Fabio Zuffanti

La foce del ladrone

2011 (Long Song)
songwriter

Già fondatore di numerosi act del neo-prog italico (Finisterre, La Maschera Di Cera, Aries, oltre agli sperimentali Quadraphonic, Hostsonaten, Rohmer e Lazona) e autore della rock opera "Merlin", il genovese Fabio Zuccanti lancia la carriera a proprio nome nel 2007.
Il suo primo Ep, "Pioggia e luce" (Marsiglia, 2007), è una raccolta di incubi sfocati e mottetti a metà tra l'astratto, l'ermetico e lo sconsolato, arrangiati nudamente (con tanto di tape music nella title track), quasi un remix ambientale (e Wyatt-iano) di Lucio Battisti in "Ottobre", mentre la voce non canta ma "emette" fili di voce che più che altro dissonano ("Ruggine") in queste canzoni-feto. "Deserto", posto in chiusa, è quindi un vero e proprio microorganismo musicale (puri gemiti vocali in radi battiti techno e lande ambientali).

Il primo album è "Fabio Zuffanti" (AMS, 2009), nel quale abbandona di quel tanto la claustrofobia lo-fi, e risulta anche più originale nel disporre quei lacerti nella sua personale messa. Sono così presenti: un bel tema introduttivo, il puzzle neo-classico di "Le piante sott'acqua", nuovi mottetti a due passi dall'haiku giapponese ("Dormono", con loop e glitch digitali che si fanno e si disfano in continuazione) e brani impossibili come "Cuoci bene" e "Sentieri nel ghiaccio". Il seguito, "Ghiaccio" (Mellow, 2010), è appena più lineare negli argomenti delle liriche e nella forma (testi comprensibili, voce limpida), ma non meno affascinante nella confezione, ancora cubista, quasi aliena (l'incubo del caso, "Guardiamo dentro la scatola", e un nuovo requiem alla Wyatt, "Due sonetti davanti al Just Cavalli").

Il successivo "La foce del ladrone", purtroppo, non continua su questa linea, preferendo adagiarsi su un tranquillizzante suono vintage più proprio dei cantautori italici di retroguardia. Il ricalco del classico del pop italico di Franco Battiato non sta solo in titolo e artwork, ma anche nella sostanza musicale, che il musicista riprende in almeno tre casi. "1986" è la sua "Summer On A Solitary Beach" (come da sottotitolo, cfr. tracklist), "Lunar Park" riprende "Gli uccelli" (ma calca la vena barocca nella linea degli archi) e "It's Time To Land" è un "Sentimento Nuevo" sotto mentite spoglie (come quella smaccatamente pop, ma qui autoreferenziale, e con una coda velatamente psichedelica).
Due canonici lenti piano-archi ("Se c'è lei" e "Capo Nord") appesantiscono il fluire delle canzoni, che qua e là annoverano almeno qualche tocco un po' più anticonformista (il fuzz di "In cantina", che per il resto plagia gli Stadio, e la staffetta tra mellotron e organetto sardonico di "Musica strana").

Disco di pose, più che di citazioni (come i titoli "It's Time To Land" e "Capo Nord", mutuati da Sorrenti e Alice, o il coro di "Musica strana", ispirato a "Non mi rompete" del Banco), bloccato dalla retorica che torna a se stessa, dalla didascalia e da una poco spontanea forma-canzone semidemenziale che attesta uno sfilacciato genius poetico.

18/05/2011

Tracklist

  1. 1986 (On A Solitary Beach)
  2. Musica strana
  3. Se c'è lei
  4. Lunar Park
  5. Una nuova stagione
  6. In cantina
  7. Capo Nord
  8. It's Time To Land

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