Ennio Morricone

C'era una volta il west (Original Soundtrack)

1968 (Rca)
soundtrack

Musica e cinema compongono, fin dagli esordi del film muto (cosa sarebbero i capolavori di Charlie Chaplin se privati delle loro colonne sonore?), un binomio indissolubile, in cui è arduo stabilire quanto una componente possa donare all'altra e viceversa. Nella ormai secolare storia del cinema sono stati vari i sodalizi che hanno creato un surplus artistico, in cui il valore dell'opera finale si è rivelato decisamente superiore alla somma delle due parti. Possiamo pensare alle collaborazioni tra Werner Herzog e i Popol Vuh, tra Stanley Kubrick e Wendy Carlos, tra Federico Fellini e Nino Rota, forse anche alla più recente coppia Christopher Nolan-Hans Zimmer. Ma di sicuro la più celebre, almeno la più popolare, simbiosi artistica - nata addirittura nei banchi di scuola - rimane quella tra Sergio Leone e Ennio Morricone.

Nati nell'Italia fascista, Morricone e Leone fanno esplodere la loro creatività negli anni d'oro del nostro paese, quelli del boom economico. Sono entrambi figli d'arte, ma Leone ha la possibilità di entrare nel mondo del cinema dall'ingresso principale grazie al padre, che gli consente di entrare in contatto con i più grandi registi del neorealismo italiano. Per Morricone, invece, la strada è decisamente più in salita. Studia tromba e composizione al Conservatorio e, nonostante le ristrettezze economiche, termina gli studi nel 1960.
Non passerà molto tempo prima che la sua carriera si separi drasticamente dall'accademia: nel 1962 arrangia brani di enorme successo dei Sixties italiani, tra i quali "Pinne fucile ed occhiali" e "Abbronzatissima" di Edoardo Vianello, "Sapore di sale" di Gino Paoli e soprattutto compone e arrangia "Se telefonando" cantata da Mina. Se questa scelta potrebbe non andare incontro agli auspici del suo maestro di composizione, Goffredo Petrassi, allo stesso tempo consente a Morricone di conquistare una buona popolarità che gli schiuderà le porte nel campo della musica da film.

La coppia d'oro si compone nel 1964. Sergio Leone che si è formato, come già detto, col cinema neorealista, ha una grande passione per il cinema americano, in particolare per i western di John Ford, e per il cinema giapponese, a partire dai film drammatici di Akira Kurosawa, soprattutto "I sette samurai", capolavoro per vari versi assimilabile a un western ambientato nel Sedicesimo secolo nipponico.
La "trilogia del dollaro" - costituita da "Per un pugno di dollari" (1964), "Per qualche dollaro in più" (1965) e "Il buono, il brutto, il cattivo" (1966) - non è altro che il tentativo di far convivere i grandi spazi americani di John Ford con le tragedie epiche di Akira Kurosawa. Il risultato del binomio tra musica e cinema della coppia Morricone/Leone è qualcosa di assolutamente nuovo rispetto ai classici americani del genere e ai primi spaghetti western italiani. Siamo di fronte a un mondo nuovo, sia visivo che sonoro, che verrà saccheggiato da svariate generazioni di musicisti e registi.

Se le prime colonne sonore sono caratterizzate da una riduzione della componente orchestrale, questa diventerà via via più importante, prima con "Il buono, il brutto, il cattivo" ("L'estasi dell'oro"), quindi proprio con "C'era una volta il West", che può intendersi come la summa artistica di un periodo di creatività straordinaria della coppia Morricone/Leone.
Morricone, come sempre con Leone, compone la musica prima che il film venga girato. Conosce la sceneggiatura e segue le indicazioni del regista: scrivere una musica semplice, ovviamente tonale, con poche note facilmente memorizzabili dal pubblico, accentuando al massimo l'epica sinfonica, per accompagnare i tempi ormai estremamente dilatati del nuovo film.

I primi venticinque minuti del film sono leggenda. Nella prima metà non vi è musica, non ci sono dialoghi (se non pochissime parole). Solo vento, rumori di passi, versi di cornacchie, cigolii di un mulino che gira, ronzii di mosche, gocce di acqua che cadono in un cappello, scricchiolii di dita, ticchettii di un telegrafo, l'arrivo di un treno alla stazione. Siamo di fronte a una grande sinfonia di rumore, una colossale opera di musica concreta. Verso il minuto dodici la musica entra in punta di piedi con "L'uomo" in un sottofondo di archi alieni immediatamente interrotti da una serie di spari.
I rumori ricominciano e la scena si sposta nella casa di una famiglia di emigrati irlandesi. Le immagini sono talmente potenti che la sensazione che tutto il film possa anche fare a meno della musica è molto forte. Ma questo sentore crolla improvvisamente con l'ingresso della chitarra elettrica de "Il grande massacro", che parte nello stesso momento dello straziante primo piano del bambino irlandese (prossimo agnello sacrificale). La musica accompagna l'entrata in scena di Henry Fonda, qui nel ruolo (a lui anomalo) del cattivo assoluto, che fa il suo ingresso con altri quattro banditi come se si trattasse dei cavalieri dell'apocalisse. Leone riesce a girare la scena più violenta che il cinema western abbia mai potuto immaginare, ma è grazie al connubio con l'orchestrazione di Morricone, che le immagini si fanno straordinariamente evocative e potenti, sublimando l'epica tragica del West concepita da Leone.

Ma Leone e Morricone sanno che dietro alla violenza della nascita di una nazione si cela anche l'aspetto romantico, sottolineato magnificamente nell'aria "L'America di Jill", epifania di una città, metafora dell'avvento di un mondo nuovo e di un dolente canto del cigno del vecchio west. Jill è la memorabile protagonista femminile, interpretata da una Claudia Cardinale al massimo del suo splendore.
Armonica, tromba e chitarra e voci femminili, da sempre marchio di fabbrica del primo Morricone, esaltano brani leggendari, cesellati con meticolosa accuratezza ed effetti genialmente spiazzanti. Come in "Armonica", dove le quattro note scritte da Morricone vengono eseguite da Franco De Gemini con un'armonica cromatica in Sib, attraverso con un piccolo riverbero per farlo sembrare vagamente spettrale. In "L’uomo dell’armonica", invece, agli interventi distorti e sgradevoli dello strumento a fiato, usato dal misterioso pistolero, si aggiungono i riff stranianti e minacciosi di una chitarra elettrica, oltre a un solenne coro in lontananza.

Se a conservare il legame con le melodie eccentriche della Trilogia del dollaro è soprattutto "Addio a Cheyenne", dove un fischio dal tono scherzoso si combina con le cadenze meccaniche e ossessive degli zoccoli di un cavallo, in "Cheyenne" sono le note di un banjo a presentare l’omonimo personaggio, una sorta di romantico cavaliere vagabondo.
Anche l'approccio alla deformazione grottesca - tipico di altre produzioni morriconiane - rimane residuale, riaffiorando solo a tratti, ad esempio nello sghembo tema di “La Posada n. 1”, nell’immancabile episodio da saloon (“L’orchestraccia”) o nelle distorsioni di chitarra di “Il grande massacro”.

Ma a svettare è soprattutto la colossale title track, forse la melodia più riuscita dell'intera carriera di Morricone, che ricorre anche in altri momenti del film come, ad esempio, in "Un letto troppo grande". Caratterizzata da una semplicissima melodia iniziale, in soli tre minuti riesce a spaziare dall'essenzialità di una musica quasi da carillon a un canto lirico straziante: è l'eleganza di sparute note di clavicembalo a introdurre i vocalizzi senza parole della straordinaria soprano Edda Dell’Orso, fraseggi sensuali e malinconici, che nel film accompagnano l’apparizione sullo schermo di Jill/Claudia Cardinale, infondendo una sensazione di struggente epicità, profonda e sconfinata quanto le distese della Frontiera americana. Quindi, l'ingresso di poche di note di tromba prelude a un finale sinfonico divenuto una delle colonne sonore di un secolo, la musica da film per eccellenza della storia del cinema.

In un pugno di note e intuizioni fulminanti, Ennio Morricone racchiude l’eternità del Far West, svelando al mondo un'attitudine poetica che trasfigura la violenza della realtà e dei paesaggi in un sublime, immaginifico tessuto sonoro. Il suo sodalizio con Sergio Leone, qui forse all'apogeo, tornerà ancora al servizio del western tre anni dopo, in "Giù la testa" (con l'altro epico tema della title track), per suggellare infine il memorabile commiato del regista romano nel 1984 con "C'era una volta in America". Ma bisognerà attendere fino al 2016 per vedere premiata una sua colonna sonora con l'Oscar, in occasione delle musiche realizzate per il film "The Hateful Eight" di Quentin Tarantino.

(Contributi di Claudio Fabretti)

08/12/2024

Tracklist

  1. C'era una volta il West
  2. L'uomo
  3. Il grande massacro
  4. Arrivo alla stazione
  5. L'orchestraccia
  6. L'America di Jill
  7. Armonica
  8. La posada n. 1
  9. Un letto troppo grande
  10. Jill
  11. Frank
  12. Cheyenne
  13. La posada n. 2
  14. La posada n. 3
  15. Epilogo
  16. Sul tetto del treno
  17. L'uomo dell'armonica
  18. In una stanza con poca luce
  19. L'attentato
  20. Ritorno al treno
  21. Morton
  22. Come una sentenza
  23. Duello finale
  24. L'ultimo rantolo
  25. Nascita di una città
  26. Addio a Cheyenne
  27. Finale




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