“Life Among The Savages” segna infatti l’abbandono della tentazione di seguire l’hype dei Beach House, manifestatosi in quell’occasione, e il ritorno al sound Papercuts più classico, una versione più ovattata e granulosa di un pop alternativo che va dai Beatles ai Galaxie 500, passando naturalmente per i Velvet Underground.
Dal pianoforte trasognato e languidamente rotolante di “Easter Morning”, all’incalzante lamento di “New Body”, il sommesso divagare del disco fa pensare a un’uscita Woodsist (“Psychic Friends”, “Staring At The Bright Lights”), a cui si sovrappongono gustose digressioni orchestrali, in quella title track che è decisamente il brano migliore del disco, con un’apertura che ricorda i Beatles più maturi, e nell’iniziale “Still Knocking At Your Door”, ancora più Beatles-iana.
Nella ritrovata vena personale, anzi autarchica, si perde un po’ il tiro che aveva caratterizzato lo sforzo più collettivo di “Fading Parade” (dalla scrittura comunque più incisiva), e il tutto suona come un ritorno a casa certamente felice, ma dal retrogusto agrodolce.
(06/05/2014)