Il primo album come Yusuf “An Other Cup” non ha certamente riconciliato Cat Stevens con il suo pubblico. La freschezza e la genuina vena naif erano state annullate da un tono greve ed eccessivamente compassato. Nel realizzare il secondo comeback album l’artista ha riascoltato una serie di dischi degli anni 70 nel tentativo di recuperare la verve compositiva che lo rese celebre.
“Roadsinger” realizza la continuità stilistica che era latitante nel precedente album, la voce è di nuovo sicura e brillante, le ombre di “An Other Cup” sono presenti solo nei testi, che restano ricchi di simbolismo e spiritualità, seppur a volte leziosa, e la presenza di un paio di canzoni da ricordare rende il tutto degno di nota.
Tenacemente costruito nel tentativo di rievocare il passato, l’album si tinge di nuove allegorie prive di ingenuità che corrodono sia i testi che la musica, ma la classe dell’autore, stimolata da un’autentica e ritrovata voglia di comunicare se stesso, riesce a offrire alcuni momenti di delizioso deja-vu.
Poco più di 30 minuti che catturano l’attenzione nella triade iniziale, ma alternano alcune banalità a spunti lodevoli.
L’iniziale “Welcome Home” avvolge e conforta, esibendo anche uno dei testi più riusciti, una lucida descrizione dell’erosione dei valori nella società moderna, ma è “Thinking Bout You" la più riuscita rilettura di se stesso che realizza Yusuf, una brillante linea pianistica per una leggiadra ballata.
Nei momenti più sobri e malinconici, Yusuf mostra maggiore influenze di musica classica e sinfonica, a volte rendendo il suono troppo greve, come in “The Rain” e nella noiosa “All Kinds of Roses”, ma anche con risultati interessanti in “Be What You Must”, che cita la sua “Setting”, innestando cori e musica colta con gusto e brio.
Da citare ancora “Every Time I Dream”, un blues alla Clapton con un anomalo arrangiamento di fiati, la delicata “This Glass World”, intensa e spirituale tanto da ricordare il primo Tim Buckley, e infine la title track “Roadsinger”, frutto di una maggiore attenzione al songwriting di scuola americana, che realizza la difficile calibratura tra un testo da troubadour multietnico e una sonorità on the road non banale. Stranamente fuori dal disco la chiacchierata “Boots & Sand” (con Paul McCartney ai cori), il cui video, realizzato dal figlio di Bob Dylan, è stato incluso nella limited edition.
Non è un album capace di rievocare i suoi classici, “Roadsinger”, ma un progetto sentito e riuscito: Yusuf sembra destinato a non entrare nel catalogo dei vecchi musicisti imbolsiti e incapaci di andare oltre un mainstream da supermarket.
11/05/2009