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I Liars hanno classe da vendere, e con questo album ce lo confermano in maniera ineccepibile. Il secondo frutto della premiata ditta è più torbido, denso, disordinato e scuro del suo predecessore, che dal confronto esce (a mio umile parere) quasi polverizzato. Questo è meno prevedibile, meno chitarristico, meno "pop", meno ammiccante. Più nervoso, più scazzato, più difficile, più confinante con un’idea di "rock free-form" contemporaneo, con tutti i revivalismi del caso. Una dimostrazione palese, lo ribadisco, di classe. Quella che viene fuori quando potresti raccogliere gli stessi frutti e fiori che hai seminato e invece decidi di modificarli geneticamente per farne delle piante carnivore. O quando decidi, ora che hai imparato a nuotare, di buttarti in una pozzanghera melmosa anziché in una piscina da rockstar.
Dopo queste metafore da critico rock, dirò una cosa scontata che altri (cioè Beppe Recchia su "Blow Up") hanno scritto prima di me e con cui sono totalmente d’accordo: se "They Threw Us…" era una sintesi del suono wave più vicino al funk tagliente dei Gang Of Four, questo "They Were Wrong" è una decisa svolta verso territori più straniati, vicini a certe suggestioni industriali e pure al dub, roba da Pop Group o This Heat.
Se proprio volete che mi dilunghi, metterò l’accento sulla personalità di un gruppo che se già all’esordio stupiva per carisma, ora giganteggia per sfrontatezza e attitudine, permettendosi di:
1) iniziare il disco con un pezzo lungo sei minuti fatto di batterie balbettanti, strati di ronzio e vocalità indolente e idiota;
2) proseguire, tanto per mettervi a vostro agio con due o tre minuti di rumore sbragato, ossessivo e serrato;
3) ripensare se stesso e il proprio stile, fino a farlo diventare qualcos’altro (il singolo "There’s Always Room on the Broom", che fa da collegamento col passato ed episodi sballati come "If You’re a Wizard…" o "They Took 14…" a tessere inusuali trame industrial-pop-dark);
4) chiudere spiazzando con un ballatone tetro per voci e organo, e qualche minuto di "uccellini nel bosco".
Poco altro rimane da aggiungere, inutile dilungarsi un disco che oltretutto flirta con i ritmi (dritti, storti, pari e dispari), l’elettronica da due soldi (anzi, uno, in "They Don’t Want Your Corn..", che batte gli El Guapo al loro stesso gioco), il rumorismo, il pop, il rock, il cazzeggio, sotterrando tutti i gruppi della "nuova new wave" (Ex Models esclusi).
Questa - tanto per finire con un po' di retorica - è Musica, come dovrebbe essere il 70 per cento della musica nel mondo dei miei sogni, musica che riesce a essere tanto ricca di carattere e personalità da cancellare tutti i discorsi su revivalismo, influenze, ispirazioni e quant’altro.
Chiusura spocchiosa: "They Were Wrong…" non è certo un disco perfetto, ma svetta in maniera così evidente su molte mediocri uscite contemporanee da meritarsi il (quasi) massimo dei voti.
19/12/2006