Blood Orange

Freetown Sound

2016 (Domino)
synth-funk, electro-soul, songwriter

Devonté Hynes ha finalmente trovato casa. Nonostante risieda a New York da oltre un decennio, si è solo recentemente arreso alla nozione di star vivendo nell'esatto posto dove sente di appartenere veramente col cuore, alla faccia di quel che specifica il suo certificato di nascita. Sensazioni come queste impiegano tempo ad acquistare chiarezza nello spaesato e talvolta intimorito cuore dell'emigrato, ma curiosamente nel suo caso, lo stesso si può dire circa la sua arte.
Quando ancora viveva nella natìa Londra, Devonté era un outsider timido e inquieto, che si era unito di sbieco al combo dance-punk dei Test Icicles per sfogare tutta l'energia repressa che si portava dentro. Poi, una volta attraversato l'oceano, si era reincarnato nel più disteso progetto folk Lightspeed Champion, tradendo comunque un'irrequietezza di fondo dietro quelle canzoncine acustiche gioiosamente demodé. La domanda gravava pesante su di lui, come potrebbe gravare su ognuno di noi: chi sei, veramente, tu? Per lui le cose hanno spiccato il volo solo una volta abbandonatosi definitivamente al viavai della colorata e rumorosa comunità di Brooklyn, dove si è ri-tramutato in Blood Orange e ha composto due lavori di ben altro spessore, ovvero "Coastal Grooves" e soprattutto l'acclamato mini-cult "Cupid Deluxe".

Chissà, forse in futuro anche questa nuova casa si rivelerà solo una tappa del grande Viaggio, ma per il momento il suo animo è placido. E quando un uomo si sente a casa e può tirare il fiato, vivere nel presente e riflettere sul passato diventa più naturale. "Freetown Sound", così chiamato in onore della città capitale della Sierra Leone da dove proviene suo padre, è il suono di un uomo che ha finalmente trovato il bandolo della matassa.
Lo scopo è contestualizzare, partendo dall'immagine dei suoi genitori freschi di sbarco nell'inospitale est di Londra, e traendo poi paralleli coi quesiti della società di oggi e con quanto vissuto in prima persona, dal momento che la storia di un africano di Londra trapiantato a New York è già di per sé un altro racconto fuori dai soliti schemi. Ma è proprio qui che Blood Orange assurge al ruolo di artista capace di leggere il suo tempo; c'è qualcosa di estremamente benevolo nella sua musica, un fascino fluido e interlocutorio che parla ai diversi, agli estranei e agli emarginati in maniera pungente e mai retorica. Non si tratta di spiattellare verità né di forzare la propria opinione, ma come diceva pure una certa Janet: let's keep the conversation going. In tempi sicuramente tesi per le minoranze del mondo occidentale - col movimento Black Lives Matter dolorosamente ribalzato in prima pagina dopo gli ultimi fatti in Louisiana e Minnesota, e la strage di Orlando a gravare sull'intera comunità Lgbtq durante il mese del Pride - la musica di Blood Orange suona come un raffinato e confortante balsamo per l'anima.

Il tutto, ovviamente, ritessuto in una serie di nuove splendide canzoni, caratterizzate da quel tipico e inconfondibile tocco che a questo punto potremmo quasi definire Blood Orange-sound. Non che ci fossero dubbi sulle sue abilità, dal momento che in qualità di autore, produttore e polistrumentista, Devonté ha già scritto svariati indimenticabili momenti nel corso degli ultimi anni, così oggi pezzi come "Augustine", "Hands Up", "I Know" e "But You" (cosa non è, quest'ultimo?) seguono tranquillamente nel solco: accorati, eleganti, fluttuanti e dannatamente emotivi. Al funk più limpido e reminescente degli Eighties di Prince e Michael viene aggiunta una dimensione intima e privata, cullata da sinuose linee di basso e filamenti di percussioni tropicali.
Ma è anche l'arte della collaborazione che oggi gli torna utile come non mai. Dopo essersi affiancato per anni ai progetti più disparati, dall'art-rock di Florence e Sky Ferreira al mondo dell'r&b alternativo di Solange e Fka twigs (ma per chi vi scrive, l'apice è stato raggiunto nel mondo del pop producendo e co-firmando questa mini-meraviglia), oggi Blood Orange può chiamare a sé una vasta gamma di voci femminili e farle fluire con soprendente facilità. Ecco Empress Of che galleggia sorridente sulla base ritmica di "Best To You", e la cara amica Carly Rae Jepsen in "Better Than Me", "E.V.P" si avvale addirittura della presenza di sua maestà Deborah Harry, mentre su "Chance" è la violoncellista e cantante roots-soul Kelsey Lu a occuparsi dei delicatissimi controcanti. Menzione d'onore alla splendida "Hadron Collider", in cui un'angelica e praticamente irriconoscibile Nelly Furtado si riscatta di tutte le tamarrate pubblicate nel decennio scorso.

Prende così vita uno dei progetti più articolati, intelligenti ed emotivi dell'anno in corso. Un "mixtape ad uso quasi personale" che, considerati sia il formato che l'autore e il genere di riferimento, probabilmente non raggiungerà mai ampie platee. Ma nel mondo delle webzine di settore "Freetown Sound" sta già facendo parlare molto di sé, coccolato dalla critica e protetto da una bolla di hype che - per una volta - è ben meritata, e non saremo certo noi a fare la differenza. Non resta che lasciarsi andare alle avvolgenti sonorità di questa Freetown, che per quanto sia solo la versione immaginaria di un posto mai visitato, suona globale e inclusiva per tutti, e non importa se sei "Not black enough, too black/ Too queer, not queer the right way". E chi più ne ha, ne metta.

13/07/2016

Tracklist

  1. By Ourselves feat. Ian Isaiah, Ava Raiin, Ashlee Haze
  2. Augustine feat. Ian Iasaiah, Ava Raiin
  3. Chance feat. Kelsey Lu
  4. Best To You feat. Empress Of
  5. With Him feat. BEA1991
  6. E.V.P. feat. Debbie Harry, BEA1991
  7. Love Ya feat. Zuri Marley
  8. But You feat. Bryndon Cook
  9. Desirée
  10. Hands Up feat. Bryndon Cook
  11. Hadron Collider feat. Nelly Furtado
  12. Squash Squash feat. BEA1991
  13. Juicy 1-4 feat. Ava Raiin
  14. Better Than Me feat. Carly Rae Jepsen, Bryndon Cook
  15. Thank You feat. Ava Raiin
  16. I Know
  17. Better Numb


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