Anaïs Mitchell

Xoa

2014 (Wilderland)
songwriter, folk

“Xoa”, o meglio, “baci, abbracci, grazie di tutto”. No, tranquilli, la cara Anaïs Mitchell, ormai una figura cardine della nuova scena folk a stelle e strisce, non ha deciso di punto in bianco di ritirarsi dalle scene, di interrompere proprio sul più bello un percorso che di soddisfazioni ne ha regalate e continua a regalarne a dovere. Certo, con la nascita del suo bambino l'anno passato un'interruzione provvisoria delle trasmissioni sarebbe stata più che comprensibile, a maggior ragione considerate le infinite difficoltà in cui incorre un(a) musicista indipendente al giorno d'oggi, ma non è questa la motivazione dietro a un titolo che, per la prima volta nella sua carriera, restringe il campo d'azione a sé, al proprio io.
Anima generosa e risoluta, spirito fiero e combattivo anche quando ogni tanto si limita a scrutare dentro se stesso, dopo tanto battagliare, spiattellare nero su bianco le infinite contraddizioni del suo paese, e perché no, risalire la sorgente fino a scoprire la fonte primaria della propria arte, è finalmente giunto il momento di guardarsi indietro. Osservare quanto è stato fatto, ripensare ai momenti fondanti del tragitto, rileggere le pagine del diario della propria vita, e soprattutto, rendere il proprio omaggio a tutte quelle persone che nel corso degli anni hanno creduto e sostenuto il tuo progetto. Ed è specialmente attorno a quest'ultima intenzione che ruota l'idea attorno a “Xoa”, album formulato come una sorta di personale ringraziamento, una testimonianza di sincera partecipazione rivolta a chi ne ha seguito nel tempo le gesta e la continua evoluzione. Per una volta, un disco che può tranquillamente definirsi “for fans”, senza mal camuffati sottintesi dispregiativi a inficiarne l'effettivo valore.

Ridurre infatti l'esperienza d'ascolto derivante dal disco a un manipolo di “semplici” auto-cover (comunque accuratamente selezionate) non presenterebbe sotto la giusta luce un lavoro animato da un senso di progettualità decisamente più complesso e strutturato di quanto le fugaci apparenze potrebbero far sembrare. Anche perché, sparso qua e là, si affaccia pure del materiale inedito, talmente ben inserito nel contesto da fondervisi alla perfezione. Ricomposte con il solo ausilio della chitarra acustica (l'esperienza con Jefferson Hamer in tal senso si è rivelata fruttuosa), private dell'immaginifica teatralità e dell'afflato più ruvido che rispettivamente caratterizzavano “Hadestown” e “Young Man In America”, le nuove versioni dei brani stravolgono in larga misura il materiale originario, sì riconoscibile ma mostrato sotto una luce totalmente diversa, un'angolazione dalla quale donare loro un'identità del tutto nuova.
Il concetto è tutt'altro che figurato: sparita la banda festante dell'Ade, canzoni originariamente adibite a una gioiosa e ironica coralità trovano, alla luce dello sprezzante e sbarazzino canto di Anaïs, una forza del tutto diversa, una personalità a dir poco inedita, accresciuta da un'asciuttezza espressiva che esalta messaggio e scrittura. A voler far passare per brani originali “Why We Build The Wall” e “Our Lady Of The Underground” non si avrebbe poi grosse difficoltà, in definitiva. Non da meno sono i rimaneggiamenti dei pezzi tratti dal disco successivo, forieri di un carattere e di una sagacia rimasti perlopiù inespressi inizialmente: la stessa title track dello scorso disco solista rifulge con ancora maggior brillantezza rispetto al già valido originale, pure un episodio tutto sommato minore quale “You Are Forgiven” vibra su frequenze più nitide e decise, sfoderando un'insospettabile profondità nella scrittura.

In fondo, sotto questo aspetto nel corso della sua carriera ha avuto ben poco su cui recriminare: superate di slancio le prime timide prove, da “The Brightness” (qui testimoniato attraverso la sorprendente rielaborazione di “Your Fonder Heart”) in poi il suo percorso ha saputo destreggiarsi con naturalezza e sincera devozione con i più disparati tra i registri, fondendo fervore politico e raffinatezza intimista, senso della tradizione e lucidità eversiva, quando necessario. Questa nuova raccolta non fa che ribadire il concetto con fermezza. Se trova comunque ragione d'essere, è nella trasfigurazione e nella contemporanea fortificazione di un repertorio che può vantare una plasticità che al momento rimane caso più unico che raro.
Una semplice chicca per fan allora? Se anche la si considerasse come tale, definirla come un capitolo minore, un'uscita tappabuchi sarebbe quantomeno inopportuno. Qualora foste però dei neofiti, e vi servisse una finestra introduttiva per affacciarvi al variopinto mondo della cantautrice dal Vermont, beh, sappiate che in “Xoa” troverete un prospetto acustico di tutto rispetto.

05/11/2014

Tracklist

  1. Any Way The Wind Blows
  2. Out Of Pawn
  3. Your Fonder Heart
  4. Why We Build The Wall
  5. Now You Know
  6. If It's True
  7. Namesake
  8. Young Man In America
  9. Two Kids
  10. The Pursewarden Affair
  11. His Kiss The Riot
  12. Come September
  13. You Are Forgiven
  14. Our Lady Of The Underground
  15. Cosmic American

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