Julie Doiron

I Can Wonder What You Did With Your Day

2009 (Jagjaguwar)
alt-rock, folk, lo-fi
6.5

Sgombriamo subito il campo da eventuali equivoci: a vederla così, col vestitino liso, stazzonato o semplicemente fuori moda, coi capelli scarmigliati o tagliati alla maschietta, sembrerebbe un’ energica e sbarazzina Gianburrasca dell’indie-rock, una delle tante aspiranti “wanna be Catpower”.
Quando invece è tutto il contrario. È Julie Doiron, trentasettenne canadese di origini acadiane, lei stessa un’istituzione del cantautorato femminile overseas sospeso fra cosmetica (post) punkette e melodismo lo-fi. Ventesimo anno di carriera, quello che viene, più di dieci album incisi a suo nome, animatrice più o meno estemporanea di vere e proprie leggende nazionali come gli Eric’s Trip (con cui in periodo di grunge calante firmò per la Sub Pop), Wooden Stars o The Tragically Hip, nonché titolare di due eccellenti split con Okkervil River e Mount Eerie. In pratica, scusate le maniere spicce, la presentazione di una che non avrebbe bisogno di presentazioni.

Il nuovo “I Can Wonder What You Did With Your Day”, che segue a distanza di due anni l’apprezzatissimo “Woke Myself Up” (che in patria contese agli Arcade Fire il titolo di disco dell’anno), non si allontana molto dal seminato stilistico della sua autrice: frugalità acustica screziata da occasionali ascessi di distorsione (qui prevalenti rispetto al passato recente), storytelling arioso, sorridente e delicato anche quando prende di petto questioni private o dolorose, quasi un’ “Amelìe” del sottobosco alternativo, la scrittura spartana ma sempre incisiva di chi è abituata a dire tanto con poco, la produzione casalinga affidata, com’è consuetudine, al compagno di lungo corso Rick White (già chitarrista degli Eric’s Trip).

Tra sonetti folkie in pochi sorsi (“Life Of Dreams”, “Nice To Come Home” e “Glad To Be Alive”), escursioni brulle ed elettriche (“Spill Yer Lungs”, “Consolation Prize”) e vie di mezzo fra le due cose (la più riuscita: l’altalenante “Heavy Snow”), nella cornice di un bricolage mignon che raramente sfiora di tre minuti, si segnalano la psichedelia silvestre (tutta chorus, delay e riverberi) di “Blue” e lo scattante passo indie-billy di “Tailor”.

God Bless Canada.

27/03/2009

Tracklist

  1. The Life Of Dreams
  2. Spill Yer Lungs
  3. Lovers Of The World
  4. Tailor
  5. Heavy Snow
  6. Nice To Come Home
  7. Consolation Prize
  8. Je Le Savais
  9. When Brakes Get Wet
  10. Borrowed Minivans
  11. Blue
  12. Glad To Be Alive

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