Lloyd Cole

Standards

2013 (Tapete)
pop-rock, songwriter

Crooner di culto degli anni 80, scrittore pop finissimo, ma anche alfiere delle promesse mancate, Lloyd Cole si riaffaccia dopo tre anni sul mercato discografico con qualcosa da farsi perdonare. Il precedente “Broken Record” aveva infatti testimoniato un ulteriore momento di stanca in una discografia ormai trentennale in cui solo sporadicamente l’autore di Buxton era riuscito ad andare al di là dei bagliori riflessi dalle storiche opere di gioventù (il capolavoro, “Rattlesnakes”, in compagnia dei Commotions e l’omonimo esordio solista).
Il mancato ingresso in quel “mainstream” a cui lui stesso aveva consacrato un album nel 1987 certamente ne ha accresciuto negli anni la devozione sotterranea, ma ha anche certificato un progressivo opacizzarsi della creatività, trasformando la carriera del Nostro in una continua ricerca di conferme.

Stavolta lo stimolo decisivo per tentare di rinvigorirsi ha per Cole un nome e un cognome in Bob Dylan e uno specifico riferimento nell’album “Tempest”, accolto con entusiasmo dall’ex-frontman dei Commotions, che lo ha elevato a esempio di come la grande arte possa sfuggire all’usura del tempo anche nutrendosi di sé stessa.
Seguendo il modello di Dylan, Lloyd Cole ha dunque fatto dietrofront, riappropriandosi del suo passato più glorioso e sciorinando una manciata di tirate elettriche Lou Reed-iane con cui si trova evidentemente più a suo agio rispetto alla mise da folksinger nostalgico che ne aveva indebolito la produzione più recente.

Non è un caso che proprio il nome di Lou Reed sia il primo a venire in mente qui, dove il consueto understatement delle liriche si muove in un contesto sonoro profondamente debitore di quella New York che fu sì luogo dove ebbe inizio la carriera solista di Cole, ma soprattutto regno musicale dell’ex Velvet Underground, tant’è che ancor più decisiva risulta oggi la presenza dietro i tamburi del fido Fred Maher, al secolo produttore proprio di “New York” di Mr. Reed.
Accanto a lui, figurano tra i guest compagni di viaggio ormai consolidati come la “policewoman” Joan Wasser e il tastierista appartenente al nucleo fondatore dei Commotions, Blair Cowan, mentre alla chitarra di Lloyd risponde quella del figlio, Will. Queste sono le basi su cui viene messa in piedi un’autentica fiera del citazionismo, anche se la riproposizione di certi “standard” è resa meno pedissequa grazie a un Cole ritornato in grande spolvero come melodista.

Apre le danze una “California Earthquakes”, cover di John Hartford che sa di rito di passaggio dal country-folk del legittimo proprietario al rock'n'roll stradaiolo in cui viene efficacemente immersa. Va poi ancora meglio con “Women’s Studies”, primo pezzo autografo del lotto sui cui riff spigolosi si ergono in perfetto equilibrio ironia testuale (“To complete my education I had to wake up in your bathtub”) e ispirazione melodica a presa rapida.
Quasi tutto l’album è comunque un continuo susseguirsi di hook contagiosi e incisive digressioni intimiste, avvalorate anche dal crooning di Cole, capace di evocare ora i languori di Chris Isaak (“Blue Like Mars”), ora il nervosismo latente di Elvis Costello (“Period Peace”). Dato il senso di leggerezza infuso dal distacco intellettuale delle liriche, i brani tirati colpiscono più trasversalmente che come pugni in faccia, mentre le ballate ritornano alle vecchie seduzioni alt-country ritagliandosi un ruolo degno di nota come pause di riflessione (le Tweedy-iane “Myrtle And Rose” e “No Truck”, entrambe poggianti su un minimalismo chitarristico di grande profondità).

Tra i pochi momenti morti forse si sarebbe invece potuta evitare una “Opposite Days” che, coi suoi riff in botta e risposta, finisce per diventare un requiem fin troppo passatista agli anni d’oro del Cbgb. Si tratta comunque di una parentesi poco determinante in un percorso che prosegue senza particolari intoppi fino al decisivo uno-due finale in cui si condensa tutto il Lloyd Cole del 2013, tra melodie sophisti-pop di purezza cristallina (“Kids Today”) e tributi pagati con onore alla periferia americana (“Diminished Ex”, di chiara calligrafia Whiskeytown, ma con una concretezza quasi tridimensionale nelle sovraincisioni di chitarre che non può lasciare indifferenti).
Si chiude così un album che, paradossalmente, ha il suo punto di forza nella rinuncia a particolari aspirazioni di ricerca. Racchiuso nel suo accomodante microcosmo di influenze apertamente espresse, il Lloyd Cole di “Standards” sa farsi valere per una spontaneità comunicativa ritrovata e una scrittura di livello. Un piccolo bignami di una carriera affrontata con maggiore consapevolezza nei propri mezzi rispetto alle ultime uscite. E alla fine poco importa se una parte dei meriti di questo gradito ritorno va al potere benefico dell’arte di un guru del Minnesota.

08/09/2013

Tracklist

  1. California Earthquake
  2. Women’s Studies
  3. Period Piece
  4. Myrtle and Rose
  5. No Truck
  6. Blue Like Mars
  7. Opposites Day
  8. Silver Lake
  9. It’s Late
  10. Kids Today
  11. Diminished Ex

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