In principio erano Miles, Herbie, Jaco e qualche altro eretico, le grandi icone che si spinsero oltre la dimensione acustica per aprire le porte alla fusione tra il jazz e l'elettricità del rock. Sono questi i primi ingredienti a finire in un calderone che continuerà a ribollire nei decenni seguenti, ospitando le più varie mutazioni dell'avant-jazz parallelamente a una tradizione che passa per Pat Metheny e per la ricerca musicale dell'infaticabile Frank Zappa. Oggi di tutto questo rimangono più che altro delle tracce, germi che sempre più spesso si infiltrano nel nuovo dominio ritmico, quello della musica elettronica. A quello che viene comunemente chiamato “nu jazz” afferiscono realtà come la Cinematic Orchestra o il maestro della miniatura strumentale Flying Lotus, forse l'agente scatenante della recente ibridazione con l'hip-hop.
Già al suo secondo Lp in due anni – senza contare le rispettive raccolte live – il giovanissimo trio di Toronto BADBADNOTGOOD si fa strada con la sua proposta, autoprodotta e gratuitamente elargita, a tal punto da essere invitato in residenza a Coachella per ben sei differenti set. “BBNG2” è stato acclamato dalla critica come un nuovo ed esaltante pastiche di generi opposti, apparentemente inconciliabili: piano e (contrab)basso di stampo jazz talvolta assistono, talvolta sfidano a muso duro i taglienti beat ereditati dalla musica di strada. Un'estetica che trova il suo esempio chiave in “Rotten Decay”, che dopo uno svolgimento spezzato sciorina un refrain-cavalcata travolgente.
Davvero una nuova fusion, che guarda tanto alla tradizione anni '60 – Bill Evans il faro illuminante – quanto a quelli che il trio considera i propri padrini: a venire tributati non sono soltanto il collettivo Odd Future e Kanye West (“Flashing Lights”), ma anche la nuova stella solitaria del soul James Blake, con la sua versione di “Limit to Your Love”; senza contare il costante (benché tacito) riferimento proprio a FlyLo il cui stile, specie nella triade formata da “Vices”, “DMZ” e “CMYK” rivive con passione inaudita.
Ma nonostante l'essenziale radicamento nella cultura hip-hop, i tre enfant prodige (nessuno supera i 21 anni) si distinguono per il loro genuino talento strumentale, mai assistito da basi preregistrate o particolari effettistiche; l'occasionale incursione di un synth interrompe l'utilizzo quasi esclusivo del pianoforte a coda, così come il bassista predilige lo strumento di Scott LaFaro rispetto alle chitarre di Pastorius. Come se non bastasse, le undici sessioni di media durata fanno capire che alla palese bravura dei BBNG si aggiunge un sano divertimento nel rincorrersi a vicenda e nell'improvvisare, raggiungendo ammirevoli vette di brillantezza.
“BBNG2” è un esemplare saggio di assorbimento e rielaborazione di tendenze stilistiche, il quale va pian piano distaccandosi dalla formula della cover per raggiungere una propria scrittura originale, seppure molto legata al lavoro di alcuni grandi autori presenti e passati. Ma il recupero della tradizione non ci spaventa affatto, se affiancato a una ricerca che mira al rinnovamento, quando non alla completa reinvenzione di stilemi consolidati. Così quest'anno gli appassionati di jazz contemporaneo potranno affiancare l'entusiasmante performance dei BBNG alle altrettanto chiacchierate rivisitazioni di Neneh Cherry & the Thing e del Vijay Iyer Trio, più legato al ceppo cool classico.
28/12/2012