Jerome Reuter è tornato con il decimo album della sua prolifica carriera, ormai decennale. Uscito il 26 agosto 2016 per Trisol, “The Hyperion Machine” conferma ROME (il moniker altro non è che l’abbreviazione di Jerome) come il cantore del neofolk del nuovo millennio. Un artista capace di spaziare tra la storia e la letteratura del passato, citando Louis-Ferdinand Céline e il Paul Celane di "Todesfuge".
“The Hyperion Machine” prosegue la fase più cantautorale del Nostro (con Jacques Brel e Leo Ferrè come numi tutelari) iniziata nel 2009 con “Flowers From Exile”, ma non mancano in quest’ultimo lavoro epici momenti marziali, memori dei suoi primi brillanti album usciti per la leggendaria label svedese Cold Meat Industry. Non a caso, a settembre è stato ristampato in vinile, sempre da Trisol, il suo Ep d’esordio del 2006, “Berlin”, come a chiudere un cerchio su di un lavoro che ha avuto nel corso degli anni uno sviluppo e una coerenza invidiabili. ROME narra, in chiave esistenzialista, del lato oscuro dell’Europa del Novecento, facendo brillare le sue contraddizioni, anche alla luce fioca della realtà del nostro presente.
Il nuovo disco è una sorta di maelstrom che risucchia al suo interno l’Hyperion di Friedrich Hölderlin in una “morbida macchina” che si nutre di romantiche visioni fantasmatiche. Ascoltando la ballata alla Leonard Cohen, “Celine In Jerusalem”, come in un’allucinazione per eccesso di morfina, immaginiamo lo scrittore francese, reduce di guerra, passeggiare tristemente per Gerusalemme.
Paul Celane in fuga che scrive in tedesco, la sua lingua madre è l’oggetto del brano più coinvolgente del disco, “The Secret Germany (For Paul Celan)”, un perfetto brano neofolk post-industriale che ci trasporta, musicalmente, ai tempi di “Masse Mensch Material”, così come avviene nel cupo finale del brano "Adamas".
I perseguitati di ogni dove, i reduci e gli sconfitti della storia sono da sempre fulcro dell’interesse di Reuter; non a caso, dopo il tributo a Celan, abbiamo “Die Mörder Mühsams”, stupendo quanto terrificante brano in tedesco dedicato alla morte dell’anarchico Erich Mühsam.
“The Hyperion Machine” è anche un album molto vario, meno monolitico rispetto alle ultime prove di Rome; ad esempio, nei brani “Transference” e “Skirmishes For Diotima” vediamo affiorare un folk ibridato con sonorità post-wave, mentre con “The Alabanda Breviary” e “Cities Of Asylum” siamo in presenza di evidenti richiami alla musica di Nick Cave and the Bad Seeds.
Il lavoro presenta anche una collaborazione con l’artista svedese Joakim Thåström (Imperiet, Peace, Love and Pitbulls) la cui voce profonda fa da contraltare a quella di Reuter nel brano “Stillwell”. Inoltre, nel disco è presente anche una cover di una delle canzoni più famose di Thåström, “FanFanFan”, realizzata qui come bonus track. La collaborazione con il musicista svedese apre nuove interessanti strade per il futuro. Thåström è un artista molto famoso in patria, capace di passare, con un proprio stile sempre ben riconoscibile, dal punk-wave all’industrial degli esordi, per approdare oggi ad una dimensione cantautorale “sui generis” che ben si sposa con il post-neofolk di Rome. C’è da augurarsi un’altra collaborazione assieme, magari per un intero album.
In attesa degli sviluppi futuri, “The Hyperion Machine” si conferma un’altra importante tappa nell’evoluzione artistica del musicista lussemburghese.
25/11/2016