“E’ un Giorgio Gaber venuto dall’inferno”. Tra l’infuocato pubblico del Monk Club, folate piacevolissime di aria condizionata generano paragoni illustri quanto azzeccati, mentre Pierpaolo Capovilla prende la sua fugace pausa sigaretta direttamente sul palco. Uno dei pochi momenti di stasi in un concerto tellurico, denso come una colata di catrame nelle orecchie, ma soprattutto nei cuori neri dei fan accorsi per l’insperata reunion de Il Teatro degli Orrori. Da quel giugno 2020, in piena proliferazione pandemica, il gruppo originario di Marghera si era trasformato come in uno spettro shakespeariano, lasciando cadere improvvisamente nel vuoto la sua rappresentazione crudele. Nessuna spiegazione ai fan dopo quattro album in studio, fino all’annuncio a sorpresa del Mai Dire Mai Tour alla fine del 2024.
Partito a febbraio dal Vox Club di Nonantola, riprendendo il discorso live interrotto bruscamente a fine 2016, il tour della band veneta sbarca sul palco del Monk di Roma intorno alle 22, con il solo trio formato da Gionata Mirai (chitarra), Giulio Ragno Favero (basso) e Francesco Valente (batteria). L’intro di “Vita mia” sfodera un ritmo potente e oscuro, ai limiti dell’industrial, prima dell’ingresso di Capovilla accolto da un boato. Il frontman applaude il pubblico per ringraziarlo - più tardi si spellerà le mani in segno di riconoscimento, visibilmente emozionato - attaccando con l’aspro mix di noise e math-rock di “Dio mio”, doppia estrazione dal disco d’esordio “Dell'impero delle tenebre”. Il sound è penetrante, oscuro e violento come un cuore di tenebra, mentre Capovilla inizia le sue riflessioni notturne sull’età che avanza, sull’essere boomer in contrasto con i nuovi “Disinteressati e indifferenti” in un momento storico che dovrebbe invitare all’azione. E infatti si alzano i primi pugni chiusi tra il pubblico, in delirio sul riff nineties di “È colpa mia”, tra gli anthem agrodolci dell’acclamato “A sangue freddo”.
E’ un’oscurità illuminante che si può quasi respirare dalla platea, un groviglio di rabbia, dolore e gioia sonica. La band martella sull’anima di ognuno per suscitare quelle sensazioni più inconsce e viscerali, come l’intima chitarra acustica che apre una versione da brividi de “La canzone di Tom”, o il furore noise de “Il Terzo Mondo”. Dall’intro ipnotica ed eterea di “Majakovskij”, che si trasforma in un incubo industriale martellante, alla melodia incastonata nel post-punk garagista “Io cerco te”.
Il concerto fila sempre più ammaliante, lasciando il pubblico come sospeso, fino alla chiamata alle armi de “Il lungo sonno (Lettera aperta al Partito Democratico)”, perché “non c’è nulla da ridere”. La prima parte del set è chiusa dall’eccelso basso distorto di Favero a guidare il groove anarchico di “Non vedo l’ora”.
Qualche minuto dopo, la band torna sul palco tra gli applausi scroscianti, attaccando la preghiera laica di “Padre Nostro”. Capovilla è stupito: “Tutti bianchi qua?”, dopo aver cercato qualche rappresentante africano in mezzo alla folla. L’omaggio arriva però lo stesso, per ricordare la figura dell’attivista e poeta nigeriano Ken Saro-Wiwa in “A sangue freddo”, tra le svisate chitarristiche di Mirai e il ritornello orecchiabile da cantare a squarciagola.
Dalla furia all’emozione nel giro di qualche minuto, sulle lente trame bluesy che accompagnano “Lezione di musica”. Il corposo bis è concluso dal fragore math-noise di “Rivolta”, a chiudere il cerchio con il trio Mirai-Favero-Valente a distruggere qualsiasi cosa si muova sul palco.
Sembra tutto finito, qualcuno già guadagna l’uscita, prima del ritorno del solo Capovilla con la sigaretta d’ordinanza in bocca, a chiedere al pubblico altri cinque minuti di tempo per leggere la lettera del cardinale Domenico Battaglia pubblicata su Avvenire, appello disperato per fermare il genocidio in atto in Palestina. L’ennesimo momento insostenibile di un concerto che pesa come un macigno nel tempo oscuro delle nostre vite.
Vita mia
Dio mio
E lei venne!
Disinteressati e indifferenti
Due
È colpa mia
La canzone di Tom
Direzioni diverse
Il Terzo Mondo
Majakovskij
Io cerco te
Il lungo sonno (Lettera aperta al Partito Democratico)
Non vedo l'ora
Encore:
Padre Nostro
A sangue freddo
Mai dire mai
Lezione di musica
Rivolta
Encore 2:
Finché una bomba varrà più di un abbraccio, saremo smarriti
(Lettura di una lettera del cardinale Domenico Battaglia)