, sulla vita, sulla morte". Ed è proprio come il mondo guarda attraverso i miei occhi. Io non sono sicura che la gente abbia cominciato a rendersi conto della gravità della crisi ambientale che stiamo affrontando. Abbiamo raggiunto la fine dei giochi.

Cosa ascolti ultimamente? Chi sono i tuoi musicisti preferiti?
Sono forse inusuale, ma il silenzio totale è il mio stato preferito (vivo da sola, quindi è facile raggiungerlo). Cerco di mantenere sempre le orecchie aperte alla musica, il suono che circola nella mia testa è importante per me stessa. Comunque, sono una grande fan di Bob Dylan, Neil Young e Nina Simone, Aphex Twin e Brian Eno, così come dei compositori del Ventesimo secolo, la musica greca, Miles Davis, il soul degli anni Sessanta: è davvero una lunga lista. Recentemente mi sono avvicinata molto all'elettronica degli ultimi anni. Io non sono sicura su chi siano i miei preferiti in assoluto, ma la musica di Hugo Race gira molto a casa mia, e questo la dice lunga. Se però Dio è la perfezione, allora Elvis è Dio.

Quali sono i luoghi che hanno maggiormente ispirato le tue canzoni?
L'atto stesso di viaggiare può essere più stimolante rispetto alla destinazione. La terra stessa, i fiumi, le coste, le montagne e i deserti sono tutte fonti di musica. Sì, la natura è l'ispirazione più dolce.

Ci sarà mai posto per un viaggio estivo nell'agenda di Julitha Ryan?
Ci sono sempre arcobaleni, anche nel profondo dell'inverno. E ci sono sempre nuove lezioni da imparare. Forse sto avendo il mio viaggio estivo proprio ora!

L'impossibilità di tornare indietro è uno dei temi ricorrenti dell'album. Fino a che punto è lecito guardarsi indietro?
A quanto sembra, per l'ambiente non si può tornare indietro. Mi sforzo di non guardare indietro, mi piace immaginare il futuro ed essere anche completamente presente nell'esperienza di oggi, in questo preciso momento.
Discografia
 

Lucky Girl (Silver Ray Productions, 2012)

7
The Winter Journey (Self-released, 2017)7
pietra miliare di OndaRock
disco consigliato da OndaRock

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Recensioni

JULITHA RYAN

The Winter Journey

(2017 - Self-released)
L'incurabile nostalgia di una poetessa del folk-rock d'altri tempi