Il punto di partenza di “Rhapsode” sono le colonne sonore degli anni 60 e 70 del noir televisivo e cinematografico francese e italiano, sì, italiano, perché qui aleggia il fantasma non solo di Ennio Morricone ma anche di Bruno Nicolai e Stelvio Cipriani, oltre che dei corrispettivi francesi Francis Lai e Jean-Claude Vannier.
Prima membro della band di progressive-rock Arun Tazieff, poi musicista hardcore-punk, autore di varie cassette di psichedelica turca, folk e garage, il polistrumentista francese realizza il suo sogno di una musica dal forte impatto visivo, dove la citazione del passato non è didascalica o convenzionale.
Innovazione e azzardo sono sempre presenti in “Rhapsode”, con premesse creative ben diverse dalle tentazioni hi-fi di Jacco Gardner in “Hypnophobia”: clavicembalo, organo Farfisa e flauto sono i protagonisti dell’incantevole architettura sonora, che, alla maniera degli Stereolab, si tinge spesso di esotismo e, come nei Broadcast, rinnova quel senso di mistero e stupore del cinema in bianco e nero.
Emile Sornin non è solo un abile musicista ma anche uno dei registi di video più originali e richiesti, basti ricordare Disclosure (“Grab Her”), Dizzee Rascal (“I Don’t Need A Reason”) e Alt-J (“Fitzpleasure”). Affascinato da Jacques Tati, Sergio Leone e Dario Argento, il musicista francese non ama l’hype psichedelico contemporaneo, al quale preferisce i Soft Machine o Serge Gainsbourg.
Ed è da questa visione culturale profonda e radicata che nascono le suggestioni di “Rhapsode”, mai nostalgiche e superflue e non contaminate dal rock e dalla magniloquenza orchestrale.
Quanti film polizieschi, di cui non v’è traccia neppure su YouTube, vi verranno in mente ascoltando il pop al clavicembalo di “Joe & Rose” o il soul orchestrale alla Tarantino di “Le Passeur D'Armes”, o quanti tentativi simili vi appariranno banali e inconsistenti quando scoprirete la sensualità scellerata alla Gainsbourg di “Le Passeur D'Armes” o la flebile contaminazione elettronica alla Air di “Les Naufragés De Nieul”.
E’ una musica che sembra ricca di colori, e invece sono solo infinite sfumature di grigio: una terra di mezzo dove gli Zombies rivendicano il loro diritto di prelazione sul pop psichedelico scalzando i Beatles (“Electric Mami”), mentre il viaggio lisergico di organo e fuzz-guitar non si culla nei consueti luoghi dell’India ma nelle meno usuali lande turche (“Miguel El Salam”), in un continuo contagio sonoro che svela radici e commistioni culturali che si rinnovano con fascino e originalità nel trip multietnico di “La Rabla”.
C’è un’affascinante continuità emotiva in “Rhapsode”, che è affine alle suite progressive-rock di Camel o Moody Blues, con la stessa identica attenzione alla commistione tra moderno e classico.
Il romanticismo delicatamente barocco della title track, la verve alla Gainsbourg del pop-farfisa di “Les Cigognes Nénuphars” o il quasi blues di “Green Nap” mettono in fila una colonna sonora atipica, dove il cinema e la musica pop diventano un unico linguaggio, in una perfetta alchimia che nella conclusiva “The Sound Of Chehery Bell” trova l’archetipo perfetto.
(19/09/2015)