Enzo Avitabile fa parte di quella schiera di artisti, più nutrita di quanto si pensi, con i quali il pubblico italiano, audiofilo o meno, mantiene un "conto aperto". Pur avendo in passato dimostrato di essere un musicista più che valido, apprezzato anche all'estero, per quella sorta di idiosincrasia che non gli permette di "scendere a patti" con le mode e il mercato (nel 1994 la Emi praticamente lo licenziò per essersi rifiutato di andare a Sanremo), finisce per lunghi periodi dimenticato... ma poi, all'improvviso, ritorna. E per lui, magicamente, sembra che trent'anni non siano passati affatto.
La storia artistica e personale di Avitabile è molto curiosa, a tratti schizofrenica; nasce dalla musica classica (diplomato in flauto al S. Pietro a Majella di Napoli) per approdare al blues partenopeo (suona il taramblù nei primi storici dischi di Pino Daniele), vira verso il funk e il soul (ancora oggi è, con Pavarotti, l'unico italiano ad aver duettato dal vivo con leggendario James Brown) per scoprire, infine, il folklore popolare, il worldbeat e la poesia civile. Su ampie porzioni di questa carriera, il regista premio Oscar Jonathan Demme ha girato una docu-fiction che sarà presentata alla prossima Mostra del Cinema di Venezia, "Enzo Avitabile Music Life".
L'avvicinamento di Avitabile al folklore partenopeo e al worldbeat avviene nei primi anni 90: dopo l'incidente con la Emi, Avitabile decide di ripartire da Totò, il principe attore attorno al quale s'è inevitabilmente aggrappata la napoletanità del Novecento, con i suoi pregi e i suoi difetti, con le sue gioie austere e rituali e le sue tragedie ridicole.
Ma la visione del folklore che ha Avitabile è sempre mediata dalla musica nera che proviene dagli Usa. Del resto, il ritmo è la struttura ossea e nervosa che sottende a tutte le canzoni di Avitabile e la sua voce è sempre stata quella di un nero dalla pelle bianca (un nero a metà, si potrebbe dire, parafrasando il titolo di un disco di Daniele nel quale Avitabile era presente).
"Black Tarantella", diciottesimo album dell'artista, riflette una particolare attenzione ai temi sociali. Alcune canzoni li affrontano con inusitata crudezza, perché non si possono scuotere le coscienze con le rime facili: il disagio delle parole è necessario, affinché i disagi raccontati possano arrivare fino in fondo.
L'impresa di Avitabile è complessa e, come a cercare supporto psicologico per affrontarla, Enzo chiama a raccolta una schiera di artisti italiani e internazionali. Il brano di apertura, "È ancora tiempo", è cantato con Pino Daniele (che per l'occasione si abbandona a un accompagnamento blues di chitarra, come ai bei tempi); c'è poi "Gerardo, nuvola 'e povere" (cantata a due voci e due dialetti da Avitabile e Guccini), la storia di un terrone emigrato nel modenese che di giorno lavora e di sera parla a Radio Popolare, una delle tante morti bianche che funestano il mondo del lavoro salariato in Italia.
L'anima world di Avitabile esce fuori prepotentemente quando si affida ai ritmi moderni dell'hip-hop dei Co' Sang, storico duo rap napoletano (Avitabile è lo zio di Ntò), in "Mai cchiù". Ci si imbatte nel folk emotivo di "A Maronn' accumparette in Africa", in cui Avitabile duetta con David Crosby, o in "Suonn 'a pastell" con Bob Geldof; in "No è no" ritroviamo il sax di Enzo e l'amico Battiato; "Elì Elì" ci si abbandona ai ritmi ossessivi e arabeggianti e alla voce di Enrique Morente, leggendario cantante di flamenco scomparso alla fine del 2010 al quale Avitabile dedica il disco.
Ma la musica e le parole più toccanti Avitabile le riserva per se stesso. "A nnomme 'e Dio" è una canzone fantastica e drammatica, in cui guerre e torture che funestano il mondo vengono ricordate con una carrellata senza pietà. Ogni tragedia è ricordata brutalmente in un paio di righe, come nei trafiletti dei quotidiani o nei titoli dei telegiornali. "È l'omm' che è 'na bestia!", grida Avitabile a denti stretti; la musica è ossessiva, modale, rotta dagli assolo del sax soprano di Enzo e riporta alla mente il Peter Gabriel di "So" e "Passion".
Ma Enzo Avitabile è un umanista, un inguaribile umanista e la speranza riesce ancora a trapelare da questi bozzetti tragici. "Nun vulimm' a Luna" è una jungle-ballad sui generis nella quale il popolo dei diseredati cerca di comunicare che la speranza non è morta e un mondo più equo è possibile... "pe' l'ammore da rosa se supportano 'e spine". In coda al disco, Avitabile regala una rilettura del suo più grande successo, "Soul Express", suonato con Toumani Diabatè e Mauro Pagani.
Era il 1982 quando uscì "Avitabile", il suo primo disco dedicato a Mario Musella (grande amico e mentore di Enzo, nonché fondatore degli Showmen con James Senese). Sono passati trent'anni esatti da allora, e Avitabile sembra ancora non aver esaurito la sua carica blues e ciò che ha da dire. "Black Tarantella", in vendita dal 20 marzo scorso, è certamente un disco importante per la sua carriera e tra i più belli ascoltati quest'anno; siamo sicuri che sapranno riconoscerlo anche al Premio Tenco il prossimo novembre. Intanto, il 19 luglio scorso, ad Avitabile è stato assegnato il Premio Lunezia Etno-Music 2012, e di pochi giorni fa è la conquista del disco d'oro, risultato sorprendente per un prodotto indipendente: l'affetto del pubblico, nonostante tutto, s'è conservato in questi trenta lunghissimi anni.
11/09/2012