Lana Del Rey

Honeymoon

2015 (Polydor)
torch song-sad-pop

Avere tra le mani il nuovo disco di Lana Del Rey è più impegnativo e scottante che essere in possesso di nuove rivelazioni di WikiLeaks, soprattutto dopo che le speranze di molti giornalisti di poter sputtanare la sua carriera si sono arenate di fronte alla densità creativa di “Ultraviolence”.
Non che abbia convinto i suoi detrattori, sia ben chiaro, ma la presenza di Dan Auerbach e il parziale flop commerciale hanno almeno smussato la malvolenza, anche se i critici sono rimasti fermi sui loro trespoli come condor in attesa dell’inevitabile passo falso.
Le voci di un album hip-hop per riagguantare le classifiche, quelle su una possibile collaborazione con Giorgio Moroder e poi con Mark Ronson e il provocatorio titolo provvisorio di "Music To Watch Boys To" hanno preparato il terreno a questa inattesa e precoce eiaculazione sonora.

E’ sempre più evidente che Lana Del Rey abbia scelto di essere se stessa, e di non cedere alle mille ipotesi sul suo futuro che fan e stampa hanno messo in piedi dopo il trionfo critico di “Ultraviolence”.
Altro che hip-hop e produzioni altisonanti, “Honeymoon” è l’equivalente sonoro di “Viale Del Tramonto”, un progetto dove il personaggio si stacca definitivamente dall’anima della sua creatrice e diventa icona di una finzione sonora ancor più raffinata e dolorosa, dove la noia e l’attesa sostituiscono il clamore del successo e le luci dei riflettori.
“Ho perso me stessa e ho perso anche te”, canta Lana in “Terrence Loves You”, quasi a sottolineare quel languore melodico che sembra prendere possesso in modo definitivo del suo stile.

E' la diva non diva, che dichiara senza timore “non ho molto per cui vivere/ da quando ho trovato la fama” in “God Know I Tried”, che si prende gioco dei maschi riducendoli a uomini-oggetto in “High By The Beach” (“sei un figlio di puttana/ ma questo non ti rende uomo/ la verità e che non ho mai fatto spesa nelle vostre stronzate/ non ho bisogno del tuo denaro per ottenere ciò che voglio”), in una rappresentazione quasi cinematografica, che più che alle donne di David Lynch assomiglia alle poche e fondamentali presenze femminili di “Querelle De Brest”.

Più fragile e umana, ma anche surrealista e felliniana nella sua lasciva voglia di farsi baciare dal sole, “tutto è luminoso ora/ niente più giornate nuvolose/ anche quando arriva la tempesta/ tutto quello che facciamo è giocare/ e ascoltare musica come 'Lay lady lay'’”, canta in “Religion”, lasciando intendere di volersi lasciare andare alle passioni vacue ma sane della vita (“non è mai stato una questione di soldi o di droga/ per voi, c'è solo l'amore/ perché sei la mia religione/ quando sono in ginocchio, è come se pregassi”), in un turbinio erotico-sensuale che in “Freak” è ancora più esplicito ("Baby, se vuoi andar via/ vieni in California/ sii  freak come me/ baciami  mentre lo facciamo/ amarmi è tutto quello di cui hai bisogno per sentirmi").

La dimensione musicale che avvolge le canzoni di “Honeymoon” è indolente, un’evoluzione-involuzione dove resta ben poco spazio per le ruffianerie pop che ancora imperversano nella musica da supermarket. La struttura dei brani è più convenzionale con verso e refrain e una sottile linea di jazz-blues che va da Nina Simone al Miles Davis di Sketches Of Spain”, con il soave e romantico intermezzo di “Salvatore“ che profuma di Marlene Dietrich e Jeanne Moreau.
Narcisista, autoindulgente, narcolettico, ripetitivo, malinconico, questi sono gli aggettivi già pronti per salutare “Honeymoon”, gli stessi con cui qualcuno ha spesso etichettato Van Morrison o Leonard Cohen. Non che Lana abbia la stessa stoffa dei due, ma è uno spunto di riflessione che spinge l’analisi sulla scrittura delle canzoni.

Lana ha affermato che la title track è il brano dove l’album ha inizio e fine, confermando che questa è la musica che lei ama, e non c’è volontà d’incrociare la moda o l’hype. Il trittico iniziale non è solo una sequenza di torch song invaghite di pop e muzak, ma un campionario esaustivo della complessità lirica del suo songwriting, tra melodie che si inseguono e si alternano senza mai modificare l’humus sonoro. “Honeymoon” offre ben quattro diverse melodie modulate con abilità e un uso dell’orchestrazione quasi perfetto, mentre “Music To Watch Boys To” scorre le pagine del trip-hop e del melò con un arioso refrain. Ma il culmine è l’ottima “Terrence Loves You”, che mette insieme il Bowie di “Space Oddity” e il Miles Davis di “Time After Time” su un tappeto sonoro quasi jazz e Lynch-iano fino allo sfinimento, tra fraseggi accennati di sax e un refrain più incisivo che cita il Major Tom del Duca Bianco.

Come in ogni album della Del Rey, ognuno troverà il suo brano preferito che lo asterrà dalla stroncatura e dall’abbandono definitivo, che sia la minimalistica e quasi ossessiva “God Knows I Tried” o l’elettro-soul di “Freak” (siamo dalle parti dei migliori How To Dress Well), la normalizzante “Religion” o persino la latineggiante e quasi burlesque “Salvatore” (un omaggio al suo ex-ragazzo italiano?).
Per i più oltranzisti, restano quattro brani su cui allungare lo sguardo e l’orecchio: il moderno soul di “Art Deco”, impreziosito da strappi di sax, il potenziale hit “The Blackest Day”, che spicca per orecchiabilità nonostante il tono dark, ma soprattutto “24” una torch song con influenze mariachi dove la tensione emotiva è più palpabile e vivida. Anche se sono convinto che sarà la soavità quasi perfetta di “Swan Song” a conquistare i cuori dei più restii (non fosse altro perché lei canta “non canterò più”), un altro esempio di eccellente scrittura e arrangiamento che chiude egregiamente la sequenza aperta con “Honeymoon”, prima che un'innocua e superflua versione di “Don't Let Me Be Misunderstood” cali il sipario sull’album più volutamente noioso e piatto che Lana abbia inciso fino ad ora.

Un altro schiaffo alle regole del business da parte di un’artista che più che inseguire è stata inseguita dal successo, una donna che si mette a nudo con uno strip-tease sonoro che stravolge le regole di quei social dove finzione e realtà si sovrappongono. “Honeymoon” è la malinconia e lo sconforto che si nasconde dietro l’esternazione di una felicità apparente, un vaporoso chill-out dove le emozioni scorrono inerti, quasi smarrite, l’album pop più triste e poco confortevole mai inciso da una star delle classifiche.

20/09/2015

Tracklist

  1. Honeymoon
  2. Music To Watch Boys To
  3. Terrence Loves You
  4. God Knows I Tried
  5. High By The Beach
  6. Freak
  7. Art Deco
  8. Burnt Norton (Interlude)
  9. Religion
  10. Salvatore
  11. The Blackest Day
  12. 24
  13. Swan Song
  14. Don't Let Me Be Misunderstood




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