Si sta facendo desiderare la signorina Knowles. Sino a questo momento Solange era sempre stata, per alcuni, soltanto la sorella minore di Beyonce, tra le due quella sicuramente meno dotata vocalmente e fisicamente ma anche quella con le frequentazioni più indie (Of Montreal e Chromeo) e con qualcosa in più per potersi costruire una carriera musicalmente più interessante: idee e buon gusto. Ne aveva dato prova nel precedente album “Sol-Angel And The Hadly St. Dreams” dove, con la collaborazione di gente come Neptunes, Mark Ronson, Cee-lo Green e Lamont Dozier, omaggiava in chiave moderna i miti del Motown-sound con cui era cresciuta.
E ulteriormente cresciuta, ora, sembra esserlo per davvero dopo la pubblicazione di un singolo clamoroso, e curiosamente più bianco rispetto al suo passato, come “Losing You”: un semplice, ma efficacissimo pattern ritmico, che ingloba sia sintetismi eighties, sia battiti e campionamenti che paiono provenire da un hip-hop party dei primi anni 90, a servizio di una melodia avvolgente e malinconica.
Per un album vero e proprio bisognerà attendere ancora qualche mese ma nel frattempo Solange ci aiuta ad addolcire l’attesa con “True”, un Ep di nemmeno mezz’ora di durata, interamente scritto e prodotto assieme a Mr. Lightspeed Champion, Dev Hynes. I due fanno nuovamente centro sotto il segno della nostalgia, persino più accentuata, con un altro brano che meriterebbe di far parte del full-length album in lavorazione, una palpitante e sexy “Lovers In The Parking Lot”, impreziosita da un liquido pianoforte e una morbidissima interpretazione.
Snodandosi su sonorità simili, seppur in chiave decisamente più pimpante, “Some Things Never Seem To Fucking Work” mostra subito come melodie e arrangiamenti di “True” suonino piuttosto omogenei, persino troppo, quasi fossero una variazione sul tema del primo, fortunato singolo. Eppure ogni brano riesce fortunatamente a mantenere una sua identità e a non annoiare, anche grazie alla breve durata complessiva; lo strascicato e irregolare beat di “Don’t Let Me Down”, ad esempio, sembra voler omaggiare quel genietto di Minneapolis che scriveva ballate per Dorothy Parker, così come l’atmosfera vagamente doo-wop che pervade il pezzo strizza l’occhio a Stevie Wonder.
L’urban-pop di “Locked In Closet” poi, che è quanto di più vicino a ciò che si potrebbe ascoltare su “I Am… Sasha Fierce”, mette definitivamente le cose in chiaro: laddove Beyonce strafà, Solange dosa con cura, laddove la signora Carter sbatte in faccia agli ascoltatori la sua irruente sensualità, la sorella preferisce corteggiarli con raffinata malizia.
A ribadire ulteriormente la diversa caratura rispetto alle colleghe ci pensa anche l’atmosferica “Look Good With Trouble” che, in un solo minuto e mezzo, esprime tutto quello che Janet Jackson non è riuscita a dire negli ultimi quindici anni e quasi si scioglie introducendo l’altrettanto lenta “Bad Girls”, fascinosa e notturna come solo una ballata electro-funk di fine anni 80 potrebbe suonare e che insegna a Rihanna come associare un assolo di chitarra elettrica a un pezzo simile senza farlo suonare volgare e posticcio.
“True” è solo un conciso antipasto, fresco e piacevolissimo, ma che si guarda bene dal rivelare in anticipo tutto ciò che la Knowles tiene in serbo per il suo terzo album (oltre a Hynes anche Pharrell Williams e Chromeo dovrebbero far parte della squadra) che ci si augura possa essere persino migliore. Una cosa è però certa: l’Ep ribadisce che, in ambito pop, è sicuramente Solange quella su cui tener gli occhi puntati nel 2013.
03/12/2012