Incredibile ma vero: in quindici anni il singolo, come veicolo promozionale e oggetto da collezione, ha subito molteplici (e affrettate) trasformazioni tra spinte verso un futuro "liquido" e ritorni trendy al passato del sette pollici. Secondo l'immaginario collettivo, il lato B altro non è che una canzone lasciata fuori dall'album principale spesso per un buon motivo, o magari un remix (o una serie di rimaneggiamenti a cura di Dj o team di produzione "di grido") fatto per funzionare in discoteca, ma questo - come noto, visto il successo della prima retrospettiva "Alternative" - non è mai stato il tratto distintivo della premiata ditta Neil Tennant/Chris Lowe, che dal 1996 fino a oggi ha pubblicato vari Cd singoli contenenti dalle tre alle cinque tracce, cas-singles, Dvd-singoli con videoclip e altre leccornie per i fan altrove irreperibili e più recentemente si è affidata a digital bundle con un numero imprecisato di tracce extra. Dal primo grande successo del duo britannico ad ora, nonostante la rivoluzione dei formati e le tendenze che li hanno visti non più à-la-page alla metà degli anni Novanta e poi di nuovo alla ribalta col ritorno alle sonorità degli anni Ottanta, i Pet Shop Boys si sono confermati versatili e trasversali hitmaker capaci di fondere una sensibilità pop con testi intelligenti e sonorità pronte per la pista da ballo. Pochi altri artisti, in fin dei conti, possono vantare raccolte di b-sides altrettanto interessanti (citiamo volentieri gli Oasis, che però non hanno mai pubblicato un seguito del primo brillante riassunto "The Masterplan", e i Suede che confezionarono l'interessante "Sci-Fi Lullabies").
Prima o poi ci si doveva attendere un seguito di "Alternative". Ed eccolo qui: "Format" è un comodo promemoria fatto di due compact disc riempiti fino all'orlo, racchiusi in un'elegante confezione in clamshell e corredati da un libretto con una breve, ma significativa intervista di Jon Savage che snocciola notizie su tutte le canzoni incluse, lasciate fuori dagli album che vanno da "Bilingual" del 1996 a "Yes" del 2009; se è vero che il profilo dei due, non più boys ma uomini maturi con qualche ruga in più e diversi capelli in meno, non è stato uniformemente alto - a poco servì l'intervento di Rollo e Craig Armstrong in "Nightlife" e non a tutti convinse la nuova ricetta guitar-pop di "Release" - va comunque riconosciuto che Neil e Chris non si sono mai persi d'animo né hanno smesso di impegnarsi nella scrittura (anche per colleghi prestigiosi), o di percorrere strade nuove e insolite. Idiosincratica e dispersiva per natura, la doppia raccolta consiste in riflessioni profonde sulla società mascherate da motivetti leggeri, testi più personali del solito e interessanti flirt con sonorità inusuali, tuffi carpiati nella melodia più tradizionale e molto, molto altro. Non è detto però che tutti questi sapori stiano bene insieme, e stavolta qualcosa in odore di vero e proprio scarto c'è. Ma cerchiamo di procedere con ordine.
Una porzione importante di canzoni del primo disco proviene dalle sessions di "Bilingual". Un sollievo per i fan casuali, ma un campanello d'allarme per chi nel 2001 acquistò la ristampa ampliata della serie "Further Listening" (adesso di difficile reperibilità), con cui c'è dunque una considerevole sovrapposizione - sembra che non ci saranno altri remasters di quel genere, e di conseguenza si è giunti a un accettabile compromesso. Scopriamo che "The Truck-Driver And His Mate" ha un titolo che Neil aveva già segnato da anni in un quaderno di appunti, e che l'idea di farne una canzone rock - o meglio, un chiaro tributo ai fratelli Gallagher di "Some Might Say" con richiami electro-glam - è stata di Chris Lowe; i coretti e l'immagine vagamente omoerotica dei due personaggi che danzano alla luce della luna attingono dal mondo di David Bowie (con cui collaborarono per il singolo "Hallo Spaceboy"). Profuma di britpop (stavolta un rigoroso kitchen-sink drama di scuola Pulp) anche la dolceamara "Hit And Miss", uno sguardo alle relazioni finite partendo dall'inizio e tirando le somme, mentre "How I Learned To Hate Rock 'n' Roll" è un elenco di ciò che Tennant detesta di quella scena, dalla pomposità all'ipocrisia ("non che l'aristocrazia dance sia meglio, con Dj che girano per il mondo con jet privati o in Ferrari").
Chi disse che i Pet Shop Boys non avrebbero mai registrato un brano jungle perché "in fondo sono troppo vecchi per apprezzare il genere" ha avuto il benservito con "Betrayed", che celebra il bizzarro matrimonio tra una ballata country originariamente donata a Dusty Springfield per il suo ultimo album (registrato a Nashville) e una base che tradisce ascolti molto approfonditi di "Walking Wounded" degli Everything But The Girl. Dopo "A Red Letter Day", il pallino per Beethoven riemerge prepotente in "Delusions Of Grandeur", che si appoggia alla "Sonata al chiaro di luna" (non a caso il provino si intitolava "Give Me The Moonlight") mentre le liriche traggono spunto dal libro "Adriano VII" di Frederick Rolfe. Potevano essere benissimo risparmiate "In The Night '95" - rifacimento strumentale che già suonava inferiore all'originale al tempo e ora è un cimelio da festino revival: manca solo che sbuchi da un momento all'altro la buon'anima di Scatman John - e l'ennesima frecciatina al collega Bono Vox, stavolta dovuta delle contaminazioni di "Discothéque" (ma "Disco Potential" scimmiotta più i Prodigy che il quartetto irlandese...). Nulla da ridire, invece, sulla semplice "The Calm Before The Storm" e "The Boy Who Couldn't Keep His Clothes On", frutto di una collaborazione con Danny Tenaglia.
Difficile capire il motivo dell'esclusione di canzoni come "The Ghost Of Myself", "Casting A Shadow" (un ottimo brano strumentale commissionato da BBC Radio One per l'eclissi di sole dell'agosto del 1999) e "Lies" (il testo e la voce sono di Chris Lowe) da "Nightlife", vista la presenza di brani debolissimi all'interno dell'album in questione come "Footsteps", "Happiness Is An Option" e "Boy Strange". "Sexy Northerner" non si sarebbe inserito coerentemente in "Release", ma in veste di "non-Lp single" - ricordate? Un tempo c'erano anche quelli - avrebbe fatto una bellissima figura. Neil Tennant è molto legato ad "Always", brano che apre il secondo Cd, e a Savage rivela che lo troverebbe adatto all'ugola di Bryan Ferry; il testo di "Searching For The Face Of Jesus" è un affettuoso omaggio all'ultimo Elvis Presley, mentre la musica anticipa un po' i bacharachismi di "Beautiful People" che arriveranno solo pochi anni più tardi.
"We're The Pet Shop Boys" dei My Robot Friend è l'unica, autoreferenziale cover che troviamo in "Format": questo significa che qui dentro non ci sono "Je t'aime... Moi non plus", "My Girl" dei Madness, "Sail Away", il raro duetto con Sir Elton John in "Alone Again (Naturally)" di Gilbert O' Sullivan (però c'è "In Private", donata tanti anni fa alla Springfield), "Glad All Over" dei Dave Clark Five e "I Cried For Us" (direttamente dal repertorio di Kate McGarrigle, madre di Rufus Wainwright, e della sorella Anna). E se episodi come "Transparent" (con la voce di Tennant filtrata da un vocoder invadente) sono palesi avanzi di magazzino, "I Didn't Get Where I Am Today", con l'amico-complice Johnny Marr alla chitarra, sarebbe potuto essere addirittura il singolo 'spaccaclassifiche' di lancio dell'incerto "Release", dal quale è stato estromesso all'ultimo momento.
Dopo qualche anno d'agonia i Pet Shop Boys hanno dimostrato di saperci fare, con buon gusto e inventiva, anche con l'electro-clash (ottima "Blue On Blue"), sebbene altre idee funzionino assai meglio sulla carta che non nell'effettiva realizzazione: un esempio su tutti è "Party Song", che sottrae il riff a "Smells Like Teen Spirit" e alla fine cita un frammento di "That's The Way (I Like It)" di K.C. and the Sunshine Band. Altri brani imperdibili, invece, sono "We're All Criminals Now" (una sferzante denuncia contro lo stato di polizia) e la storia inquietante di "Gin And Jag" (sui rischi che si possono correre incontrando al buio dopo qualche chattata). "The Former Enfant Terrible" vorrebbe ripetere l'exploit di "The Sound Of The Atom Splitting" ma manca il fascino della novità che rendeva unico l'esperimento finito sul lato B di "Left To My Own Devices".
"Format" vede due autori di lusso del pop d'oltremanica adattarsi agli habitat più disparati, andare avanti e indietro con stile e talvolta con la giusta dose di furbizia. Una narrazione molto diversa rispetto a quella di "Alternative": se il primo set di "retri" ci mostrava un duo in continua evoluzione, qui la scrittura è matura sin dalla prima traccia. Forse uno o due provini inediti avrebbero potuto rendere l'intera collezione ancora più appetibile (è vero, c'è il demo di "Confidential", canzone poi finita in "Wildest Dream" di Tina Turner, tuttavia sarebbe stato interessante ascoltare una versione embrionale di "The Performance Of My Life" di Dame Shirley Bassey), e la collaborazione con Philip Oakey degli Human League in "This Used To Be The Future" sarebbe stata preferibile al mix più movimentato di "Discoteca". Ottime "No Time For Tears" dalla "Corazzata Potemkin" (qui in una versione diversa rispetto a quella contenuta nella colonna sonora) e "Friendly Fire", che ha trovato posto anche nel doppio live "Concrete" registrato nel 2006 con tanto di orchestra della BBC. Il bilancio, nonostante qualche piccola caduta, è di certo positivo: "Format" riesce a non essere una mera pubblicazione "solo per i fan" ma è un viaggio affascinante tra brani rimasti, spesso ingiustamente, nell'ombra.
20/02/2012
Cd 1:
Cd 2: