In The Beginning
Sin dagli esordi gli XX si sono ritagliati il proprio spazio vitale a un ipotetico crocevia fra gli Everything But The Girl (la voce di Romy Madley Croft ha un registro prossimo a quello di Tracey Thorn), la sensualità dei primi Portishead (come quelle contenute in “Dummy” le loro canzoni sono perfette bedroom songs) e i tramonti di Café del Mar, per quei beat che ricordano l’elegante chillout music in voga sulle sunset beach baleariche più affollate. La storia che vi stiamo per raccontare ha inizio nell’estate del 2009, quando una band del sud di Londra capita quasi per caso sul palco del Reading And Leeds Festival durante un pomeriggio piovoso, per presentare il debutto discografico previsto in uscita di lì a poco. Il quartetto in realtà è attivo già da quattro anni, formatosi lungo i corridoi della Elliott School, istituto che ha già ospitato in passato musicisti illuminati (Peter Green), genietti dell’elettronica (Burial, Four Tet, Hot Chip) e attori di fama mondiale (Pierce Brosnan). Il primo nucleo del gruppo era composto dagli allora quindicenni Oliver Sim (voce e basso) e Romy Madley Croft (voce e chitarra). Nel 2005, quando iniziarono a esibirsi, reclutarono anche la chitarrista Baria Qureshi, alla quale si aggiunse un anno più tardi Jamie Smith.
Profondamente influenzati dall’R&B americano, durante le prime performance amavano eseguire alcune cover di vecchie hit, fra le quali brani di Aaliyah e Womack & Womack. Le prime tracce a essere diffuse furono delle registrazioni postate sulla propria pagina MySpace, demo che in qualche modo giunsero alle orecchie dei responsabili della label indipendente Young Turks, con la quale firmarono un contratto. Ma il primo documento discografico messo in circolazione fu un promotional mix allegato alla rivista FACT, curato da Jamie e distribuito nelle edicole nel luglio 2009.
Heartbreaking Dance Music
Un mese più tardi, il 14 agosto del 2009, ecco l’esordio ufficiale, XX, realizzato con l’ingegnere del suono Rodaidh McDonald, che resterà nel tempo un fidato collaboratore. XX contiene undici tracce ricche di pathos, con un climax delicato, vulnerabile, frutto delle registrazioni tenute in un garage durante le ore notturne, cosa che influenzerà in maniera decisiva la stesura dei pezzi. Da subito si nota una certa prossimità con Everything But The Girl, Codeine, Mazzy Star e Young Marble Giants, ma ben presto i ragazzi avranno la forza di diventare loro stessi un nuovo standard di riferimento.
“Crystalised”, con i suoi lievi richiami shoegaze, “Basic Space”, “Islands” e “VCR” sono i singoli estratti, brani che fissano inequivocabilmente l’estetica della band, ma già l’iniziale strumentale “Intro” detiene tutte le caratteristiche di quello che diverrà un inconfondibile marchio di fabbrica: un minimalismo intimo e malinconico che gioca sull'utilizzo strategico dei silenzi, il basso sinuoso, le morbide linee di chitarra dense di delay e reverberi, il sottile lavoro di drum machine a disegnare beat morbidi ma decisi, posti al servizio del dualismo delle voci di Romy (sensuale e trasognata) e Oliver (calda e profonda).
L’alternanza di vuoti (“Heart Skipped A Beat”, “Fantasy”, la conclusiva “Stars”) e pieni (le solari impennate electro nella sublime “Night Time”), i coinvolgenti ganci melodici (“Shelter”) e qualche divagazione sul tema (il tremolo su "Infinity") rendono il lavoro dinamico, molto più di quanto potrebbe apparire a un primo ascolto distratto. I testi narrano storie di amore, desiderio e perdita, e in gran parte furono scritti da Romy e Oliver quando non erano ancora maggiorenni. E’ dream-pop a battuta lenta, un album nudo, sussurrato, che nel giro di poche settimane lancia in orbita gli XX, generando un hype in grado di proiettarli di botto dai pub più minuscoli alle arene di tutto il mondo (e non solo in Europa, saranno ad esempio nel cartellone di festival di primaria importanza anche oltreoceano, quali South By Southwest, Coachella e Lollappalooza), con un tour che proseguirà ininterrottamente per circa diciotto mesi. Le arene, a differenza dei piccoli club, in parte penalizzano il sound della formazione inglese, basato su quelle pause che a volte tendono a “spegnere” le canzoni: del resto l’obiettivo degli XX non è quello di far semplicemente ballare, bensì di mantenere sempre alto il carico emozionale: la band nel tempo imparerà a gestire meglio gli spazi ampi, puntando su giochi di luci e alzando i bpm in alcuni momenti dello show.
Mercury Prize And Marketing Strategies
Proprio nel bel mezzo del tour, alla fine del 2009 la chitarrista Baria Qureshi viene estromessa dalla band; gli altri prendono la decisione di proseguire il cammino artistico come trio, ritrovandosi a dover rendere ancor più minimalisti gli arrangiamenti delle canzoni nella trasposizione live. Nel 2010 giungono le prime importanti affermazioni: la band si aggiudica il Mercury Prize, il prestigioso premio assegnato da una giuria al miglior disco pubblicato in Gran Bretagna nel corso dell’anno, e mette in carniere ben tre nomination ai Brit Awards, senza però riuscire a vincere in nessuna categoria. E’ solo a quel punto che le vendite, fino allora in verità modeste, di XX decollano, anche in virtù di intelligenti mosse di marketing: grazie a una serie di accordi stretti dalla casa discografica, viene concesso l’utilizzo di alcune canzoni all’interno di programmi televisivi, serie tv e spot pubblicitari.
Sulla scia di quest’accelerazione del livello di notorietà, quei brani finiranno in heavy rotation nelle selezioni musicali che fungono da sottofondo presso importanti catene degli Stati Uniti, quali Starbucks e Urban Outfitters. Alla fine XX diventerà disco di platino nel Regno Unito (totalizzando quasi 600.000 copie vendute) pur senza avere la proverbiale hit ultra-pop in grado di assicurare gli indispensabili passaggi radiofonici, e successivamente sarà disco d’oro negli Stati Uniti (350.000 copie), in Germania (100.000 copie), Belgio e Australia. Nel 2013 il New Musical Express lo includerà fra i 500 migliori album di tutti i tempi, mentre Rolling Stone lo inserirà alla posizione n° 74 nella speciale classifica dei più bei dischi d’esordio di sempre.
Jamie Meets Gil
Grazie al successo acquisito, Jamie Smith si trova nella posizione più favorevole possibile per dare impulso alla propria carriera parallela di dj, producer e remixer, che lo renderà in brevissimo tempo uno dei personaggi più ricercati e coccolati della club culture degli anni 10. I primi passi importanti saranno i remix per Florence + The Machine e Adele, ma il colpaccio vero gli riuscirà nel 2011, quando, dopo aver diffuso i lavori di restyling per i brani “NY Is Killing Me” e “I’ll Take Care Of You”, metterà mano all’intero disco di Gil Scott-Heron (il quale verrà a mancare pochi mesi più tardi) "I’m New Here", remixandolo in quella che diventerà una nuova versione, cointestata con il cantautore americano. We’re New Here, pubblicato il 21 febbraio, è la rivisitazione in salsa uk-garage di gran parte dell’ultimo album realizzato dal poeta e maestro dello spoken word americano. Emerge con forza il tratto distintivo di Jamie, regista di un'architettura sonora che già lo contraddistingue in maniera netta, e che in questo caso riesce a centrare l'obiettivo di attualizzare il lavoro di Scott-Heron, sdoganadolo presso le nuove generazioni.
L’estate successiva Jamie mette in circolazione il singolo “Far Nearer”/“Beat For” e successivamente produrrà la title track del secondo album di Drake, “Take Care” (in duetto con Rihanna), remixerà “Bloom” dei Radiohead, che finirà nella raccolta "TKOL RMX 1234567", e co-produrrà “When It’s All Over”, brano di Alicia Keys contenuto in "Girl On Fire". Jamie consolida così la propria fama mondiale di dj/producer à-la page, imponendosi all’attenzione come grande mistificatore del ritmo, un professionista capace di rimodellare persino idee originariamente prive di contorni electro, partendo da mondi non di rado molto lontani dal proprio, trasformandole in mantra dub personali. Jamie XX in breve verrà universalmente riconosciuto come uno dei più grandi protagonisti della scena post-dubstep, anche se in realtà alla parziale affinità con la battuta sincopata di Burial si dovrà aggiungere l’intimismo pop proprio degli XX e le trame colorate di un’elettronica da camera propria di un Four Tet e di tanti beatmaker americani dal tocco ultra sensibile.
The Importance Of Silence
Il 6 luglio del 2012 gli XX pubblicano “Angels”, brano atmosferico, intimo e minimale che anticipa il secondo album ufficiale, Coexist, il quale arriverà a inizio settembre. Coexist, influenzato tanto dalla scena elettronica che dal nu-soul, si presenta con atmosfere ancora più rilassate e meditative rispetto al suo predecessore. Un lavoro languido e quasi dimesso, a tratti fragile, ricco di pause e ripartenze nelle quali sono spesso le prime a divenire caratterizzanti, in un processo che diviene nostalgico, eppure liberatorio, semplice ma ad alto contenuto emozionale, come ben concretizzato nella ritmata parte finale di “Swept Away”, uno dei capolavori assoluti degli XX, il loro inno deep house per antonomasia. Un disco puro, profondamente melodico, con un impianto che diviene ancor più fragile e intangibile rispetto a quanto realizzato in passato. Il ritmo tende a dilatarsi, a volte scompare del tutto, e lievi pulsioni elettroniche, non di rado mutuate da scenari dubstep, rianimano i tortuosi ma limpidi sentieri emotivi.
Dalle rarefazioni di “Angels” si giunge ai battiti ipnotici e cullanti di “Fiction”, ai rasserenanti rallentamenti di “Try”, al morbido uptempo di “Sunset”, alla ricaduta dimessa di “Unfold”, in un ritratto che vive di sfumature impercettibili, un arcobaleno di colori che si staglia nel cielo notturno. La conclusiva “Our Song” è un unisono romantico che riporta alle atmosfere lievi e sospese di “Angels”, per chiudere il cerchio con chirurgica perfezione. Dal punto di vista lirico, i testi sono basati su relazioni che si interrompono, soffermandosi sui diversi step di una storia d’amore: dall’illusione dell’innamoramento alla devastazione dell’addio, al successivo isolamento del protagonista. Titoli come “Missing” e “Reunion” sembrano proprio voler sintetizzare in una sola parola i sentimenti evocati, con luce e buio che si rincorrono, dipingendo le due diverse prospettive interpretate da Romy e Oliver.
Coexist vola direttamente al n° 1 nelle chart britanniche, vendendo quasi 60.000 copie nella settimana successiva alla pubblicazione. Sarà in vetta anche in Portogallo, Belgio, Svizzera e Nuova Zelanda, mentre negli Stati Uniti arriverà fino alla quinta piazza della classifica generalista, raggiungendo però la testa nelle chart alternative e indipendenti, Sarà disco d’oro in Gran Bretagna, Germania, Canada e Belgio, con vendite in flessione rispetto all’esordio, ma destinate presumibilmente a incrementarsi nel tempo.
In Colour
In breve la musica degli XX diviene richiestissima come supporto sonoro, non soltanto per film e serie tv, ma anche per sfilate di moda (lo stesso Oliver sarà non di rado protagonista in passerella) e spot pubblicitari. Il trio prosegue anche un’intensa attività live, e le tre singole personalità iniziano a caratterizzarsi ognuna con le proprie peculiarità, tanto che non ci stupiremmo di vederle fra qualche anno impegnate anche in fortunate carriere soliste. Per il momento a imporsi è soprattutto Jamie, che a giugno del 2015 pubblica l’esordio solista: In Colour. Al disco partecipano anche Romy (voce su “SeeSaw” e “Loud Places”, ma dissemina chitarre e vocal sample anche altrove) e Oliver (voce in “Stranger In A Room”), facendolo diventare quasi un album aggiunto alla discografia della band d’appartenenza.
Dai breakbeat in pompa magna dell’iniziale “Gosh” all’abbraccio sensuale di “Obvs”, dalle spirali ritmiche di “Hold Tight” e “The Rest Is Noise” all’estasi totale della già citata “SeeSaw” (co-prodotta con Four Tet), In Colour disegna il mondo sonoro ideale in cui qualsiasi amante dell’elettronica minimal-pop vorrebbe perdersi, concepito mostrando il lato più dinamico del suo autore, fra svolazzi sintetici e repentini cambi di ritmo. Un’estasi armonica che attinge da una ricchissima tavolozza di colori, proprio quella rappresentata nella copertina, attraverso la quale vengono riscritti i dettami electro contemporanei. Jamie, artista a tutto tondo, cura scrittura, produzione, registrazione, mixaggio e artwork. Nel solo Regno Unito totalizzerà centomila copie vendute, risultato tutt’altro che disprezzabile di questi tempi, aggiudicandosi il disco d’oro, e ricevendo importanti nomination sia al Mercury Music Prize che ai Grammy Awards nella categoria “Best Dance/Electronic Album”.
Trick With Mirrors
Con In Colour Jamie Smith azzecca il disco della vita, ma il clamoroso successo riscosso ha anche la forza di mutare lo scenario di riferimento, trasformando gli XX da cult-band per malinconici amanti della musica elettronica a fenomeno fra i più attesi del 2017. E le attese vengono puntualmente soddisfatte da I See You, pubblicato a gennaio 2017: proprio il contributo di Jamie di dimostra decisivo nel processo di arricchimento del sound della band, a partire da una decisa infusione ritmica, evidentissima già dai fiati campionati e dai rigogliosi arrangiamenti studiati per l’iniziale “Dangerous”, repentina inversione di tendenza rispetto al sommesso minimalismo della “Angels” che apriva Coexist. I ritmi sono up e coinvolgenti nel primo singolo “On Hold”, con tanto di campionamento ripescato da una vecchia hit di Daryl Hall & John Oates, e nella successiva “I Dare You”: è questa la principale discontinuità rispetto ai primi due album del trio londinese.
Le altre sette tracce restano più aderenti alla linea intrapresa in passato, puntando sulle emozionanti nudità di “Performance” e “Test Me” e sui notturni midtempo che hanno costruito nel tempo la loro fortuna, fra i quali spicca il trittico “Say Something Loving”/“Lips”/“A Violent Noise”, che qualifica e dà spessore all’intero album (poco più avanti “Replica” e “Brave For You” aggiungeranno ulteriori punti al risultato finale).
Confermando il prezioso mix di programmazioni elettroniche, semplici linee di chitarra e studiata alternanza di voce maschile e femminile, gli XX con I See You si rinnovano nella continuità, e attraverso la consueta produzione ricercatissima raggiungono una personalità ancor più definita, senza mai rinnegare sé stessi. I See You debutta direttamente al numero 2 della chart di Billboard e raggiunge la prima posizione in Inghilterra, Germania, Irlanda, Australia, Olanda, Belgio, Portogallo, Scozia e in tutte le chart indipendenti e alternative americane. Nel Regno Unito nei primi sei mesi dalla pubblicazione totalizza circa sessantamila copie vendute, aggiudicandosi il disco d’argento.
In Tour
Il tour a supporto dell’album è un successo ovunque e porta il trio a suonare come headliner in alcuni dei festival più importanti al mondo: soltanto nel mese di giugno sono sul palco del Primavera Sound di Barcellona, del Bonnaroo e di Glastonbury, e pochi giorni dopo saranno una delle attrazioni principali dell’edizione 2017 del Postepay Sound Rock In Roma, per portare anche in Italia (erano già stati a Milano in inverno nella tranche indoor del tour) il loro gioco di luci e specchi, posti a caratterizzare la scenografia. Anche nella dimensione live a svettare imperiosa è la figura di Jamie, sempre più fulcro vitale del trio, grande burattinaio di un suono che viene pilotato dall’alto, muovendosi fra console, synth, drum machine e marchingegni elettronici di ultimissima generazione. Romy Madley Croft ci mette quella voce che l’ha posta all’attenzione mondiale come una novella Tracey Thorn, e ci mette anche quella chitarra, rapidamente diventata un trademark impossibile da non riconoscere; non è bella Romy, a tratti appare persino impacciata nei movimenti, ma quando propone in perfetta solitudine la languida “Performance”, la platea assiste commossa in religioso silenzio, come al cospetto dei più grandi.
L’atletico Oliver Sim è l’altra voce, calda, profonda, ma anche il basso pulsante del gruppo, sempre più presente e meno algido, grazie ai centinaia di concerti macinati in sette anni in giro per il mondo. I ragazzi sono sinceri, nonostante i complimenti e le copertine raccolte un po’ ovunque, si abbracciano spesso Romy e Oliver, si scambiano affettuosi baci sulla guancia, come a volersi fare reciprocamente coraggio nell’affrontare ogni volta la prova di una platea tanto numerosa, come se vivessero un sogno dal quale non volessero svegliarsi più.
La conclusione degli show nel tour di I See You è spesso affidata all’infinita dolcezza di “Angel” chiusa dal coro all’unisono “Love, Love, Love”. Un concerto degli XX conferma la tendenza odierna ad abbattere le barriere fra generi musicali, aggiungendo a ricette già consolidate la propria personale dose di intimismo e sensualità.
Progetti solisti
A settembre del 2022 è la volta del primo album solista di Oliver Sim, Hideous Bastard, che vede nelle vesti di produttore l'amico Jamie XX. In più di qualche frangente Hideous Bastard non si discosta troppo dalle caratteristiche peculiari della band madre, come nel tratto minimalista manifestato in “Saccharine”, oppure nella sorprendente “Unreliable Narrator”, impostata su un mood che si approssima dalle parti del miglior John Grant. Dal punto di vista testuale, Oliver entra in maniera decisa su questioni molto personali, raccontando di sé come mai aveva fatto prima. E lo fa senza indugiare, già sulla toccante prima traccia, “Hideous”, nella quale dopo aver ricevuto la benedizione di Jimmy Somerville afferma di aver contratto l’HIV a 17 anni, elemento che si aggiunge al coming out riguardante il gender d’appartenenza. Argomenti che il musicista londinese non avrebbe potuto trattare in maniera tanto diretta all’interno di un progetto condiviso con altri: qui invece può permettersi di mostrare tutta la propria nuda vulnerabilità.
Ma Hideous Bastard non è un disco registrato sottovoce, tutt’altro. Nella sequenza “Romance With A Memory” / "Sensitive Child” / “Never Here” ci sono i beat a sostenere e dare slancio alla scrittura, svelando il lato musicalmente più spigliato di Oliver. Senza considerare i remix in circolazione: la versione iper pompata da Midland di “Romance” o quella stilosissima realizzata da Jamie XX per “GMT”. Ora che anche Romy, dopo aver diffuso un paio di singoli, approderà senz’altro al primo album a suo nome, gli XX saranno pronti a tornare, potendosi ripresentare al mondo come un vero e proprio supergruppo, formato da tre formidabili fuoriclasse.
Trascorre un altro anni e a settembre del 2023 è la volta dell'esordio in solitaria di Romy: Mid Air, che contiene tutti i singoli sino a quel momento centellinati, eccetto i primissimi due, “Lifetime” (risalente al 2020) e “Lights Out”. Mid Air è organizzato con un andamento in crescendo. Le prime tracce sono quelle più legate all’immaginario XX, quell’elettronica densa di malinconia e introversione che riporta in maniera inevitabile agli Everything But The Girl, caratteristiche riscontrabili tanto nella doppietta iniziale “Loveher” / “Weightless” quanto nella successiva “The Sea” con quel tocco balearico dai poteri incantatori che ammalierà tutti coloro che hanno stampati negli occhi i tramonti di Café del Mar.
Sono però le ritmiche house imposte nella seconda parte dell’album dalla già nota “Strong” (in collaborazione con Fred Again…) e dalle successive “Twice” e “Did I” a far sì che Mid Air si caratterizzi in maniera forte come un omaggio alla club culture dai decisi risvolti queer. Come fosse il “Confessions On The Dancefloor” di Romy. E il suggello è posto dalle euforiche “Enjoy Your Life” (instant classic a metà strada fra una “Lady” e una “Get Lucky”, concepito insieme a Jamie XX) e “She’s On My Mind”, perfette nel mostrare il lato più sbarazzino e divertente di Romy, rimasto per troppi anni sepolto sotto tonnellate di spleen. Forti dell’esperienza acquisita separatamente, il prossimo capitolo della storia dovrebbe segnare il ritorno del trio al gran completo: i lavori pare siano già iniziati…
Nove anni dopo il raffinato minimalismo di “In Colour”, Jamie XX amplia a dismisura la palette dei colori (anche se per la copertina questa volta punta su un bianco e nero psichedelico) centrifugando decenni di club culture nei tre quarti d’ora di In Waves, pubblicato a settembre del 2024, fondendo un imponente ventaglio di stili e sub-generi. Materiale composto ex novo, col piglio del beatmaker nerd che ha studiato a fondo ogni anfratto della musica da ballo (replicando in musica il medesimo approccio che Quentin Tarantino applica dietro la macchina da presa), oppure preso a prestito e cucito insieme utilizzando numerosi sample. Stralci di musica del passato che riemergono a nuova vita, riaccendendo i riflettori su protagonisti troppo presto scivolati nel dimenticatoio, come il soul singer J.J. Barnes (la sua “I Just Make Believe”, un r&b del 1973 in perfetto Motown style, è la leva dalla quale si sviluppa “Dafodil”) o Tina Moore, un buon successo nel 1997 la “Never Gonna Let You Go” che qui funge da incipit per l’intero album. Quando si punta sui sample, il confronto con gli australiani Avalanches è uno dei primi a saltare in mente, e Jamie XX non ci ha pensato due volte ad invitarli per elaborare insieme “All You Children”, loro che sulle potenzialità del sample hanno costruito una carriera, una ragione di vita. Ma, dicevamo, In Waves racchiude un ventaglio di stili, che spazia dalla deep house (“Wanna” è soltanto il primo di una serie di azzeccatissimi colpi da maestro), perfetta per visualizzare quei tramonti balearici in grado di suggellare una giornata indimenticabile, ai breakbeat che caratterizzarono la prima UK Garage (“Treat Each Other Right”, ovvero come mantenere insieme folli cambi di pitch senza far perdere solidità al brano), che rendono alla perfezione la sensazione di appagamento che si prova all’interno di un club, quando il caleidoscopio di suoni ti avvolge facendoti sentire al centro dell'universo. Dentro In Waves ci sono Ibiza, Miami, Berlino, Detroit, Londra, Chicago, ma quello che viene rappresentato non è un dancefloor che sta andando in frantumi, lasciando in terra soltanto detriti, come accade ad esempio nelle creazioni di Burial, no, qui il dancefloor è vivo e vegeto, e sopra vi si sviluppa una dannata voglia di ballare. Certo, nella realtà il mondo delle discoteche non sta passando il miglior momento della sua storia, ma Jamie XX vuole che i propri sogni di adolescente continuino a restare vivi, e per render possibile tutto questo mette a punto un mood vibrante, gioioso, denso di groove, impegnando tutto sé stesso per concedere validi motivi affinché le persone tornino a popolare notti interminabili. Jamie vive per questo, lo si percepisce in maniera netta: è la sua vita, il suo lavoro, la sua mission.
Nella sontuosa “Dafodil” riunisce intorno alla stessa idea l'esperienza di Panda Bear e due astri in ascesa come la rapper londinese John Glacier (se non la conoscete ancora ne sentirete parlare molto presto) e la cantante e violoncellista losangelina Kelsey Lu (un album e già tante collaborazioni all’attivo), generazioni diverse unite in maniera armoniosa per il raggiungimento di uno scopo comune. Per Robyn, Jamie imbastisce un vestitino multicolor intitolato “Life”, un fuoco d'artificio corredato da mille piccole trovate, compresa una chitarra flamenco che si scorge per un nonnulla. Jamie racconta di aver completato “Life” al rientro da una serata trascorsaa in consolle al Pacha: dopo averla ascoltata, non stentiamo a crederci. La lunga e strutturata “Breather” fonde insieme tre parti, transitando dalla techno berlinese all'ambient, fino alla house in cassa dritta, tutto nella medesima traccia, con una cura dei suoni mai meno che impeccabile. "Still Summer" è un altro highlight, buona per il dancefloor, buona per un aperitivo al tramonto, buona per un ascolto casalingo o per accompagnare un lungo viaggio in macchina, una delle tante facce di questo prisma euforico che è In Waves. Dentro c’è anche la storia di Jamie, che si riunisce a Romy e ad Oliver Sim per “Waited All Night”, come a voler lenire l’attesa per il prossimo progetto firmato XX. Non che si siano mai persi di vista, sia chiaro, Jamie è stato saldamente a fianco dei due anche nei recenti esordi solisti, proprio mentre – negli ultimi quattro anni – sfruttava qualsiasi ritaglio di tempo libero per completare In Waves. Il materiale non si esaurisce con le dodici tracce della tracklist base: nella deluxe edition della versione in vinile è allegato un 12 pollici con ulteriori cinque canzoni. Oltre a tre singoli centellinati nel corso degli ultimi due anni (“It’s So Good”, “Let’s Do It Again” e “Kill Dem”), compaiono anche due inediti, “F U” con ospite alla voce Erykah Badu, e la più docile “Do Something”. Entrambe sembrerebbero catturate live (si sente il vociare del pubblico) nel bel mezzo di una boiler room. In Waves non rappresenta lo stato dell'arte della musica elettronica, non è avanguardistico come altri lavori electro contemporanei, non c'è nulla che guardi verso il futuro o rielabori la scena post-rave, ma fornisce un'incontenibile scarica di adrenalina. L’atmosfera da party è evidenziata dalla presenza di brani come “Baddy On The Floor”, che registra un altro featuring importante, Honey Dijon. L’album ha anche il pregio di possedere un’intrinseca fruibilità, caratteristica che contribuirà ad allargare l’audience del suo autore, grazie alla presenza di canzoni in grado di funzionare alla perfezione tanto su una pista da ballo quanto su TikTok quanto su qualsiasi playlist costruita su Spotify. Dopo un lavoro di questo spessore, la fila di estimatori presenti fuori la porta di Jamie XX non potrà che diventare ancor più lunga, e in mezzo a loro aumenterà a dismisura il numero di musicisti che desidereranno collaborare con lui. Un successo annunciato, e ultra meritato.
XX: | ||
XX(Young Turks, 2009) | 8 | |
Coexist (Young Turks, 2012) | 7,5 | |
I See You (Young Turks, 2017) | 7 | |
Jamie XX: | ||
We're New Here (with Gil Scott-Heron, Young Turks, 2011) | 7 | |
In Colour(Young Turks, 2015) | 8,5 | |
In Waves (Young, 2024) | 8 | |
Oliver Sim: | ||
Hideous Bastard(Young, 2022) | 7 | |
Romy: | ||
Mid Air (Young, 2023) | 7 | |
Crystalised (from XX, 2009) | |
Basic Space (from XX, 2009) | |
VCR (from XX, 2010) | |
Islands (from XX, 2010) | |
Angels (from Coexist, 2012) | |
Chained (from Coexist, 2012) | |
Fiction (from Coexist, 2013) | |
On Hold (from I See You, 2017) | |
Say Something Loving (from I See You, 2017) | |
I Dare You (from I See You, 2017) |