Mago delle tinte pastello, prestigiatore dei sentimenti, illusionista del cuore: non finirebbero mai le qualifiche stregonesche di Mike Kinsella, da anni camuffato sotto il pastrano a nome Owen. Ormai contrassegnato da segni distintivi inequivocabili - i delicati arpeggi di acustica, distesi sulla voce appena increspata di Mike - il cantautore americano ha dalla sua una carriera troppo onorata per abbandonarsi lentamente a una produzione di maniera.
Con questo "Ghost Town", suo sesto disco, Kinsella rinserra le fila del proprio cantautorato, inarcandolo all'insegna di una varietà strumentale di grande estro, di arrangiamenti e composizioni memori del suo passato math (American Football) ed emo (Cap'n Jazz, che si sono riuniti giusto l'anno scorso).
Un disco talmente ricco da esaltare la mano degli ingegneri del suono di Oldham e Iron And Wine, anche se i nomi citati non potrebbero essere più lontani dalla strada scelta da Kinsella, in questo "Ghost Town" in particolare. Scorci math, appunto, nell'epica - per una canzone di Owen - "No Place Like Home" e nel pop alla Death Cab For Cutie di "Everyone's Asleep In This House But Me", per un disco votato decisamente all'acustico, dopo le escursioni anche elettroniche del precedente "New Leaves".
La più convenzionale, decisamente reminiscente dello struggente "At Home With Owen", è la canzone dedicata alla figlia di Kinsella ("O Evelyn..."), la cui recente nascita è un po' il perno intorno al quale si snodano i temi di questa "città fantasma" di Owen, estendendosi da una trasfigurazione-florilegio della maternità ("Mother's Milk Breath") al rapporto col padre scomparso ("You know I'm still pissed after a life tempestuous/ Unless you can rise from the dead, I'll die like this", canta il Nostro in "No Language").
Fantasmi, presenze la cui esistenza ancora irrisolta aleggia intorno alla vita di Kinsella e che riempiono le pagine dell'album, agitandone le acque in moti inaspettati ma controllati, anche quando tutto sembra stridere in un sussulto che sembra abbracciare vivi e morti (la distorsione dell'assolo finale di "Everyone Is Asleep In This House But Me").
Dentro a questi straripanti sentimenti, a questa sorta di resa dei conti sentimentale, Owen incrocia saldamente su rotte di sogno e improvvisi addensarsi di nubi; di questo carattere ondivago della meteorologia del disco è emblema "I Believe", che parte in forma di mantra e si accende di una tempesta elettrica nel suo bel mezzo.
In "Ghost Town" Mike Kinsella si distanzia insomma dall'immagine di cantautore sensibile e dimesso, che cominciava ormai a "precederlo" in modo preoccupante, soprattutto a seguito dello scorso "New Leaves". Con un balzo di intensità forse inaspettato, il Nostro riesce invece a illuminare una carriera di acuita personalità, che gli prefigura un futuro cantautorale ora assai più promettente.
10/11/2011