Avvolgente e attonita prova di forza amorosa da parte del duo di Baltimora, Maryland, Alex Scally (a chitarra e tastiere) e Victoria Legrand (canto e organo), che bissa qui il già esemplare esordio omonimo dell'ottobre 2006.
L'avvallo invernale è mimato dalla fragilità e dalla sfibrata lirica sentimentale e si cura in vampate blues, in un velluto di luce dream-pop.
Spiazza non poco l'ardente e tenue alone di trame strumentali, come ardito romanticismo rinsavito, intenso e vestito in sgargianti cromature fuori moda. Che sparge con premura e inquadra oniriche un gruppo di canzoni antiquate, spaesate e dolci, adorne d'un fascino remoto d'ingombrante avvenenza, rigonfiando ogni cosa di valori luministici di classica, eccedente intensità.
"Devotion" appare come un sortilegio immaginoso fuori tempo, ritorno di fiamma di una magia in disuso. Nella sua fluente, istintuale individualità, Beach House suscitano e richiamano alla mente le gesta di semidei andati, combinando memorie di Mazzy Star e Galaxie 500, Silvania e Sugar Plant, la cui arte chimerica e psicologica seppe negarsi ai limiti dello spazio, oltre il transitorio, fino alla trascendenza.
Stormi di delicati cori misti come eco del Tempo perduto scendono e rifrangono su vertiginosi manti di tastiere e strumenti in riverbero. Chitarre delay, fiochi effetti fuzz, magnetici chiarori dream arroccati entro soffici e vistosi wall of sound, evolvendo moltiplicano il desiderio, avviluppano l'ambiente di tante piccole mani carezzevoli.
Senza soluzione di continuità scorrono soavi questi richiami, ritentive beatlesiane; la spiritualità strumentale di David Gilmour soffia pungente sulle delicate sfumature tonali di Victoria, nelle tinte quasi fiamminghe di "You Came To Me" e "D.A.R.L.I.N.G.".
Tra radi litorali e scaglie di specchi scorre e danza l'energia umana. Mirabile in questo contesto la cover di Daniel Johnston "Some Things Last A Long Time" (dall'album "1990").
Un'acuta, errante naturalezza si arresta in un istante di durata eterna. Il candore primigenio da gruppo vocale anni 50 plana su "Wedding Bell", "Turtle Island" sino alla tormentosa, devastante "All The Years" inibendosi poi su "Heart Of Chambers" e sulle policromie volubili di "Gila"; fosse sfumata nell'abisso infinito di un fade-out... ma va bene così, "Devotion" è già più d'un mezzo classico.
05/01/2008