Gonjasufi

Callus

2016 (Warp)
art dub-rock

Negli ultimi quattro anni Sumach Ecks, per tutti Sumach Valentine aka Gonjasufi, è rimasto in disparte, accampato in qualche zona sperduta dell'amato deserto del Nevada. Un tempo lunghissimo, in cui il buon Gonja ha trattenuto le proprie velleità musicali - eccezion fatta per le dovute e sempre piacevoli collaborazioni con il fidato amico Glaslamp Killer - ma soprattutto i propri psicodrammi, palesati con forza fin dalle prime battute del presente "Callus", terzo Lp in sei anni di onorato "alloggio" in casa Warp.
La celebre etichetta inglese ha riposto enorme fiducia nel talento di questo insolito sciamano postmoderno, al punto da lasciargli "carta bianca" su tutto, in particolar modo sulla stesura definitiva di un suono che pare provenire da qualche garage semi-abbandonato della californiana Not Not Fun, piuttosto che dalle moderne e agiate stanze dei bottoni londinesi.

"Callus" è quindi un album storto, lurido e scevro da ogni possibile compromesso. Stavolta, il predicatore Sufi è incazzato nero. La sua intenzione è di scaraventare un malessere profondo, e per nulla nascosto, mediante un'accozzaglia di strampalate partiture dub-rock (su tutte il battito sbilenco di "Maniac Depressant"). Definire canzoni queste diciannove tracce è il più delle volte un azzardo. Piuttosto, siamo dinanzi a estemporanei rituali in bassa fedeltà, allestiti essenzialmente di pancia, con parole che denotano una mente e un'anima stanche della banalità globalizzata in ogni salsa e in ogni spazio del globo terrestre.
Gonjasufi cala con una mano la propria anima punk in fondo al pozzo, mentre con l'altra tiene ben stretti gli amuleti dello stregone contemporaneo, imbastendo così un tran tran ossessivo e sudicio. A differenza dei tempi passati, il maestro Yoga di San Diego accantona in gran parte le appaganti melodie, sbraitando alla stregua di un rapper invasato e vomitando all'occorrenza i propri demoni. A impreziosire questo "gretto" e folle sconquasso sonoro troviamo il sommo chitarrista dei Cure Pearl Thompson, presente in ben tre brani dell'album, tra i quali è doveroso menzionare "Poltergeist", sorta di invocazione autolesiva del male attuata tra armoniche distorte, l'immancabile sitar e passo tantrico in rigorosissima scia dub, nel solco dell'ultimo Mark Stewart.

Tuttavia, ciò che non torna è la totale assenza di un collante melodico capace di orientare in qualche maniera l'ascoltatore. Immergersi nei meandri di "Callus" è impresa ardua, tra i suoi sentieri umidi e oscuri spesso sopraggiunge un effettivo "disagio". Manca la magia dell'esordio, la luna alta in cielo a suggerire le coordinate (e il verbo) da seguire nel buio della notte. Tale carenza impone il suo dazio sulla lunga distanza, data la presenza costante di una componente estremamente viscerale e lercia. Allo stesso tempo, nella seconda del piatto prendono vita improbabili fughe sintetiche. Si prendano ad esempio le sbandate cyber-rock di "Vinaigrette", con il synth alla Johnny Jewel o formato Wes Eisold (fate un po' voi) da contraltare al basso sporchissimo e all'andatura tamarra che pare provenire da qualche trascurabile disco witch-house del recente passato. Zone cui Gonjasufi accede con poca convinzione, palesando qua e là stanchezza e scarsa ispirazione. In tal senso, stenta a decollare anche il mantra cupo e metallico di "Surfinfinity". Attraverso questi momenti Valentine espone la propria dispersione sensoriale, finendo per riempire eccessivamente il secco di noia e soporifero torpore (la gracile partitura pseudo-trickyana di "When I Die" cade presto nel dimenticatoio).

In sostanza, "Callus" è un album sconclusionato, sovrastato in gran parte da uno stato emotivo afflitto e sbatacchiato. Un'opera tanto conturbante per la sua graffiante impurità, quanto insignificante per alcune direzioni intraprese con eccessiva foga ed evitabile mediocrità. Prendere o lasciare.

01/09/2016

Tracklist

  1. Your Maker
  2. Maniac Depressant
  3. Afrikan Spaceship
  4. Carolyn Shadows
  5. Ole Man Sufferah
  6. Greasemonkey
  7. The Kill
  8. Prints of Sin
  9. Krishna Punk
  10. Elephant Man
  11. The Conspiracy
  12. Poltergeist
  13. Vinaigrette
  14. Devils
  15. Surfinfinity
  16. When I Die
  17. The Jinx
  18. Shakin Parasites
  19. Last Nightmare

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