I don’t sing for reviewers or reviews
Every song I sing is for you
Pur non presentando raccolte di inediti intestate ai Burning Hell, il 2015 è stato per Mathias Kom un anno intenso e ricco di soddisfazioni. Lo ha inaugurato ad aprile il primo album live della compagine canadese, "Live Animals", presto seguito da un paio di lavori realizzati di fatto dai soli Mathias e Ariel Sharratt, sua compagna di vita, a proprio nome o in compagnia di qualche amico selezionato. La nuova ragione sociale The Fox ha aperto i battenti con un estemporaneo disco eponimo rilasciato a stretto giro di posta. La doppia coppia che ne è artefice comprende oltre a Kom e partner anche l’amico Stanley Brinks aka André Herman Düne (già ospite di lusso in nel mezzo capolavoro "People") e la di lui dolce metà Clemence Freschard. A dispetto del pregevole cast, la dimensione rimaneva tuttavia troppo bozzettistica, sorniona e frugale, troppo vanamente scherzosa e con pochi lampi tra scrittura ed esecuzione (la carineria di “Please Let Me Fall In Love”) per concretizzarsi in un progetto artisticamente solido e legittimare l’acquisto, con la sua coralità esasperata stile “quattro amici attorno al fuoco” (anche divertente ma del tutto oziosa, vedi “Cocktails”) e il suo impianto acustico un po’ monocorde. Con il timone espressivo lasciato a Brinks, il disimpegno non poteva che tendere al plateale, tediando ben più del necessario in un divertissement per pochi intimi, di quelli che sanno intrattenere giusto chi li ha concepiti e pochi altri.
Discorso diverso merita invece questo "Don’t Believe The Hyperreal", lavoro gentile e misuratissimo cointestato a Kom e alla Sharratt, rilasciato dalla label di famiglia (Headless Owl) a un tiro di sputo dal 2016 e dalla nuova fatica della band regina, "Public Library". Sono cameristiche ma ariose le nuove composizioni firmate dal piccolo e barbuto songwriter dell’Ontario, cui non occorre nulla più che l’ombreggiatura del clarinetto o una placida carezza della chitarra per sedurre, ancora con quella modulazione pulitissima del baritono nell’inseguimento ora legittimo al mostro sacro Bill Callahan (“Somebody To Duet With”). Ricordano a tratti i duetti tra Stuart e Isobel nei Belle & Sebastian degli anni d’oro (“The Love That Treats You Good”, “In The Future”), anche se la parodia guarda più in là, al morbido folk canadese dei sixties.
Una prova trasparente quanto accattivante quindi, depurata delle consuete forzature freak-folk, dei cabarettismi e dei facili accomodamenti macchiettistici, per riscoprire il grado zero della canzone d’amore, magari con quel tocco di humour che non guasta e sa di ciliegina sulla torta. Si pensi a un primo appuntamento raccontato in equilibrio tra favolismo e autobiografia, con quel fondo di sarcasmo mai rancoroso che commuove persino. E’ “Fuck The Government, I Love You”, e in versione rallentata farà da traino anche nell’album seguente. In questo, non ruba comunque la scena a quell’altro manifesto identitario in cui l’orgoglioso Mathias canta apertis verbis di non scrivere le sue canzoni per far bella figura nelle recensioni, ma solo per gratificare la sua ridotta platea di affezionati, il tutto mentre il solito Brinks lo accompagna con l’ocarina e la Freschard affianca Ariel ai cori.
Scordatevi le iperboli, suggeriscono loro, dimenticate gli amorazzi da rotocalco e le mitologiche coppie del silver screen fissate nel collage di copertina (non solo gli altisonanti Gable & Leigh, Harry & Sally o Leila & Han Solo, ma anche i protagonisti cult di “Gangster Story” e “Schegge Di Follia”). Meglio quelle improbabili ma autentiche e toccanti come Maurice Sendak – autore di “Nel paese dei mostri selvaggi” – e la sua psicanalista e compagna Eugene Glynn, omaggiati dalla Sharratt nel brano di congedo. Intimo, ispirato, imbevuto di un romanticismo mai lezioso, "Don’t Believe The Hyperreal" è un piccolo album delizioso che accarezza l’ascoltatore anche e soprattutto grazie all’incantevole prova di Ariel, tagliando le asprezze goliardiche che sono un po' la croce e delizia della band a pieno organico. Come licenza (creativa e poetica) niente male davvero.
26/04/2016