Sampha Sisay è un giovane cantante londinese che da qualche anno ha suscitato l'interesse della critica, e non solo, grazie alla collaborazione con artisti del calibro di Drake, Kanye West, SBTRKT e Solange. Con già due Ep all'attivo, "Sundanza" e "Dual", era da tempo attesa la prova sulla lunga distanza. "Process", dunque, non arriva privo di aspettative, peraltro notevolmente giustificate dalla bellezza dei singoli rilasciati: "Blood On Me", "Timmy's Prayer" e da ultimo "(No One Knows Me) Like The Piano". Come spesso accade, la decisione di rilasciare anticipatamente le cartucce migliori può ultimamente deludere le aspettative. Spoiler alert: non è questo il caso.
Le dieci tracce che compongono l'album sono state perfettamente prodotte da Sampha e Rodaidh McDonald, produtture già al lavoro con altri artisti targati Yung Turks e XL Recordings. "Process" è un disco intimo, malinconico forse, ma non propriamente triste, nel quale Sampha non si snatura affatto. I testi affrontano argomenti importanti, dall'amore alla religione passando per la morte di entrambi i genitori, e riescono a emozionare. Fin dalla prima canzone, "Plastic 100°C", si capisce come l'artista sia riuscito ad amalgamare gli elementi tipici del suo repertorio: soul, R&B ed elettronica. Con le sopracitate "Blood On Me" e "(No One Knows Me) Like The Piano" si raggiunge l'apice del disco, anche se sono due canzoni completamente differenti. Nella prima, Sisay cerca di comunicare le proprie insicurezze, creando un contrasto con quel tono di voce che è molto calmante. Nella seconda, invece, una bellissima ballata in cui il piano è dominante, descrive l'intimo rapporto con la madre e questo strumento, il verso “You would show me I have something some people call a soul” rispecchia perfettamente l'importanza del piano nella sua vita. In tracce come "Kora Sings" e "Reverse Faults" può essere ritrovata una certa somiglianza con James Blake ma anche con lo stesso SBTRKT.
In ultima analisi, "Process" è un Lp molto meditativo e capace di emozionare. La delicatezza della voce di Sampha riesce a trasmettere l'immenso talento che da sempre lo contraddistingue. L'unica pecca è che - di fatto - Sampha ha deciso di non aggiugere nessun elemento nuovo rispetto a ciò che aveva già avuto modo di mostrare nei suoi lavori precedenti. Tuttavia, si tratta di una scelta condivisibile, visto il risultato ottenuto. L'album si conclude con "What Shouldn’t I Be?", una canzone che sembra quasi voler rappresentare il termine del suo tribolato processo di crescita personale, e che oggi viene condiviso con tutti noi attraverso le tracce di questo bellissimo debutto.
08/02/2017