Questo è un uomo in pieno possesso delle sue doti, che guarda allo spettacolo e alla bellezza della vita con la chiarezza e la semplicità che sono doni del tempo.
(
Elvis Costello)
Paul Simon ha festeggiato quest'anno settanta primavere. Un bel traguardo, e la molla che ha avviato una serie di ristampe del suo corposo catalogo solista (ora trasferitosi presso la Sony, sotto lo stesso ombrello degli storici album di
Simon and Garfunkel) che andrà avanti con un'edizione deluxe di "
Graceland" annunciata per il 2012 e anche per le registrazioni di un nuovo album ben accolto dalla critica (Rolling Stone lo considera uno dei migliori dell'anno che sta adesso per concludersi) e dal pubblico.
Siamo di fronte a un artista che ha lasciato un'impronta indelebile nel pop a stelle e strisce del secolo scorso, che assai di rado ha inquinato il proprio repertorio con dischi poco riusciti (non gli andò benissimo con il musical "The Capeman") e che, al contrario di altri colleghi, ha sempre qualcosa di interessante da dirci e non si è mai rifugiato nelle cover come
Rod Stewart o James Taylor. Semmai sono stati gli altri ad attingere dal suo songbook (
Annie Lennox riprese la sua "Something So Right" in "Medusa") o ad ispirarsi al suo stile (i
Vampire Weekend). Magari avremmo fatto a meno di qualche antologia di troppo - compresa l'ultima, "Songwriter", che mette sì in luce la sua crescita artistica e il suo dono per un efficace
storytelling ma al costo di lasciare fuori alcuni "cavalli di battaglia" (uno su tutti "50 Ways To Leave Your Lover").
"So Beautiful Or So What" raccoglie dieci nuove canzoni (una delle quali è un breve bozzetto strumentale) ed esce a cinque anni di distanza da "
Surprise". Si distingue dal suo precedessore sia per le scelte in termini di produzione (questa volta c'è Phil Ramone, che di Paul Simon già supervisionò "Still Crazy After All These Years") sia nella scrittura, che qui è più tradizionale. Il cantautore infatti ha dichiarato di essere tornato a comporre con la penna e la chitarra dopo le brillanti contaminazioni con la
world music e gli elaborati
soundscapes di
Brian Eno, ma questo non significa tuttavia che quanto di buono (se non di ottimo) è stato fatto negli ultimi venticinque anni sia stato azzerato. Anzi. Il nuovo album è semmai un compendio di quello che Paul Simon è ancora capace di fare, con estrema naturalezza, senza dover dimostrare alcunché e senza rincorrere a tutti i costi le mode per sentirsi ancora "rilevante". E cioè scrivere canzoni, dare vita a personaggi attingendo dalla realtà, alternando tinte vivide e tenui.
Questa volta nel
carnet degli argomenti entrano richiami religiosi e riflessioni sulla vita e sulla morte (già l'immagine in copertina, un Dna stilizzato, è un manifesto d'intenti). Laddove le ambizioni sono maggiori sul versante dei testi, la trama sonora si rivela più scarna ed essenziale - il basso qui è pressoché assente - e la musica respira, disadorna, per accompagnare al suo meglio la voce di Simon. E se è vero che un brano come "Love And Hard Times" (in cui il Nostro immagina un dialogo tra Dio e Gesù Cristo, scesi sulla terra per un sopralluogo) è un ritorno alle eleganti atmosfere di "Hearts And Bones", "Getting Ready For Christmas Day" è costruita su un suono particolare e la voce campionata del Reverendo J. M. Gates da un sermone del 1941, intitolato proprio come la canzone. Altrove compare qualche timido
sample da vecchi dischi gospel e blues, ma per il resto è senza dubbio un "classico" disco di Paul Simon.
Chi l'avrebbe mai detto che anche alle porte dell'aldilà avremmo a che fare con la burocrazia e le interminabili file agli sportelli? "You got to fill up a form first, and then you wait in the line", canta con insolita ironia l'artista in "The Afterlife" (il secondo singolo estratto). "Dazzling Blue" è un caldo segno dell'amore per la moglie Edie Brickell, avvolto in una girandola di colori ("Blu scintillante, rose rosse, lino bianco per il nostro letto matrimoniale"). C'è posto anche per le domande da porre agli angeli e a un sentito omaggio alla figura di Martin Luther King nel brano che dà il titolo all'album.
Più a fuoco rispetto a "You're The One", "So Beautiful Or So What" è un disco che si assapora a piccoli sorsi. La produzione di Ramone è aggraziata e funziona, mentre il
mastering "moderno" di Greg Calbi a tratti finisce per appiattire le necessarie e salutari
nuances di un lavoro così intimo e poco orientato alla fruizione radiofonica. Echi di splendide canzoni del passato come "René and Georgette Magritte With Their Dog After The War" riemergono di tanto in tanto, anche se a volte si ha l'impressione che Paul Simon abbia dato più peso ai testi che alle melodie, che in qualche caso scivolano innocue. Ciononostante, nel dodicesimo album dell'artista del New Jersey c'è ancora un buon numero di assi nella manica. Quel che manca è un pizzico di follia.
15/12/2011