MGMT

Oracular Spectacular

2008 (Columbia)
elettro-pop, psichedelia

Si sta facendo un gran parlare in rete di questo nuovo gruppo costituito da due simpatici e giovani freakettoni originari del Connecticut. L’esordio discografico è stato da poco distribuito in Europa e, dopo aver ottenuto ottimi riscontri in Inghilterra (forte anche del supporto mediatico fornito dall’Nme), l’”oracolo” si appresta molto probabilmente a conquistare le più importanti ribalte internazionali, aiutato anche dalla spinta promozionale di una major consolidata come la Columbia.
La produzione del lavoro è stata affidata ad un veterano del pop indipendente statunitense, vale a dire Dave Fridman, e questo è già un primo e fondamentale indizio: bene o male infatti, l’ombra frastagliata dei Flaming Lips aleggia su tutte le canzoni dell’album e la formazione capitanata da Wayne Coyne rimane senza dubbio uno dei referenti più immediati di questo gruppo, soprattutto a partire dai numerosissimi richiami alla psichedelia vaporosa e sognante dei medi Sessanta.

La principale novità di tutta l’operazione risiede tuttavia nelle sfumature apertamente elettro-pop che questi MGMT (da leggere: “Management”), riescono a innestare all’interno di un tessuto sonoro di per sé animato, come detto, da un spirito vivacemente psichedelico e neo-freak. I Klaxons e tutto il roboante arsenale scenografico (ai limiti della pacchianeria) del new rave incontrano così gli slanci visionari delle comuni folkeggianti appiattate nella polverosa suburbia newyorkese, da Devendra Banhart e Akron/Family fino a Animal Collective e Panda Bear (visibilmente richiamato anche nel retro di copertina del disco).

La prima metà dell'album è quella in cui tendono a prevalere i pezzi più ritmati e dalla maggiore propensione dancereccia. A spiccare sulle altre sono soprattutto l’ormai famosa “Time To Pretend”, con un giro di synth davvero irresistibile (e papabile per qualche remix di grido) e “Kids”, ancora più contagiosa (se qualche agenzia di pubblicità per disgrazia si accorge dell’esistenza di questa canzone, i nostri rischiano sul serio di diventare miliardari…). Anche se il pezzo più estremo è “Electric Feel”, in cui si assiste a un vero e proprio cortocircuito temporale in cui Chic, Prince, Rod Stewart e Michael Jackson si mettono a jammare, fingendo di essere i Bee Gees, dopo aver bevuto (o ingerito) qualcosa di molto ubriacante. A partire da “4TH Dimensional Transistion” il disco imbocca un binario più mistico e salmodiante, e il suono si arricchisce di digressioni dal tenore vagamente orientaleggiante e parentesi folk dal piglio più rarefatto e sfuggente, che finiranno con il far apprezzare questo prodotto anche a chi si è sempre tenuto scrupolosamente alla larga dal clubbing notturno (come il sottoscritto).
E il segreto in fondo sta tutto qui: suonare la chitarra alle fermate della metropolitana e al contempo ballare sui tavolini del Billionaire con gli zatteroni allacciati al collo, voler essere Syd Barrett e al tempo stesso Freddie Mercury (e in “Of Moons…” quasi ci si riesce).

A voler allargare lo sguardo (e lo spettro) critico sulle nuove tendenze della musica attuale, si inizia forse a capire che la cifra caratterizzante di tanta musica “giovane” di oggi è la trasversalità, il totale menefreghismo per divisioni di genere, di scuola, di tradizione, tutto ha lo stesso valore, tutto si colloca su un piano di completa simultaneità, niente è davvero passato, niente è del tutto presente. Finché i risultati sono questi, non ci si può certo lamentare.

23/04/2008

Tracklist

  1. Time To Pretend
  2. Weekend Wars
  3. Youth
  4. Electric Feel
  5. Kids
  6. 4th Dimensional Transition
  7. Pieces Of What
  8. Of Moons Birds And Monsters
  9. Handshake
  10. Future Reflections

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