Petrels

Flailing Tomb

2015 (Denovali)
synth-ambient, noise
7.5

Ai tempi del primo “Haeligewielle” quasi nessuno avrebbe scommesso che Petrels sarebbe diventata la creatura principale di Oliver Barrett. L'impressione era quella di un side-project destinato a fungere da valvola di sfogo per una passione, quella per l'elettronica, che faticava a trovare sfogo fra le catarsi post-rock dei Bleeding Heart Narrative. Un cursus honorum rapidissimo ha invece portato questa tesi a essere scartata e oggi, con il quarto lavoro per Denovali in poco più di due anni di attività, Barrett può finalmente guardare la sua creatura e vederci una delle certezze portanti del sintetismo contemporaneo.

Con “Flailing Tomb”, infatti, Petrels abbandona quel limbo fatto di richiami elettroacustici, cariche sintetiche, accenni e stralci di idee evolute in dialettica tesi-antitesi per giungere finalmente alla sintesi definitiva, reincorporando in essa anche quel passato che sembrava accantonato per sempre. Un disco massimalista, che cammina a testa alta e tuona impetuoso, che riunisce l'istrionismo di “Onkalo”, la delicatezza e la timidezza di “Mima”, la rabbia e la curiosità di “The Silvery Chimney Club/Wat Tyler” e le estasi corali trascinanti elaborate con il gruppo. C'è Oli Barrett al 100% in questo Petrels, forse per la prima volta, di sicuro con effetti dirompenti.

La partenza di “We Are Falling Into The Heart Of The Sun”, che guarda alle stratificazioni monumentali di un Ben Frost tenendo a bada una miriade di reazioni chimiche nel suono, è il biglietto da visita più efficace e stupefacente, che offre un approccio alla materia sonora senza mezzi termini. Travolta dal muro di armoniche, l'immersione in droni commoventi e campionamenti vocali di “Thangen After Dothe” funge da oasi, regalando uno spaccato sentimentale tutto nuovo. La voce dello stesso Barrett, rielaborata e trasformata in preghiera, guida verso il climax emotivo: è il brano più personale, autobiografico e toccante che Barrett abbia mai scritto.

Una parentesi prima della vignetta espressionista di “Orpheus”, una sorta di cabaret post-shoegaze dai mille volti, che parte in seno a un pop onirico in stile Tearwave, passa attraverso un'immersione narcotica e riprende vita nel finale in forma di marcia corale. A fare da sacerdotessa in questo splendido caleidoscopio è chiamata Never Sol, label mate di Barrett in Denovali e ideale sostituta di una Liz Fraser sognata. La varietà incredibile di umori, sensazioni e suoni conferma il flusso di coscienza come tecnica preferita da Barrett, estraneo e allergico a qualsiasi razionalizzazione autentica della sua variopinta e imprevedibile grammatica sonora.

A chiudere le danze è chiamata la suite “L. Caution”, venti minuti abbondanti che rappresentano il paradigma sonoro e attitudinale di Petrels. La partenza della prima parte è affidata ad arpeggiatori ipnotici che si destreggiano fra schegge di droni, prima che queste ultime prendano il sopravvento costruendo una deliziosa velatura dreamy nella seconda parte. La terza, infine, lunga quasi dieci minuti, è uno sfogo senza pietà, un massacro di distorsioni che trasfigura il post-rock dei Bleeding Heart Narrative con crudezza e una cattiveria inaudita, portando l'intero disco al collasso e facendolo concludere con una sorta di autodistruzione mnemonica.
Atteso, sperato, presunto, temuto: il disco della consacrazione di Petrels è ora realtà.

08/06/2015

Tracklist

  1. We Are Falling Into The Heart Of The Sun
  2. Thangen After Dothe
  3. Orpheus
  4. L. Caution: Part One
  5. L. Caution: Part Two
  6. L. Caution: Part Three

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