Dopo essere stati per tanti anni la punta di diamante della Prophecy Productions, gli Alcest si accasano presso la tentacolare Nuclear Blast, una etichetta spesso “temuta” da chi invece è legato alle esperienze più genuine e underground del metal. I tempi però sono cambiati, perché se una volta alcuni influenti personaggi del music biz ti imponevano il produttore (suggerendoti persino la direzione del sound da intraprendere), oggi c’è molto più rispetto per le idee di una band, una fiducia reciproca in cui gli Alcest hanno creduto fin da subito. Nessuna commercializzazione, nessun compromesso: “Spiritual Instinct” è il disco del definitivo equilibrio tra passato e presente.
Il percorso del polistrumentista Stéphane Paut aka Neige, accompagnato come sempre dal batterista Winterhalter, aveva già ripreso quota con il precedente “Kodama”, un (quasi) ritorno alle vecchie sonorità, capace di scacciare i dubbi dell’ambizioso ma trascurabile “Shelter”, prodotto che pagava una definitiva svolta shoegaze lontana dal lasciare emozioni indelebili. Insistendo su questa strada, i francesi hanno finalmente ritrovato la loro dimensione, recuperando in parte le radici black (lo screaming di Neige, sempre alternato alle preponderanti clean vocals) e uno spirito più malinconico e ancestrale. Quello che, per l’appunto, avevamo già riassaporato nel precedente full length.
“Les Jardins De Minuit”, il pezzo di apertura, è la risposta a quanto detto, tuttavia l’intero lato A dell’album è davvero superbo per ispirazione e atmosfere. Dopo il succitato brano si avvicendano nell’ordine “Protection” e “Sapphire”, la prima cadenzata e soffice come una leggera pioggia autunnale (ma capace anche di graffiare), la seconda invece più catchy e dall’approccio spudoratamente rock (splendide le sognanti melodie disegnate dalla voce di Neige).
Basterebbe questo tris iniziale per mettere a tacere i timori e i mugugni dell’ultima ora, ma c’è anche un lato B di tutto rispetto, dal quale emerge con prepotenza la conclusiva title track, un pezzo solenne ed evocativo che sembra elevarsi fino al paradiso. Di pregevole fattura risulta anche “L’île Des Morts” (nove minuti carichi di elettricità), una composizione piuttosto elaborata che diviene quasi complementare alle sensazioni semiacustiche di “Le Miroir”, uno specchio oscuro che riflette amarezza e nostalgia.
Gli Alcest targati 2019 riescono a restare sospesi tra un nuovo corso più accessibile e alcune folgoranti intuizioni legate alla fase più florida della loro carriera. Il portentoso “Écailles De Lune” (2010) domina incontrastato dall’alto dei cieli, ma questo “Spiritual Instinct” è senza dubbio il loro miglior album degli ultimi sette-otto anni, un prodotto che ovviamente va apprezzato al di là di un chiaro e delineato genere di riferimento, proprio alla luce di una commistione di varie influenze (di matrice post-rock, shoegaze e black metal) che finalmente ha raggiunto il bilanciamento perfetto. Chapeau.
04/11/2019