James Skelly & The Intenders

Love Undercover

2013 (Cooking Vinyl)
roots-rock, country-blues

Buone nuove dal pianeta Coral, nella quiete apparente del suo hiatus: il coprifuoco in cui i ragazzi di Liverpool si sono barricati da tempo è stato violato, almeno implicitamente. Merito di James Skelly, frontman e icona byrdsiana, che ha approfittato del prolungato periodo di pausa nelle attività del gruppo (la cui settima fatica risulta abbandonata a metà da oltre un anno) per dare forma a una nuova compagine e registrare il primo disco a suo nome. La ragione sociale è stata cointestata alla backing-band degli Intenders, che sono di fatto tutti i restanti Coral a esclusione del chitarrista ritmico Lee Southall, ma con rincalzi da altre piccole realtà della zona, Tramp Attack e Sundowners (tra cui il terzo fratello Skelly – Alfie – alla chitarra, e la sorella Fiona ai cori).
Il quartetto-base, composto dai due Skelly più celebri, dal bassista Paul Duffy e dal tastierista Nick Power, aveva in realtà già dato segnali confortanti a fine 2012, con la pubblicazione di un album psych-pop – “Cut From a Star” – accreditato a Ian Skelly & The Serpent Power. Sin dalle intenzioni, anche il nuovo progetto mirava a esprimersi come frutto di una radicale opera di condivisione tra tutti i suoi membri: “volevo una cosa tipo Bruce Springsteen & The E-street Band o Tom Petty & The Heartbreakers” – ha dichiarato il sempre biondissimo leader – “qualcosa che lasciasse intendere (da qui il nome) che non si sarebbe trattato di un semplice lavoro solista”.

Che quella in questione sia un’opera estremamente partecipata lo chiarisce senza troppi indugi l’avvio pimpante di “You’ve Got It All”, brano ordinato e piacevole tra edulcorati aromi blues e strizzate d’occhio al rock delle radici, plasmato da James sullo scheletro di un demo regalatogli nientemeno che da Paul Weller, affinché il Nostro ne ricavasse una buona canzone. L’incipit funziona egregiamente come paradigma: la convinzione non manca, l’affiatamento non è opinabile e il disco nel suo insieme appare ben suonato e vivace pur non potendo offrire alcuno spunto realmente originale. Un limite, questo, compensato a dovere dall’entusiasmo genuino e inattaccabile degli interpreti oltre che dalla forza del collettivo.
Skelly svetta però con la caratura del protagonista in numerosi episodi, primo fra tutti il risaputo R&B di “Do It Again” (con tanto di piano veloce e coretto soul al femminile) recitato con il dovuto ardore, chiaro riflesso della pesante influenza di John Lee Hooker e Muddy Waters, ma ancor più della musica Motown, sperimentata nei mesi in cui “Love Undercover” è venuto alla luce. Qui e altrove, l’andatura si conferma incalzante, i riff in linea con i dettami del genere e l’atmosfera piacevolmente disimpegnata, da progetto collaterale che rimesti senza la minima pressione esterna tra sonorità in passato meno sbandierate (manca infatti quel mix di psichedelia sixties, Merseybeat e Western morriconiano, che ha fatto la fortuna dei Coral) ma comunque molto amate dai suoi autori.

Evitando l’eccessiva enfasi, James svela la sua anima romantica, bada al sodo e fa centro con la schiettezza della proposta. Qua e là armonica e hammond scoprono le sue carte, tradendo l’inclinazione per i registri dell’Americana più placida e tradizionalista (nel senso buono del termine). Non manca (“Set You Free”) il prestito dell’elementare linea di chitarra di “My Favourite Game” dei Cardigans da cui trarre un trascinante numero rock, alla maniera dei vecchi Freewheelers o dei Marah, che non dovrebbe dispiacere ai fan degli Stones né ai seguaci di Ryan Adams.
Altrove (“I’m a Man”) si sente abbastanza chiaramente l’eco del Dylan elettrico, con la medesima disinvoltura di altri giovani artisti che ne hanno seguito le tracce in tempi recenti, da Langhorne Slim (soprattutto) agli Skygreen Leopards, da Donovan Quinn & The 13th Month ai Felice Brothers. Tra gli altri passaggi degni di nota, merita di essere citata anche “Searching For The Sun”, ballatona d’ampio respiro (risalente alle primissime session della band madre) in cui Skelly rivela la propria indole malinconica supportata da un apprezzabile talento melodico, sulla scia dell’alt-country di scuola Jayhawks: ne esce un pezzo dal refrain killer e dal gioioso appeal populista, riuscito esempio di easy-listening profondamente radicato nella tradizione.

Anche quando si rallenta, “Love Undercover” si dimostra una prova di artigianato solida e amabilmente passatista, che rifiuta gli artifici digitali per suonare più autentica possibile nel proprio sincero omaggio a un universo sonoro sempre meno ricercato. E’ musica senza maschere, dimensioni ulteriori o sovrastrutture intellettuali, suonata però con il cuore e riuscita perché calda, onesta. Se prevale il pianoforte come in “Here For You”, può capitare che tornino alla mente altri yankee di rango come i Black Crowes (nella loro variante più rilassata e meno sanguigna). James è bravo a cercare la massima profondità in una voce sì affidabile, ma tutt’altro che straordinaria come quella di un Chris Robinson, mentre il carisma tra le corde della sua Rickenbacker fa il resto.
Non male anche la chiusa (“Darkest Days”), più raccolta ed estatica, in cui torna finalmente a far capolino il menestrello tutto anima dei primi Coral. Colpiscono la pulizia e la misura in un songwriting in fondo senza tempo: derivativo ma anche filologicamente ineccepibile, datato in quanto a orizzonti stilistici ma reso attuale dalla matura vitalità dell’interpretazione. Tutti gli strumenti in questo album sono esattamente quelli che servono e dove servono, senza intrusioni fuori contesto, esotismo, vacuità psichedeliche o contaminazioni chiassose. Un lavoro anomalo per l’ensemble del Merseyside, ma pur sempre un buon lavoro. 

17/07/2013

Tracklist

  1. You’ve Got It All
  2. Do It Again
  3. Here For You
  4. Sacrifice
  5. Searching For The Sun
  6. You And I
  7. Set You Free
  8. Turn Away
  9. What A Day
  10. I’m A Man
  11. Darkest Days

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