Sono refrattario al potere del martellamento televisivo. O così mi piace credere. Eppure con "We Are Golden" ci sono cascato come una pera cotta. Mi è bastato sentirne mezza volta il killer-ritornello per fiondarmi su Google a scoprire titolo, autore, data di uscita dell'album.
Scopro che per il disco completo mi toccherà aspettare. Mi adeguo, accontentandomi del singolo e lasciandolo in loop per giorni. Fortunatamente, il pezzo è abbastanza tanto da occupare bene il tempo: tre ritornelli diversi, bridge, parti corali e produzione che più enfatica non si può. E un remix-bomba a nome Calvin Harris.
Poi arriva l'album. Dodici canzoni + due bonus track. Tra Elton John, Scissor Sisters e "Let Me Live"/"The Miracle", per farla breve.
Niente gay pride, però. L'anima dei pezzi è una fantasia limpida, pre-adolescenziale che non conosce atteggiamenti provocanti. "Toy Boy" - una filastrocca tutta svolazzi orchestrali - rispolvera l'eleganza del sunshine pop. Ma soprattutto narra la parabola tragica di un pupazzo di pezza, metafora della crescita del suo padrone. E il falsetto, onnipresente, è solo un guizzo leggero e disinvolto. Un colore in in più per una tavolozza camaleontica.
La scaletta gioca con la dance più festaiola ("Blame It On The Girls", "Rain", "One Foot Boy"), azzarda frivolezze sudafricanestile Paul Simon ("Blue Eyes", un po' offuscata dalla patina produttiva), sfodera perfino qualche lento da boy-band ("I See You", "By the Time"). Senza mai snaturarsi o dimenticare la passione per la forma-canzone nella sua completezza: strofa, pre-chorus, ritornello, bridge...
Il re del disco è il pianoforte, estroso e scintillante. "Good Gone Girl", "Lover Boy", "Dr. John" sono infilate di accordoni semplici ed esuberanti, girandole bandistiche, coretti un po' Queen e un po' Beach Boys. Sgargianti e piacevolmente retrò.
Mika, 26 anni, libanese naturalizzato inglese, è solo al secondo album. Ma le sue melodie vulcaniche e fulminanti sono già un classico.
01/10/2009