L'infinito spazio di un cielo stellato nel mezzo della savana e i rumori notturni di una metropoli che non dorme mai. Il fascino segreto del cuore verde di una foresta e i sinistri paesaggi di una periferia abbandonata. La lentezza ancestrale dell'Africa tribale e le nevrosi accelerazioniste della musica elettronica di questi anni Dieci. Forse saranno solo suggestioni personali, ma sono questi i paesaggi che si susseguono all'orizzonte dell'immaginazione durante il lungo viaggio astrale di "Closer Apart". Una giustapposizione di suoni e di figure che poi si rispecchia tanto nel titolo del disco in questione quanto nell'accoppiata dei suoi autori: il misterioso produttore Okzharp e l'artista multimediale sudafricana Manthe Ribane. I due si sono conosciuti qualche anno fa, e le collaborazioni nate dal loro inedito sodalizio hanno subito trovato posto sotto il tetto spiovente di casa Hyperdub.
Ma dove i precedenti due Ep - "Dumela 113" e "Tell Your Vision" - ancora tenevano alto il numero di bpm giocando con scarne ossature gqom e indugi ritmici post-club, "Closer Apart" mostra un nuovo lato: ambientazioni lente e cibernetiche, meditazioni sciamaniche e lunghi e solitari fraseggi atmosferici che - per quanto levigati e totalmente digitalizzati - sembrano stare in viaggio nell'etere sin dai tempi di Bowery Electric e Boards Of Canada.
Ma il lavoro di Okzharp qui è sottile come un foglio di carta stagnola: i suoi ritmi appaiono e scompaiono all'interno della stessa traccia senza mai destare sospetto, sample e partiture di tastiera vengono messi in sequenza con intervalli talmente diradati che spesso si rasenta il silenzio, o quasi. Manthe Ribane impiega la voce col fare di una madre paziente, i suoi testi sono poco più che brevi pensieri spesso ripetuti ossessivamente, ma proprio per questo anche le espressioni più mondane presto si aggrovigliano assumendo significati profondi. Parte integrante del lavoro anche il calibrato impiego del vocoder, la cui metallica tridimensionalità crea l'illusione di un dialogo tra la donna e la macchina, o anche tra l'uomo e il suo Creatore.
Il viaggio di "Closer Apart", dunque, si snoda col fare di una camminata in solitaria, ma ogni sassolino lungo il sentiero ha una storia da raccontare. L'apertura di "W U @" è indicativa circa il resto del lavoro, tra imperscrutabili blocchi elettronici, la nenia snocciolata del testo e un ritmo digitale che entra di soppiatto. L'immaginario di un'Africa tribal-futurista prende forma nei riti pagani di "Make U Blue" e "Why U In My Way", o anche nella filastrocca per bambini di "Theletsa".
Ci sono poi le calde tastiere dub di "Never Say Never" supportate da un rullante trap che danno modo a Manthe di creare una sorta di riddim post-moderno, il footwork di "Blue Tigers" e l'embrionale etnica di "Never Thought" - tutti pezzi nei quali la mente spazia in libertà, ipnotizzata dalle rade ma ficcanti trame sonore e quella misteriosa voce recitante. Si rimane poi immediatamente colpiti dalla bellezza di "Time Machine", con quel luccicante manto di tastiere celestiali a fare da cornice a un emozionante spoken word nella tradizione della migliore Laurie Anderson.
Non mancano i momenti più movimentati; il ritmo dispari di "Kubona" richiama gli spigoli produttivi della Kelela di "Cut 4 Me" e per estensione i lavori del circolo della Fade To Mind - anche la qui presente "Dun", per esempio, potrebbe passare in pista da ballo durante un dj-set di Leonce.
Don't forgetè il mantra decantato con insistente flemma negli oltre sette minuti della conclusiva "Treasure Erasure" (traccia tra l'altro inclusa nel recente "Fabriclive 100" di Kode 9 e Burial). Cosa vogliano dirci Okzharp e Manthe Ribane di preciso non è ben chiaro, ma una cosa è certa: una volta rimasti succubi dell'incantesimo, l'ascolto di "Closer Apart" è un esperienza difficile da dimenticare.
To remember
13/11/2018