La più grande sorpresa post-hardcore del 2017 arriva da Bristol, concreta dimostrazione di come esistano ancora tante formazioni che scelgono di suonare come se ogni brano fosse davvero l'ultimo della propria vita. "Brutalism", non poteva esserci titolo più azzeccato per un esordio sulla lunga distanza (dopo tre Ep da recuperare per avere un quadro completo del quintetto) che intende scuotere dall'interno la Vecchia Inghilterra: un lavoro forte, nel quale gli Idles riversano tutto il disagio derivante dall'attuale congiuntura socio-politica britannica.
Un po' come accaduto di recente con i Downtown Boys sull'altra sponda dell'Oceano Atlantico, dove monta furente l'indignazione anti-Trump, anche oltre Manica esistono validi motivi per sostenere con decisione una chiamata alle armi: in tale scenario la Brexit - con tutte le conseguenze che sta provocando - non è che una delle molteplici argomentazioni plausibili per gridare il proprio dissenso contro il sistema. La rabbia si concretizza con impeto furioso sin dall'iniziale "Heel Heal", sgorgando in maniera dirompente anche nella successiva "Well Done", un anthem che unisce lo spirito ribelle di Fall e Fugazi alle dissonanze noise dei Sonic Youth, e così via per tredici tracce dalla costante forza d'urto.
Non mancano i ritornelli potenti ma melodici, in grado di addolcire momentaneamente le strutture, come nel caso di "Date Night", "Stendhal Syndrome" e "Benzocaine", e certe tendenze wave che si avvistano dalle parti della conclusiva "Slow Savage" - unico momento di calma decadente - o fra le pieghe della musicalmente molto Interpol "1049 Gotho". L'ironia dei testi è tagliente (basti notare quanto possa essere dissacrante un titolo come "Faith In The City"...), le tematiche di grandissima attualità, il risultato a dir poco esplosivo, con Joseph Talbot intento a gridare con indignazione nel microfono i propri slogan a difesa della working class, senza mai lasciare dubbio alcuno sull'interpretazione.
I principali destinatari delle invettive sono i Tories, i seguaci del Conservative Party (ascoltate un po' "Mother"...), e l'immobilismo della provincia inglese (nella punk-rock "Exeter" gridano con rassegnazione "Nothing Ever Happens"): nulla di nuovo sotto il sole, ma tutto viene attualizzato alla luce dell'odierno contesto politico e sociale. Il mezzo utilizzato è sempre lo stesso, la musica, ma le motivazioni per scagliarsi contro la macchina sono - ahimè - ogni volta nuove. Gli attori della politica si confermano campioni nel fornire quegli assist decisivi, perfetti per generare in risposta gli attacchi frontali del rocker (o rapper) di turno. Averne in Italia di contestatori tanto eloquenti, efficaci e coraggiosi...
30/08/2017