Due-tre cosine su Scuba così al volo. Paul Rose ha la faccia quadrata da buon inglese, barba ben curata, esperienza sulle spalle che ne fa quasi un veterano. La Hotflush è roba sua, e quando vedi che nel roster troviamo gente del calibro di Mount Kimbie, Sigha, Benga, Jazzsteppa, Boxcutter, c'è da fermarsi un attimo e farsi l'esame di coscienza: cose belle.
Parte come producer - perdonate la rigidità - dubstep, poi però scatta qualcosa. Quel qualcosa si chiama "Triangulation" che a me non fece impazzire però il quid techno entrava in scivolata a cambiare un po' le carte in tavola. E quel qualcosa, quel suono che odorava di geometria varabile trova in "Personality" il perfetto compimento. Un cerchio che si chiude in maniera pressoché perfetta.
Che Rose avesse una certa simpatia per un suono che scavallasse la purezza del genere singolo strictu sensu, lo si era ben capito anche in virtù del suo altro alias (SCB) con il quale faceva terra bruciata attorno a sé. Il "Dj-Kicks" di recente pubblicazione dava la misura di questo suo concentrarsi su un suono onnicompresivo anche in riferimento al suo moniker principale.
Parte "Ignition Key" e tutto è chiaro e limpido più di mille parole. Cassa in quarti sempre bella ondeggiante e suoni sinteticissimi che partono a raffica da ogni direzione, "Underbelly" è house che si fa scura e sinuosa, con "The Hope" che segue a ruota e sei già back to the nineties a spararti acidi in un rave a caso a Londra. Questo non è un disco di genere, le bordate techno si inframezzano a una house sempre molto elegante e decisamente poco sensuale, ascolti "July" e sei al mare a spararti in cuffia eurodance becera e quindi bellissima.
Scattano poi - da contraltare - le molle dell'autismo molesto, quello di "Action" che alza i bpm in circolo, subito addolciti dal tocco balearico di "Cognitive Dissonance". Ascoltare "Personality" è come andare sulle montagne russe, alle salite seguono le discese. Ancora beat acid-compulsivo in "Gekko", dance come solo Sabrina Salerno potrebbe osare ("NE1BUTU"), il sussurro notturno di "Tulips" e la conclusiva "If U Want" che spacca il mondo e ti proietta in una dimensione altra, tra synth celesti e reiterazione. E' lì che capisci che davvero hai fatto il viaggio. Rewind, please.
07/03/2012