A breve distanza dal nuovo Embassy, l’altra band cardine dell’indie-pop scandinavo più “sintetico”, i Mary Onettes pubblicano il loro attesissimo “Hit The Waves”, il loro terzo Lp in ben tredici anni di carriera.
Per quanto tra i più credibili revivalisti della scena – il loro sound pare una “replica d’artista” di quello dei Cure più pop – gli svedesi in questione non hanno mai brillato per scrittura pop, salvo qualche notevolissima eccezione (“Dare” su tutte).
Per la prima volta i Mary Onettes si affidano alle mani di un produttore, in questo caso Dan Lissvik, scelta obbligata visto che quest’ultimo lavora coi già citati Embassy. Il risultato è un suono ripulito, ma le coordinate erano già fissate prima di iniziare – “Hit The Waves” non riserverà grandi sorprese agli ascoltatori, salvo forse una minor incidenza di brani uptempo.
Il singolo, “Evil Coast”, unico vero highlight, rappresenta bene lo spirito del disco:in esso Philip Ekstrom ha gioco facile nell’interpretare alla sua maniera l’andatura paesaggistica del brano, tra bagliori sintetici e brevi spruzzate chitarristiche. Ma anche in questo terzo disco i Mary Onettes mostrano l’aspetto più algido della loro musica: sospiri ghiacciati spirano dagli arrangiamenti placidi e ariosi delle canzoni, che non hanno mai un senso della progressione, che è poi quello che serve a tradurre le emozioni e ad amplificarle.
Anche le interpretazioni accentuate di Ekstrom finiscono per suonare piatte, e ancora una volta l’effetto principale di un disco della band svedese è un vago senso di noia, quella di un prodotto senz’anima.
05/03/2013