Uno dei "super" album dell'anno, a firma Sub Pop, è un disco di duetti acustici: a dirlo sembra quasi una barzelletta, eppure l'operazione è talmente canonica da apparire sghemba. Se poi i nomi coinvolti sono quelli di Sam Beam e Jesca Hoop, due che hanno saputo manipolare in maniera personale la tradizione come pochi, costruendo il proprio, inimitabile repertorio melodico, allora si capisce che le categorie c'entrano ben poco.
Va detto subito che il progetto ha avuto origine da Beam, che aveva già qualche canzone pensata negli anni appositamente per un disco come questo, per cui il canovaccio è più o meno tangibilmente riconoscibile come quello di un disco di Iron & Wine. Ma le sfumature in musica spesso sono tutto, per cui a volte anche brani marchiati I&W, come la melodia carezzevole di "Valley Clouds", prendono direzioni e spunti che forse non avrebbero preso, se non fossero passati tra le mani della Hoop.
Così emergono le sfumature pop della scrittura di quest'ultima, più vicina a Kate Bush e a Bjork che ai nomi più tradizionali del cantautorato femminile statunitense, come nelle suggestioni cameristiche di "We Two Are A Moon", o negli svolazzi amorosi di "Every Songbird Says". Più generale l'estetica della Hoop, la cui musica è stata appunto descritta da Tom Waits come "una nuotata in un lago di notte", influenza l'ambientazione generale del disco - una suggestione che dà profondità e carattere ai brani.
Da buon "super" album, i musicisti coinvolti sono da all star game, per citarne uno: Glenn Kotche alla batteria. Si attenua così, anche con qualche accorgimento negli arrangiamenti, più sobri e minimalisti che nelle ultime uscite I&W, la sensazione vagamente stucchevole che può lasciare l'ascolto prolungato delle canzoni di Beam.
Il pericolo era ancora maggiore con la scelta di un disco a due, ma il risultato è molto ben bilanciato tra numeri più classici, radiofonici ("One Way To Pray"), e intermezzi più spigolosi ("Midas Tongue", "Chalk It Up To Chi" è farina del sacco della Hoop), e uno stato di grazia generale che porta a pensare al disco come a uno degli apici artistici dell'anno in corso, nonostante l'inevitabile prurito manieristico di sottofondo.
20/04/2016