18/02/2023

Pierpaolo Capovilla E I Cattivi Maestri

Vinile, Rosą (Vicenza)


Tra le massime icone del rock alternativo italiano, la pancia di Pierpaolo Capovilla merita un posto speciale: esibita in quelle camicie sempre troppo strette, rende l’artista trevigiano, al pari del suo sguardo tra la profondità del pensiero e l’ottundimento dell’alcol, una perfetta maschera di tragica consapevolezza. I suoi lunghi silenzi scrutano il pubblico e sono ben altro dei banali trucchi comunicativi di un Celentano. Abbiamo amato i lavori degli One Dimensional Man dagli anni 90 e, soprattutto, quelli del Teatro degli Orrori dagli anni Zero. Per chi scrive, “Dell’impero delle tenebre” è il disco italiano più importante di quel decennio. Quando, durante i concerti, presentava la meravigliosa “Compagna Teresa” e la dedicava alle partigiane “che hanno portato la libertà in questo paese di merda”, ci forniva antidoti alla stupidità patriottarda e sovranista che ci avrebbe tutti sommersi da lì a poco.
Tra le massime icone del rock alternativo veneto, ci sono i gradini che, scendendo, portano all’ingresso del Vinile di Rosà (di fatto, Bassano del Grappa), dal 1974 storico locale di musica alternativa che ha resistito e resiste, in un ambito in cui inanellare due o tre stagioni pare già una chimera.

 

Sabato 18, Pierpaolo Capovilla, accompagnato dai suoi “Cattivi Maestri” (ovvero, un altro nostro monumento come Egle Sommacal dei Massimo Volume alla chitarra, Fabrizio Baioni alla batteria e Federico Aggio al basso), è salito proprio sul piccolo palco del Vinile e lo ha fatto, in un primo momento, da solo, restando a fissare il pubblico con lieve ronzio di distorsore in sottofondo. Questo in attesa che gli altri musicisti lo seguissero, facendo partire le note di “Più forte che puoi” - inizio paradigmatico fin dal titolo. Magari non si arriva più al lancinante muro del suono che caratterizzava i concerti del Teatro, ma la performance è strepitosa e priva di sbavature. I ritmi sono sincopati e la chitarra di Sommacal è una tavolozza che riesce incredibilmente a dare un senso compiuto a ogni dissonanza.
Nulla si perde nel caos, mentre Capovilla (che proprio quel giorno compie 55 anni) lancia le sue taglienti invettive contro l’indifferenza verso i migranti e lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo (“Morte ai poveri”), contro il sistema carcerario (“Dieci anni”) e contro i tanti conflitti dimenticati che dilaniano le popolazioni (“La guerra nel Golfo”). Un tocco di intimismo viene offerto dalla struggente “Anita”, in cui l’indignazione pubblica, per una volta, lascia il posto alla malinconia privata.

Alla fine, tutto il disco d’esordio del gruppo viene riproposto e, se c’è qualche critica da avanzare, è solo per una scaletta fin troppo stringata, che avrebbe potuto comprendere altri brani della ormai lunga carriera di Capovilla. Un regalo, però, viene donato al pubblico rosatese nell’ultima parte dello spettacolo, con due inediti, la veloce “Socialismo o barbarie” (geniale risposta a Giovanni Lindo Ferretti) e la toccante “Giancarlo”, dedicata a un ragazzo morto sul lavoro, brano dall’incedere lento e di un’emotività quasi insostenibile.
Tirando le somme, dobbiamo ringraziare che ci sia ancora chi, come Pierpaolo Capovilla, ci fa “vergognare” di essere italiani, e non per becero qualunquismo, ma per la coerenza e il rigore di un’appartenenza ideologica orgogliosamente rivendicata.

 

Per la cronaca, il concerto è stato aperto dalla band lombarda ZiDima, il cui mix di noise e post-rock, tuttavia, non mi ha colpito molto, anche se sono sicuramente da lodare l’atteggiamento e l’intensità mostrate dal gruppo sul palco.

Setlist

Più forte che puoi
La guerra del golfo
Minutegirl
Morte ai poveri
Follow the money
Anita
Dieci anni
Il miserabile
La città del sole
Socialismo o barbarie
Sei una cosa
Giancarlo

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