"Silencing Machine" si apre con l'impatto virulento di "Dawn Over The Ruins Of Jerusalem" - perfettamente in linea con quanto proposto dalla band nei suoi primi anni di attività - proseguendo poi con una title track (cosmic black-metal?) chiaramente figlia delle sperimentazioni di "Assassins" e "Addicts". Al terzo brano, il superbo "And I Control You", le cose diventano terribilmente imponenti, mandando definitivamente in orbita black-metal psichedelico il suono della band, sommerso da deflagrazioni magniloquenti, space-rock cinematico e tracce mediorientali, come fossero degli Oranssi Pazuzu imbottiti di steroidi.
Ispirato e compatto, suonato egregiamente e non privo di un certo fascino malinconico (emblematici i rimandi alla scuola francese di "These Rooms In Which We Weep"...), il sesto disco della band di stanza a Chicago non manca di tirare nella mischia umori post-punk (benché più velati rispetto ai due dischi precedenti) e texture elettroniche d'impronta progressive, a rendere la tela sempre più densa e affascinante ("The Lepers Of Destitution", l'innodica "Borrowed Hope And Broken Dreams", l'oltranzismo dissennato di "Reduced To Ashes"), riscoprendo accelerazioni vertiginose in "I Wait In Hell", trame baldanzose ("Decimation, Annihilation") e pose anthemiche che potrebbero ingolosire gli orfani dei primissimi Iron Maiden ("Give Me The Grave"). Un ritorno coi fiocchi.
(06/08/2012)