Ancor prima di firmare per la 4AD e arrivare a questo album di debutto, SOHN era già una certezza, costruita a suon di singoli e fortificata grazie a produzioni e remix che lo hanno reso uno dei nomi più chiacchierati nonché richiesti del circuito musicale indipendente britannico. Nato a Londra, dal 2010 SOHN ha fatto di Vienna il suo domicilio musicale, attratto dalla scena elettronica locale; poco altro si sa di lui, se non che ha ricevuto apprezzamenti un po’ da chiunque: Lorde e Miguel sono fan del suo lavoro, Disclosure e Angel Haze gli hanno commissionato dei prossimi remix, mentre i Rhye e Lana Del Rey sono già passati sotto le sue benevoli grinfie. C’è il suo zampino anche in alcuni brani delle prossime new sensation della pop-music, come Banks e Kwabs (l’ultima in ordine di tempo dovrebbe essere, stando agli indizi, MØ).
Partiamo dall’inevitabile: i paragoni. Ci sono almeno un paio di nomi che vengono in mente già dal primo ascolto, quando si intuisce che avremo a che fare con un disco electro-pop, pesantemente influenzato dall’r&b e cantato con limpida voce soul. A questo punto dovrebbe essere suonato un campanellino nella testa di chiunque: James Blake. Vero, ma pensare a questo Lp come a un banale ricalco di quanto fatto da Blake sino ad ora sarebbe davvero un grosso errore. Piuttosto SOHN riporta alla mente un altrettanto folgorante esordio britannico, quello di Jamie Woon datato 2011. Specialmente dal punto di vista empatico, “Tremors” è un’altalena emozionale che a parole ci racconta vicende pregne di angoscia e desiderio, ma dal lato musicale è costantemente pronto a rapirti con il suo strabordante senso melodico. Le anticipazioni andavano già verso questa direzione: partendo dall’orchestrale “The Wheel”, contenuta nell’omonimo Ep, fino ai singoli dello scorso anno: la toccante “Bloodflows”, con quell’urgenza espressivo che si fa largo inesorabile nel crescendo tribale che spacca in due il brano, e il passaggio soulstep di “Lessons”.
“Artifice” è qualcosa di nuovo ancora, spiazzante e prova ulteriore di come il tocco di SOHN sia subito identificabile, nonostante le innegabili radici: il momento più squisitamente pop dell’album non conosce pause di sorta, fino alla synth-etica e massiccia esplosione nel ritornello. E dire che l’intera opera si apre praticamente agli antipodi, con l’excursus effettato in falsetto nell’intima “Tempest”, che tutto lascerebbe presagire tranne ficcanti schegge electro-pop come la succitata “Artifice” o la XX-eggiante “Lights”, uno dei punti più alti della seconda metà del disco.
Il bilanciamento degli input emotivi trasmessi dai brani è un altro punto focale: a un passo dal toccare il fondo, trascinati in basso dalla corrente fredda di “Paralysed”, ecco arrivare la risoluta e diretta spinta di “Fool”. La title track chiude l’esperienza in maniera quasi perfetta, con in primo piano la voce chiarissima di SOHN che racconta l’ennesima vicenda dolorosa, fino alla lenta dissolvenza finale.
“Tremors” è un album notturno per concezione e realizzazione, a tratti molto freddo e dal fortissimo impatto emozionale per chi è capace di cogliere sottigliezze e sfumature in chiaroscuro. Un lavoro adatto per muoversi e per pensare: due dimensioni che non possono essere scisse e considerate separatamente. La spiccata versatilità, musicale e di spirito, è uno dei grandi punti di forza di quello che pare essere l’ennesimo centro sul fronte 4AD. Con un solo disco all’attivo, SOHN ora è più che un semplice artista o produttore: è un marchio di estrema qualità.
04/04/2014