Sono passati quasi quattro anni da "Flashmob" e otto da "Ok Cowboy", con relativo corollario di ampi consensi ovunque, tour in giro per il mondo, una decina di remix per mantenere vivo l'interesse e svariate collaborazioni con una schiera pressoché illlimitata di amici di cordata, a cui allude anche il titolo di questo nuovo capitolo. Non stupisce più di tanto che il peraltro noioso "Rave Age" batta ancora sugli stessi tasti: la veste grafica ammicca al disco del 2005 (e al singolo "No Fun" dello stesso anno), medesima sfilza di date in venue di secondo piano, la solita pletora di ospiti che vanno da Joe Reeves dei nu-raver Shit Disco nei brani "Fade Away" e "Next I’m Ready", e Owlle e Rebeka Warrior, ossia i Sexy Sushi, per i pezzi "Under Your Sun" e "La Mort Sur le Dancefloor". Tuttavia, crediamo sia tempo di fare qualche bilancio sulla carriera odierna del dj e produttore francese.
Dopo aver creato almeno un paio di hit per il genere (disco-rock? french-touch? tech-house? elettro-whatever? fate voi...) e aver ampiamente dimostrato di avere la stessa fantasia di un sedicenne nella scelta dei titoli, nonostante la tecnica e le competenti - ma sempre meno brillanti del passato - basi offerte dal solito pot-pourri di influenze, sample e improbabili agganci stilistici (hip-hop, pop, dark ampiamente detto e persino i Drums), Vitalic alla fin fine oggi risulta essere come una versione di iTunes di almeno dieci anni fa.
Non è infatti un mistero che il mondo della musica, e in particolare di quella elettronica, sia un mondo veloce e in continua evoluzione. Così, mentre il nostro continua a titillarsi di new rave, house e techno come se il tempo si fosse fermato a cavallo tra il secolo scorso e il 2006, le persone hanno scoperto entità come i Salem o Mushy.
E' come se tutto il mondo gridasse "Kap Bambino!" e Vitalic fosse ancora fermo ai Chemical Brothers ("Rave Kids Go", con Michael Karkousse dei Goose alla voce). Se la performance vocale della francese Rebecca Warrior cerca di entrare in un certo qual modo nelle grazie di tutti i fan dei Crystal Castles allo stadio terminale, alla fine dell'ascolto di Pascal Arbez si recupera una pessima impressione: potrebbe essere benissimo un personaggio della peggiore Italia odierna, uno di quei tanti wannabe attaccati a quelle due o tre convinzioni in testa che con la scusa della passione e dell'integrità sfornano dischi in costante dealy artistico sul resto del mondo e lo fanno pure con un'imbarazzante supponenza.
Di realtà così ce ne sono a decine e ben peggiori di così, per tutti i generi musicali. Eppure di elettronica sentita (con la "s" maiuscola) e da sentire ce n'è in giro. A questo punto un po' di sano campanilismo sarebbe d'uopo: siamo certi che ciascuno di voi ha almeno un gruppo ebm italiano che in passato ha irriso e sbeffeggiato; ecco, forse è giunto il momento di targli una seconda chance.
Per carità, sarà anche un disco ben pensato e costruito per la propria fetta di estimatori duri & puri, ma i fan non hanno certo bisogno di recensioni - per tutti gli altri risulterà freddo e vitale come un baccalà di cinque anni fa.
08/01/2013