Killing Joke1980: uno stralunato, nevrotico quartetto inglese guidato dal cantante Jaz Coleman esordisce con un disco che porta semplicemente il proprio nome, nell'affollata e caotica arena del post-punk, costruendo un sensazionale monumento a tutto il sound e la filosofia che animavano la new wave. Il terrore di fondo che muove le loro "danze moderne" è immenso, la paranoia che sprigionano capolavori come "Requiem" e "Bloodsport" li fa entrare seduta stante nella leggenda. Ma gli anni passano, i gruppi che partono dalle tue intuizioni si fanno tanti e variegati, e in molti casi superiori al maestro (è il caso dei Ministry, che ai Killing Joke devono non poco della loro evoluzione e metamorfosi "rockettara" di fine anni Ottanta). E così il maestro, superato dall'allievo, si trova relegato per troppo tempo nel dimenticatoio. Destino comune a tanti gruppi che esordirono in quegli anni e in quel contesto, come ad esempio i Wire. Questi ultimi però hanno tirato fuori dal cilindro una inattesa resurrezione quest'anno con il bellissimo "Send", disco di miracolosa modernità ed energia. Chissà che anche i Killing Joke…
"Killing Joke 2003": ed eccolo qui davvero, e chi se l'aspettava, è il caso di dire. Jaz Coleman (voce) e Geordie Walker (chitarra), superstiti della formazione originale, a sette anni di distanza dalla loro ultima fatica ("Democracy", passato pressoché inosservato), provano a risorgere dalle loro ceneri facendosi aiutare da Andy Gill dei Gang Of Four in veste di produttore e dal prezzemolino Dave Grohl alla batteria (sempre ottimo, comunque). Operazione di ripescaggio riuscita come per i Wire? Non proprio. Infatti, se la produzione sopraffina - e un po' manierata - di Gill rende ogni singolo suono esplosivo eppure perfettamente calibrato, se il gruppo si dimostra ancora capace di liberare con assoluta nonchalance una carica di viscerale potenza, e se un brano programmatico come "Death And Resurrection Show", posta in apertura, si dipana per sette minuti in uno spettacolare assalto frontale senza perdere un colpo, oppure un altro come "Implant" si distende in un terrorizzato quanto elegante heavy-metal dal sottotesto tecnologico e inquietante pregno dei vecchi sapori new wave, ogni brano si porta dietro troppi, ma davvero troppi, debiti verso Helmet, Ministry e compagnia.
Proprio vero che anche il rock è una ruota che gira continuamente su sé stessa: dopo tanti anni di silenzio, alla ricerca di un sound che sappia ancora travolgere l'ascoltatore, i maestri si ritrovano costretti a imitare i loro allievi. In brani come "Total Invasion" certo fa un gran piacere sentire Jaz Coleman intento a mugugnare il suo grido di allarme, minaccioso e disperato come ai bei tempi. Ma quei riff "programmati" e marziali, che vanno a creare quel suono saturo e deflagrante di un esercito di chitarre metal disposte in formazione d'assalto, quante volte l'abbiamo sentito fare, e meglio, dai Ministry? Troppe, direi, dato che lo stesso progetto di Al Jourgensen ormai gira a vuoto su sé stesso da troppi anni, incapace di rinnovarsi in maniera decisa. Per i Killing Joke, il discorso è comunque diverso: la loro rabbia si sublima sporadicamente in apoteosi devastanti come "Asteroid" (forse il miglior brano del disco, perlomeno quello più diretto ed efficace, nonostante sia forse il meno originale in assoluto), ma la violenza non riesce mai a farsi realmente destabilizzante, e le canzoni restano bloccate e incapaci di andare oltre il proprio spunto, trovandosi il più delle volte a girare a vuoto sopra le stesse idee.
Presi singolarmente comunque, la maggior parte dei brani sono certamente apprezzabili (e "You'll Never Get Me" è l'unica che prova davvero a dire qualcosa di nuovo), e alla fine si prova una strana sensazione, misto di inevitabile delusione e sconfinata ammirazione e rispetto per il coraggio e l'onestà di ripresentarsi sulle scene senza scendere mai al minimo compromesso. Delusione però che non è certo cocente, anzi forse nemmeno dipende tanto dal disco in sé: perché il disco, al di là dei suoi limiti, è estremamente godibile. La delusione dipende probabilmente dal fatto che una volta saputo che i Killing Joke erano intenzionati a riprovarci, alla luce anche di quanto fatto quest'anno dai Wire, le aspettative erano grandi.
"Killing Joke 2003" non è perfetto, tutt'altro, ma gli vogliamo bene lo stesso: l'importante è esserci di nuovo.
28/10/2006