Quanto gli antichi potessero continuamente avere sempre al proprio fianco la morte è difficile dirlo, ma di certo dovevano sentirne la presenza molto più di quanto l'uomo contemporaneo potrà mai comprendere. Da qui nascono piramidi, templi, nome di roccia in ogni cultura precristiana (siano essere europee, asiatiche, africane o dei nativi americani). Paura dell’ignoto, ma anche una convinzione che qualcosa dopo la morte debba esistere, un regno dei morti che rendeva necessario la presenza di offerte e oggetti utili al defunto nell’aldilà.
Pezzella compie quindi un tragitto basato su un susseguirsi di droni tra synth e sax manipolati che partono da “Purgatorium”, una colata liquida di vernice nera, con simulacri di lingue ignote, che rappresenta l’ingresso nel nuovo mondo. “Primeval Science” aggiunge cenni di musica concreta con rumori e sax resi irriconoscibili. “Popol Vuh” rimanda al celeberrimo libro dei morti che ha ispirato la creatura di kraut mistico di Florian Fricke e aggiunge brevi note di chitarre.
Il brano più imponente si trova alla fine, nei quindici minuti di “Anubis, House Of Dead Prince”, statici e monumentali, nuova colata di nero tra synth, archi, clarinetto e percussioni, un lungo percorso in compagnia di esseri misteriosi verso l’ignoto.
Riascoltare oggi questo lavoro del 2015 fa comprendere quanto il percorso di Pezzella si sia evoluto nel tempo: questo tassello mancante, oggi disponibile in versione fisica, fa anche capire quanto complesso sia questo percorso faticoso ed elaborato, con un vertice che finora è stato raggiunto col prezioso “Apocalypse”.
(23/03/2020)