Sulla pagina Wikipedia degli Oh No Oh My spicca questa frase: "La band ha recentemente ottenuto visibilità sui giornali quando a uno dei loro fan è stato impedito di entrare al Six Flags di San Antonio poiché indossava una t-shirt che mostrava due ragazze che si cibavano di bambini". Sorte crudele venir ricordati per così poco, eppure i quattro di Austin (tutti polistrumentisti) paiono non aver perso il senso dell'umorismo, quello che li ha spinti a cancellare i punti esclamativi dal proprio nome "per evitare confusione".
Per quello che intendono, nonostante tutto, come il loro "primo disco" - dato che l'esordio omonimo, targato 2006, non era che un frettoloso accorpamento della loro prima produzione casalinga - gli Oh No Oh My mirano in alto, dal punto di vista della produzione, ma non solo.
Il piano programmatico dei Nostri è infatti più ambizioso di quello che si potrebbe pensare dall'abito - a volte quasi dimesso - indossato: gettare un ponte sull'oceano, connettendo l'emozionalità collegiale dei grandi gruppi del pop alternativo a stelle e strisce (Nada Surf, Death Cab For Cutie) con la delicatezza melodica della tradizione britannica (dai Beatles ai Belle And Sebastian, passando per il britpop).
"People Problems" mischia quindi il trasporto primitivo, infantile del cartoon à-la Counting Crows di "So I Took You" con le finezze retro-pop (con tanto di gustoso hammond e di corredo d'archi) di "No Time For Talk", intersecate con il ritornello da pub. Oppure si assiste a strane commistioni, come in "Should Not Have Come To This", in cui sembrano impersonare gli Shins mentre si scambiano il biglietto da visita coi Travis. Il tutto avviene con impressionante naturalezza, con una capacità di sintesi che può venire solo da un'abilità di composizione non comune (a volte quasi esagerata, come in "There Will Be Bones"). Il tutto viene convogliato, poi, da una forza d'esecuzione (esplosiva in una "You Were Right" che sembra presa di peso da "The Weight Is A Gift", opera forse più importante dei già citati Nada Surf) che permette loro di superare anche i momenti d'impasse più stucchevoli, come nell'esemplare cambio di marcia di "I Don't Know".
Le registrazioni, avvenute nell'arco di otto mesi principalmente negli studi Public Hi-Fi di Austin, sono terminate nel maggio dello scorso anno, lasciando diversi mesi di post-produzione a far sedimentare un lavoro davvero curato nei particolari. Arrangiamenti per archi dal gusto d'antan, grandi pennellate romantiche come in un film di Frank Capra (sempre, allo stesso modo, in un tono di svagata leggiadria), un lavoro ritmico che tiene "People Problems" sempre sulla corda, minuziosi ma sporadici ricami di chitarra e non solo.
La ballata vagamente eelsiana di "Brains", col suo crescendo che si fa quasi barocco nel finale, porta in dote, dallo scheletro di acustica e batteria, archi e pianola; dalla sponda ritmica di "Walking Into You", si possono osservare i movimenti subacquei di una fauna ittica colorata e sintetica. Oppure, più semplicemente, si può apprezzare la grande costruzione chitarristica di "Summerdays", i suoi cambi di ritmo, che scorrono con naturalezza che si direbbe "fisiologica".
"People Problems" è, insomma, tante cose insieme: questo lo rende vivo, un oggetto splendente da ogni angolatura.
04/02/2011