Warm Soda

Young Reckless Hearts

2014 (Castle Face)
garage-pop

Avrà anche tradito lo spirito grezzo e scarduffato dei primi passi, ma Matthew Melton non ha certo sconfessato la sua disciplina in fatto di regolarità: cambiano i calendari sulle pareti della sua tana, si avvicendano le ragioni sociali di cui è titolare eppure un disco all’anno, cascasse il mondo, deve mandarlo in stampa. Ancora fresca di battesimo, la nuova creatura Warm Soda è già nei negozi con la sua opera seconda, “Young Reckless Heart”, per la quale varrebbe a grandi linee quanto già scritto a proposito dell’esordio. Nulla di veramente significativo pare infatti essere capitato in questo annetto in casa Melton: la ricetta conferma il proprio orientamento verso un garage-pop leggerino e smaliziato, con il frontman al solito indeciso sulla posa da assumere – languido seduttore o rocker svaccato – e gli inconfondibili riff elementari ma incisivi a disegnare le quinte del suo teatro.

In questo sophomore la compagine di Oakland sembra aver ridotto all’osso le già marginali impurità del precedente lavoro e tutto scorre allora fin troppo liscio. Le chitarre si mostrano addirittura pulitine, le lacerazioni restano amplessi artatamente simulati in studio e la bassa fedeltà è ridotta a irrisorio complemento, nel quadro di un piccolo disco confezionato con garbo sin eccessivo. Quello del cantante baffuto non è più (sempre che mai sia stato) rock revivalista e scapigliato. E’ un mondo a parte, gradevole ma schiacciato dai suoi stessi artifici secondo una logica di automatismi reiterati a oltranza, e nei frangenti più banali si limita appunto a snocciolare in sequenza i cliché della ditta come le spente formule di un rosario.
Tutto appare fondamentalmente corretto, la griffe è ben riconoscibile, le melodie viaggiano in corsia preferenziale, i coretti danno corpo a tormentoni cui non è sempre facile resistere e il disimpegno non manca di essere celebrato con un’opportuna dose di agevolazioni pop. Nondimeno, ogni passaggio si rivela prevedibile fin nel più infimo dei dettagli e le scosse degne di questo nome si contano sulle dita di una mano. “Postcards” è tra queste perché ricorda appena un po’ di più la band precedente, per quanto vi trovi sostanziali conferme anche la linea più morbida di “Someone For You”: con l’immutato approccio à-la Julian Casablancas ma senza più la componente glam che, a dirla tutta, quell’album lo insaporiva non poco.

I nuovi pezzi frizzantini si succedono senza soluzione di continuità come quelli dell’anno passato. Si lasciano anche canticchiare in maniera fraudolenta, se si abbassa la guardia, ma non hanno modo di andare al di là di una fruizione effimera, perfetti per i momenti in cui ci si trovi in ben altre faccende affaccendati. Matthew va a segno quando adotta il registro della tenerezza, ribadendo la sua felice propensione per una scrittura agile e d’immediato impatto: refrain contagiosi, coloratissimi assoli pocket, trame stilizzate, sound che ricorda gli Strokes. Se questa coerenza stilistica resta un dato impossibile da contestare e contribuisce a consolidarne l’impronta alla stregua di un marchio subito riconoscibile, l’immobilismo creativo di cui è indice appare per converso un limite evidentemente irriducibile (“Forbidden Emotion”, per dirne una, è la fotocopia da quattro soldi della vecchia “Lola”).

Chi aspettasse dal Nostro passi avanti significativi o una svolta coraggiosa non troverà insomma pane per i suoi denti; gli altri non dovrebbero annoiarsi, sempre che sappiano accontentarsi dell’ennesima replica senza troppe pretese. Le canzoni dei Warm Soda continuano ad avere il gusto di un innocuo revival, di bibite analcoliche, zucchero filato e sticker ormai datati, ma senza la genialità estemporanea e la weirdness di un King Tuff. L’amore giovane cantato da Melton non è esattamente spericolato come il californiano vorrebbe farci credere. Gli mancano gli strappi senza toppe, il rischio, i brividi autentici.
Il vero sussulto arriva solo in chiusura con il convincente ritorno al voluttuoso clima rock dei migliori Bare Wires. Poco e troppo tardi per convincere a promuovere “Young Reckless Hearts” dal non troppo edificante calderone dei senza infamia e senza lode, in cui pare collocarsi quasi per elezione.

21/04/2014

Tracklist

  1. Going in Circles
  2. Postcards
  3. Young Reckless Hearts
  4. Someday You Will Understand
  5. Forbidden Emotion
  6. Save This Dance for Me
  7. When Your Eyes Meet Mine
  8. The One I Need
  9. Smoke Gets in Your Eyes
  10. Things That We Said
  11. Will I Still Want You? (When I Find You)
  12. Stranger To Me

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