Fito Páez

El amor después del amor

1992 (Wea)
rock nacional, art pop

Il 26 aprile 2023 su Netflix è uscita una serie intitolata "El amor después del amor", curata dal regista e produttore argentino Juan Pablo Kolodziej. Per buona parte degli abitanti ispanofoni dell'America del Sud il titolo non ha probabilmente bisogno di spiegazioni, ma per il mercato italiano è stato ritenuto necessario aggiungere un sottotitolo: "Vita e musica di Fito Páez".
Páez è uno dei più importanti cantanti nella storia del rock argentino, forte di una carriera più che quarantennale che l'ha portato al successo, oltre che in patria, anche in Cile, Perù e Colombia. "El amor después del amor" è il titolo del suo album più noto e di una delle sue canzoni più iconiche.
Si consiglia la visione della serie, che è un prodotto molto curato e sconta come unica pecca una fotografia un po' standardizzata, che poggia su tonalità viranti verso blu, arancione e grigio seppia, tipiche ormai di tantissimi prodotti sia televisivi, sia cinematografici. A parte ciò, si tratta di un ritratto niente affatto agiografico, con il ritmo scandito dall'intreccio di più linee narrative, ottime prove attoriali e ovviamente tanta grande musica. Può inoltre fungere da viatico per chi non avesse familiarità con il rock argentino, che pure è stato spesso trattato sulle pagine di OndaRock.
 
"El amor después del amor" è il settimo album di Páez e arrivò quando il cantante era già un volto ben noto, tuttavia senza conoscerne il retroscena era impossibile prevederne l'impatto. L'autore invece aveva capito che questa volta il gioco sarebbe stato diverso: il disco è stato infatti realizzato senza limiti di budget, su richiesta del discografico André Midani, forse il più importante nella storia dell'industria musicale brasiliana, che contattò di persona la filiale argentina della Wea dopo aver ascoltato dei demo di Páez, chiedendogli espressamente di soddisfare ogni richiesta dell'artista e coprirne ogni spesa. 
Fino a quel momento gli album dell'artista, pur ben prodotti, avevano dovuto far quadrare i conti, senza mai generare utili capaci di scavalcare l'incombenza di un'oculata gestione finanziaria. All'improvviso, la cosa non fu più un problema e ciò comportò un processo molto più elaborato del solito, con tanto di costose sessioni all'estero: le voci vennero per esempio registrate a Madrid e le parti orchestrali negli studi di Abbey Road.
 
Nei primi sei album lo stile di Páez si è mosso ondivago fra sonorità pop e rock, fondendo la tecnologia della new wave a una composizione ricca di ricercatezze armoniche e ritmiche derivate tanto dal jazz quanto dal tango, tanto dalla classica quanto dal folk locale, con una ricerca stilistica che guardava sia ai grandi nomi della musica anglofona (Prince su tutti), sia a quelli della musica latinoamericana (Caetano Veloso, Pablo Milanés) e ancor più nello specifico nazionale (Charly García, Luis Alberto Spinetta). Quest'ultimo è l'elemento più ovvio: se è del resto difficile trovare un musicista argentino emerso durante gli anni Ottanta che non abbia risentito dell'influsso di García e Spinetta, Páez ha avuto anche più ragioni del dovuto. È stato infatti uno dei musicisti di supporto di García in "Piano Bar" (1984), mentre con Spinetta ha addirittura registrato un disco cointestato ("La la la", 1986).

L'album più osannato della prima parte della sua carriera è senza dubbio "Giros" (1985), gemma di pop sofisticato contenente classici della musica argentina quali la title track, "11 y 6", "Yo vengo a ofrecer mi corazon" e "Cable a tierra". 
Registrato nella prima metà del 1992, "El amor después del amor" raggiunge i negozi il 1° giugno dello stesso anno. È un disco di svolta per Páez, in quanto dismette completamente ogni scoria legata alle sonorità degli anni Ottanta e si butta a capofitto nelle nuove tendenze del momento, mostrandosi peraltro all'avanguardia sotto più di un aspetto. La produzione è curata a quattro mani con Carlos Narea, musicista cileno poi emigrato in Spagna, dove ha lavorato con nomi di punta della scena locale quali Miguel Rios e i Nacha Pop.
Si tratta inoltre di un'opera che segna l'inizio di un ciclo di rinascita personale, tramite la quale l'autore riesce finalmente a elaborare una spossante serie di lutti e perdite: alla morte del padre per malattia, nel 1985, si aggiunse l'anno dopo un triplo assassinio, di cui furono vittime sua nonna, sua zia e una domestica, per mano del serial killer Walter De Giusti, poi condannato all'ergastolo nel 1987. De Giusti, musicista amatoriale che non era riuscito a fare della sua passione un mestiere, conosceva bene Páez, avendo frequentato la stessa scuola superiore, e si sospetta che il suo gesto sia stato almeno in parte motivato dall'invidia.

Fu l'incontro con l'attrice Cecilia Roth – favorita di Pedro Almodóvar – che permise a Páez di lasciarsi alle spalle una volta per tutte il tunnel di depressione, droghe, alcol e psicofarmaci in cui era stato precipitato dagli eventi. Roth è infatti una delle principali figure ispiratrici dei testi dell'album, che rimangono comunque complessi, variegati e densi di simboli, come del resto già in passato, anche in virtù della passione dell'autore per i sopraccitati maestri García e Spinetta. 
È comunque bene precisare, a scanso di equivoci, che Páez non è una figura derivativa rispetto ai due artisti in questione, che anzi lo hanno voluto nei rispettivi dischi proprio perché colpiti dal suo talento: García lo riteneva uno dei migliori strumentisti in circolazione e Spinetta lo indicò come poeta a tutto tondo, uno di quelli che nascono una volta in una generazione.
 
"El amor después del amor" si apre con il brano da cui prende il titolo, su un ritmo di drum machine Roland che punta l'attenzione sia verso il rinnovamento della musica nera messo in atto da progetti come i Soul II Soul, sia verso il lato più dance del movimento Madchester. Il progammatore è Tweety González, tastierista e sperimentatore elettronico che in quegli anni, da dietro le quinte, ha segnato il meglio della musica argentina (in quello stesso anno lo troviamo anche in "Dynamo" dei Soda Stereo). A questa trama percussiva si aggiunge un tappeto di tastiere d'atmosfera, dove poggiano le prime riflessioni che nutrono l'intera scaletta:
L'amore dopo l'amore, chissà, somigli a questo raggio di sole. E ora che ho cercato, e ora che ho trovato il profumo che porta con sé il dolore, nell'essenza delle anime, nell'assenza del dolore, ora so che non posso vivere senza il tuo amore
A 2'13'' l'arrangiamento si rigonfia, con l'ingresso di batteria, sezione fiati e chitarra funk con effetto wah wah. L'arma in più è però rappresentata dalla possente voce della cantante blues Claudia Puyó, che nel climax finale, intrecciandosi a quella di Páez, grida: "Nessuno può e nessuno deve vivere senza amore". La parentela del brano con la musica dance alternativa dell'epoca spiega un testo più semplice della media, ruotante su uno slogan mandato a ripetizione.

"Dos días en la vida" è uno sbarazzino jangle pop, praticamente la trascrizione in tre minuti del film "Thelma & Louise". Un riferimento alla storia recente argentina e sudamericana fa forse capolino nel verso: "I militari odiano quelle anime, e io le voglio tutte per me". Per incarnare queste eroine da road movie, a cui il brano risparmia il finale tragico, l'artista convoca due ospiti d'eccezione: Fabiana Cantilo, sua ex compagna, con la quale è rimasto a tutt'oggi in buoni rapporti, e Celeste Carballo, che per anni prestò la sua voce ruvida agli spot pubblicitari argentini, per poi intraprendere la carriera di cantautrice (nel 1993 Peter Gabriel la inviterà a cantare insieme durante le date locali del "Secret World Tour").

Anche l'ibrido fra art pop e jazz fusion di "La Verónica" è incentrato sulla cinefilia, ma in chiave meno citazionista e più autoriale, creando una sensuale allegoria della passione di Cristo ambientata in una location cinematografica solare e mediterranea, che rimanda alla mistica di Cinecittà, come spiegato sin dai primi versi: 
Non fu girato in Portogallo, quello non era nei suoi piani. 
Roma non era poi così male, 
devo ammettere, niente male. 
Qualcosa mantiene l'incantesimo, pensò, e si lasciò trasportare 
da un tizio che scendeva da solo sulla via del Calvario.
Pomeriggio di crocifissione, inchiodano il figlio di Dio. 
Mette il copione in una borsa gialla e si getta al sole a danzare
La Veronica alla quale allude il titolo è in effetti la pia donna biblica che si avvicina per asciugare il sudore e detergere il sangue dal volto di Cristo.
Nel ritornello, con richiami al Gershwin di "Rhapsody in Blue", il martoriato e il suo seguito marciano verso qualche forma di salvazione o almeno di sollievo, in una felliniana parata finale: 
Tutte le vite caddero in mare ed è così dolce vederle. 
Tutte le vite caddero in mare, e vanno, e vanno... 
Lei voleva renderlo così felice, lui voleva un amore e non un'attrice. 
Lei voleva renderlo così felice. Esterno, giorno, ripresa 22
Da sottolineare il ruolo del basso di Guillermo Vadalá, con sinuose linee di fretless che vengono sostituite da un frenetico slap nella sezione che racconta l'agitazione interna del protagonista ("Lui e il suo guscio d'avorio, progettato per resistere al fascino del gelsomino. Non so perché scelse la sua dolce pelle, forse perché la vedeva così sola").
Il lungo sodalizio con Vadalá era iniziato pochi anni prima, durante un provino per le sessioni dell'album "Ey" (1988), dove Páez rimase sbalordito della linea di basso ideata per "Dame un talismán".

"Tráfico por Katmandú" fu curiosamente il primo brano del disco a essere diffuso dalle radio, anche se è stato in seguito offuscato dalla fama dei numerosi altri classici contenuti in scaletta. È forse il brano più aggressivo, un blues rock con inflessioni new jack swing, che urla e sputa al mondo delusioni e paure, provando a difendersi dalle assurdità del sistema sociale: 
Dal suo interno io posso muovermi,
ho fatto un buco in un immenso muro.
Ho acceso la radio ed ho ascoltato che
duecento ragazzi muoiono ogni giorno senza il loro Azt
(Nota: l'Azt, ossia l'azidotimidina, è un farmaco utilizzato per combattere l'Aids).

I versi fanno ampio uso di una sorta di dialetto "paeziano", un ibrido di gergo rockettaro locale, lunfardo rioplatense e lingue straniere (quelle identificate dalla cultura argentina come maggiormente cinematiche, ossia l'inglese e italiano, che Páez studiò a scuola, quando ancora viveva a Rosario): 
Non ho fretta, non c'è destinazione in cui arrivare. 
Questo miracolo è di un cristallo perfetto. 
Ma la saggezza pop mi ha fatto capire
che è sempre stato lo stesso: la scimmia e il Citizen Kane
La parola "mono", ossia "scimmia", ha in spagnolo e italiano la stessa doppia valenza: indica sia l'animale, sia la crisi di astinenza. Nel contesto della strofa può interpretarsi come un parallelo fra il più primitivo degli uomini e il magnate Charles Foster Kane, creazione di Orson Welles e personaggio dipendente dal potere per antonomasia.
Si segnala lo stacco, a partire da 1'44'', in cui riposa in lontananza l'astratto lamento dell'andaluso Antonio Carmona, voce dello storico gruppo flamenco Ketama.

Arrangiata da Spinetta, che vi suona la chitarra, “Pétalo de sal” è tersa e delicata come da titolo, un concentrato di poesia musicale, zeppa di variazioni e sorprese che vanno dall’introduzione tanguera in tempo rubato alla strofa in cui il crescendo emotivo va di pari passo con la progressiva elevazione delle note, portando Páez a quel falsetto a squarciagola ormai emblematico. 
Il tema è ancora la solitudine e l’incontro, il desiderio e la futilità, incorniciati nella routine della vita urbana: 
Furioso petalo di sale, la stessa strada, lo stesso bar. 
Niente ti importa in città se nessuno aspetta. 
E lei che diviene cremisi. 
Non so se è Baires o Madrid
Il picco arriva sul finale, quando compare la voce di Spinetta per confessare:
C'è qualcosa in questi anni che mi mette così, 
e mi spinge a dirti che mi manchi e che ti vedró gioire
In "Sasha, Sissi y el círculo de baba" troviamo una storia d'amore fatale fra un uomo e una donna, ma raccontata seguendo l'analogia con una nota leggenda messicana, la cui origine è attribuita al popolo chocho. Secondo il mito, un rospo viveva preoccupato perché aveva un chiaro rivale nel suo territorio, contro il quale sembrava non avere possibilità di sopravvivere, ossia il serpente, simbolo del rinnovamento, che a ogni nuovo ciclo cambia pelle come in una nuova nascita. Il rospo, simbolo di ciò che è lento e vetusto, dalla pelle rigida, riuscì tuttavia a sopraffare l'avversario, grazie a una potente risorsa magica: tracciò un cerchio di bava intorno al serpente, che non riuscì più a liberarsi da quella barriera, venendone ripetutamente rimbalzato. Il serpente si adagiò così all'interno del cerchio, finendo col morire di fame. Tuttavia, nella canzone anche il possessivo omicida si autodistrugge, fumando la sua sigaretta trionfale ed esplodendo come un batrace.
Strisciare, strisciare, nelle ore della siesta
cambiare, cambiare, le leggi dell'amore
Sissi lo fece impazzire ad una festa
E non tornó a toccarlo mai più 
[…]
E così pensó a un arma, a ucciderla e fuggire. 
Pianse e scrisse il suo requiem per Sasha e Sissí. 
Non fece altro che aspettarla, la bació e poi dormí, 
tracciando un cerchio di bava in un medical style.
[…]
Semplicemente questo è cio che avvenne,
sotto questa stessa luce,
Sasha accese una cicca e sedette,
tirando quella sigaretta finché non esplose
(Nota: con "medical style" si intende ovviamente un bisturi).

L'autore non si è espresso sulla scelta di nomi esotici come Sasha o Sissí, ma si può supporre che il secondo sia un riferimento a Elisabetta di Baviera, forse in parallelo al suo assassinio, avvenuto nel 1898 per mano di un anarchico italiano.
La base strumentale è un ibrido fra acid jazz e downtempo, con tastiere a tappeto che rimandano ai Massive Attack di "Unfinished Sympathy", ma un impianto nettamente più rock, con un ossessivo wah wah di chitarra, una complessa linea di basso jazz fusion e un finale per archi dissonanti.
 
Pur non trattandosi ufficialmente di un concept album, ascoltando il disco dall'inizio alla fine si ha un po' l'impressione di un racconto musicale in diversi quadri.
A livello stilistico, l'amore per il musical di Broadway – o della Avenida Corrientes di Buenos Aires – si fa palese in "Un vestido y un amor", per voce, pianoforte e orchestra. Il brano è dedicato a uno dei suoi primi incontri con Cecilia Roth. Lo straripamento sentimentale si esprime attraverso delicate osservazioni ("Ti vidi, raccoglievi margherite dalla tovaglia") e immagini romantiche volutamente cliché, in una sorta di revisionismo laudatorio del genere ("Non so se eri un angelo o un rubino. Ti vidi, uscisti tra la gente a salutare, le stelle risero ancora, la chiave del mandala si ruppe, o semplicemente, ti vidi"). L'infatuazione non elude però una parentesi cruda e realista, in cui viene descritto il consumo di stupefacenti:
Fumavi dei chinos a Madrid. Ci sono cose che ti aiutano a vivere. Non facevi altro che scrivere e io semplicemente ti vidi
(Nota: i chinos, letteralmente "cinesi", sono delle sigarette che contengono marijuana e cocaina).

Roth ha comunque sia precisato che alcuni passaggi del testo erano da interpretare solo come invenzioni dell'autore.
La canzone è stata coverizzata da decine di artisti, tra cui la decana della musica argentina Mercedes Sosa (non era del resto il suo primo confronto con il canzoniere di Páez). La versione preferita dall'autore è quella dell'amico Caetano Veloso, arrangiata dal violoncellista Jaques Morelenbaum (Páez è stato riletto nel corso degli anni da diversi altri brasiliani, fra i quali Milton Nascimento e i Paralamas do Sucesso). 

"Tumbas de la gloria" è uno dei brani più complessi del disco. Si può supporre che il testo sia stato scritto prima della musica, stretto com'è su un regolare pattern in 4/4 di archi in pizzicato e fruscio di spazzole sul rullante, in modalità jazz. All'inizio le parole precipitano in una cascata metrica che sembra del tutto scollegata dagli strumenti sottostanti, per poi rallentare e amalgamarsi al resto. Il ritornello invece, con organo elettrico a tappeto e roboanti chitarre distorte, si porta a un passo dalla scuola heartland rock statunitense. 
Il testo varia fra aforismi maturati dall'esperienza personale ("Il tuo amore ha aperto una ferita perché tutto ciò che ti fa bene, ti fa sempre male"), appunti di sofferta cronaca autobiografica come nel caso della tragica morte della nonna e della zia ("La palla sul piano in quel mattino in cui smettemmo di cantare. La morte arrivata a un tratto, spazzando via tutto, e tutto fu una forte burrasca") o la rivelazione di un amore redentore che possa attraversare il dolore e il delirio alla ricerca di un'identità personale, capace di dare coesione a passato, presente e futuro ("Qualcosa di te arriva fino a me. Da bambino avevo un giardino, ma sono fuggito verso un'altra città, ed è stato inutile perché tutto il tempo ero nello stesso luogo, sotto la stessa pelle e nella stessa cerimonia. Io ti chiedo solo un favore, non lasciarmi cadere nelle tombe della gloria").
La morte può tuttavia anche essere simbolo di metamorfosi e lascito. Sul finale del brano il cantante cita una serie di miti dell'immaginario collettivo internazionale e locale, tutti morti giovani, fra cui Jimi Hendrix, Jim MorrisonJanis Joplin, Che Guevara, Luca Prodan e Miguel Abuelo: il nastro è però mandato al rovescio, in modo che i nomi siano inintelligibili.  

"La rueda magica" (l'espressione può indicare sia una ruota panoramica, sia la ruota della fortuna), scritta insieme a Charly García, si risolve in una riflessione poetica sull'impatto della musica rock sulle loro vite:  
Un ricordo dell'Africa, un sogno con il Liverpool bar, e lei che sempre se ne va.
Una foto dei Rolling Stones, mia madre non li ha mai ascoltati e non ne ho pianto.
Giorni trascorsi ovunque, perso in una città immensa, in una ruota magica.
E lui, l'angelo della solitudine che protegge, lava e cura questo male, lui non mi abbandonerà.
Che strano fascino, un poster e una Gibson Les Paul, che non scorderò mai.
Ricordo un giorno come oggi, me ne andai via di casa per suonare rock and roll
e non tornai mai più
A supportare la voce di Páez, quelle dello stesso García e di Andrés Calamaro, una delle rockstar argentine più note a livello internazionale, il cui rapporto con gli altri due artisti si è tuttavia raffreddato nel corso degli anni a seguire.

Alla più convenzionale ballata "Creo" fa seguito "Detrás del muro de los lamentos", brano folk arrangiato insieme al chitarrista peruviano Lucho González, in duetto con Mercedes Sosa. 
La cadenza ricorre a quell'ostinazione tipica del genere, con variazioni di accordi maggiori, diminuiti e di settima minore, e una metrica di base ternaria (3/4, 6/8), come nella chacarera, ritmo originario del nord-ovest dell'Argentina, o nel valsecito peruano, come da nome, una sorta di valzer creolo, ma più rapido e giocoso dell'antenato europeo.

"La balada de Donna Helena" rappresenta uno dei momenti più sperimentali, con la ritmica latina filtrata dall'elettronica, la marimba simulata intenta in un disegno che sembra provenire da un danzón cubano, e un andamento da film mystery (ancora il connubio cinematografico fra suono e immagine) che anticipa di un paio d'anni i Portishead di "Dummy", almeno prima dello scatto hard rock che caratterizza la seconda metà. 
Il pacato jangle pop di "Brillante sobre el mic", quasi in chiusura, consente un'ultima breve sosta per rendere nuovamente tributo a Cantilo:
Ci sono ricordi che non ho intenzione di cancellare, persone che non dimenticherò, silenzi che preferisco tacere. Sono due, i volti della luna sono due. Amore, preferisco continuare a essere prigioniero di questo sole
Come a firmare con la propria voce la ricevuta della dedica pubblica, Cantilo partecipa ai cori anche in questo brano.

"A rodar la vida" sigla il gran finale, un saluto assertivo e uno scoppiettante latin rock fiatistico, con le bacchette del batterista Daniel Colombres a indicare l'entrata del gruppo. Alla chitarra partecipa Ariel Rot, fratello di Cecilia (a differenza dell'attrice, ha rimosso la "h" dal proprio cognome), membro di storiche rock band spagnole quali i Tequila e i Rodríguez. 
Oggi ho comprato riviste in metropolitana, non pensavo a nient'altro. E cosí mi sono reso conto che alla fine tutto questo è un gioco, tutto inizia sempre ancora una volta
Per il ritornello, inno da tifoseria che rimane impresso all'istante, non conviene neanche ricorrere alla traduzione, considerando anche i molteplici usi del verbo "rodar" (girare, partire, riprendere un viaggio, innescare un motore):
Y a rodar, y a rodar, y a rodar, y a rodar mi vida.
Y a rodar, y a rodar, y a rodar, y a rodar mi amor.
Yo no se donde va, yo no se donde va mi vida,
yo no se donde va pero tampoco creo que sepas vos
Il disco ottiene un successo senza precedenti non solo per Páez, ma per il rock in generale, almeno in patria: nell'ottobre del 1999 viene certificato come il secondo album argentino più venduto di sempre sul mercato interno, con 615mila copie, superato di un soffio dalla cantante folk Soledad, che raccolse 620mila copie con "Poncho al viento" del 1996. 
Tuttavia, contando che l'album di Páez si è dimostrato molto più longevo, in particolare sul mercato digitale e dello streaming, è ragionevole supporre che a oggi quel minimo distacco sia stato ampiamente colmato. Notevole anche l'impatto ottenuto nei restanti paesi ispanofoni dell'America del Sud, che l'hanno portato nel complesso a superare il milione di copie. 
Da quel momento la vita di Páez prende una piega completamente diversa, passando in sostanza da un giorno all'altro dal riempire i teatri e le arene coperte al riempire gli stadi.
"El amor después del amor" rimane impresso a caratteri cubitali nella memoria di una nazione, come sorta di summa di un intero periodo storico, un'opera ecumenica – anche considerando la variegata schiera di ospiti d'alto rango – che a tutt'oggi conta ben pochi eguali per raffinatezza sonora, pluralità stilistica e densità di simboli contenuti.

15/05/2023

Tracklist

  1. El amor después del amor
  2. Dos días en la vida
  3. La Verónica
  4. Tráfico por Katmandú
  5. Pétalo de sal
  6. Sasha, Sissí y el círculo de baba
  7. Un vestido y un amor
  8. Tumbas de la gloria
  9. La rueda mágica
  10. Creo
  11. Detrás del muro de los lamentos
  12. Balada de Donna Helena
  13. Brillante sobre el mic
  14. A rodar mi vida




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